VENEZIA MESTRE | Galleria Massimodeluca | 11 aprile – 23 maggio 2014
Intervista a GRAZIANO FOLATA di Simone Rebora
Inaugura il 10 aprile a Mestre, presso la galleria Massimodeluca, la nuova personale di Graziano Folata, tra i protagonisti della sezione “Giovani” del prossimo numero di Espoarte Magazine. La pelle della tigre, curata da Giovanna Manzotti, raccoglierà “una ventina di opere, quasi tutte inedite: sculture, dipinti – anche di grandi dimensioni – che mixano media tradizionali, fotografie, gesti segnici e associazioni di materie inaspettate o apparentemente insignificanti”. L’abbiamo incontrato qualche giorno prima dell’opening, per farci raccontare più nel dettaglio la sua peculiare poetica, che rifugge le facili classificazioni e gli standard della critica, per farsi attitudine percettiva aperta e condivisa.
Partiamo dalla tua nuova mostra: La pelle della tigre. Ci puoi spiegare meglio questo titolo?
Innanzitutto ti ringrazio per le domande che mi poni perché mi danno un’occasione in più di riflettere sui risultati delle mie ricerche; quindi ti rispondo subito, dicendoti che La Pelle della Tigre trova il suo terreno d’origine in una vastità di regioni di senso e rimandi, che si aprono su altrettante dimensioni e livelli più o meno concettuali, più o meno seriosi. La prima è che mi sentivo come se offrissi parte di me a chi andrà osservando la mostra. Una volta usciti, spero che i testimoni si possano portare con loro parte di quest’esperienza, come un trofeo, un trofeo di caccia, oppure, come la chiamava Paul Valery parlando della poesia, “Una caccia magica”, dove è esplicita la necessità in cui, per dirla con parole sue, “ogni momento deve consumare un’alleanza indefinibile del sensibile con il significativo”. Mi auguro che questo possa realmente avvenire negli occhi degli osservatori, che possa schiudersi a nuove coscienze.
In secondo luogo avevo l’impressione che ogni opera fosse come un isolato elemento sul mantello di un felino e, a vederla come Borges, sulla pelle del felino vi è un disegno più grande che comprende ogni macchia e dal quale si può riuscire a scorgere un linguaggio segreto, capace di svelare perfino il futuro. E poi, coincidente ai “segni” che mi accompagnano sempre, ho ritrovato con lo stesso titolo anche un film (l’unico giunto fino a noi) dove Tina Modotti era la protagonista, appunto “Pelle di Tigre”: un ulteriore omaggio a chi sa o ha saputo guardare.
Come s’inserisce questa mostra nel tuo percorso di ricerca? La consideri un punto di arrivo o di partenza? Una ricognizione sulla strada già percorsa o una nuova, libera esplorazione? A questo proposito, qual è stato il rapporto con la (giovanissima!) curatrice Giovanna Manzotti?
La mia ricerca è costante e costantemente sollecitata dalla pluralità di fenomeni che compongono il reale, e fino a questo momento posso dire di non aver subito battute d’arresto alla continua fioritura di forme di espressione tese alla realizzazione di un lavoro invisibile: l’opera interiore. Giovanna è un talento, una specie di diamante grezzo in cui ripongo tutta la fiducia che ho, nella sua capacità di tradurre e mediare le spinte che derivano dalle tensioni e dalle forze che esprimo, una guida preziosa verso quei piani di comprensione e analisi, necessari a fornire di strumenti la decifrazione delle istanze artistiche che propongo. Ma Giovanna non è stata la sola figura di riferimento per quest’esperienza: niente sarebbe stato possibile senza la sapienza gentile di , curatrice altrettanto giovane e brillante che ha seguito tutte le fasi di creazione della mostra e che ha concretizzato la forma catalogo. Entrambe eccezionali, sono state alveo e argini alla mia naturale dispersione.
In una precedente intervista con Marta Cereda, parlavi della fotografia come “gesto scultoreo”. Ora, la mostra mestrina raccoglie sia fotografie che sculture e dipinti. Ci puoi spiegare meglio il legame che percepisci tra queste forme di espressione?
Posso definirlo come un atteggiamento poietico, un senso pragmatico dell’immagine, uno sguardo equidistante che, in continua osservazione, dà il medesimo peso a oggetti diversi, dagli astri della volta celeste, ai granelli di sabbia sulla spiaggia, tutto possiede la stessa dignità, tutta la materia, anche quella fatta di luce.
Come scegli i soggetti delle tue opere? E soprattutto, da dove nascono quegli accostamenti che le contraddistinguono con più forza (come quelli tra materiali organici e inorganici)?
Posso farti l’esempio della mia opera Rising Star: una sera stavo parlando con amici dagli interessi non strettamente connessi all’arte contemporanea, e cercavo di spiegargli appunto questo: da dove venissero le forme e le scelte che opero. Raccontavo loro che vedevo il mondo come il costrutto di fenomeni estetici perennemente presenti e in movimento, e di come bastasse porre la giusta attenzione e considerare gli elementi, per poter individuare e riconoscere le zone di sensibilità dove convergere gli sforzi poetici. Questo in poche parole lo dicevo avendo un bicchiere di plastica in mano e osservando le bollicine d’acqua salire a galla: “Anche qui si annida un fenomeno estetico!”, esclamai, riflettei un secondo e poi composi una stella sul fondo del bicchiere, con il gesto più naturale che esista, quello di bere, unito alla forma più elementare a cui potessi pensare: la stella; il passaggio successivo fu però quello di chiudere l’atto formativo di quell’evento nei limiti poco definiti ma necessari di un’opera d’arte, nel suo corpo di forma, il quale ha urgenza di permanere.
Più in generale, quale pensi che sia (o debba essere…) il ruolo dell’artista nella società attuale?
Non credo occorra una giustificazione all’esistenza dell’uomo in quanto artista, tanto meno di un ruolo che questo debba ricoprire a forza, la bellezza non ha bisogno di giustificazioni: essa è la più trasversale e se vogliamo politica forma di educazione ed edificazione dello spirito umano, glorioso.
…progetti futuri?
Detenere e mantenere il ritmo della mia esistenza. Grazie ancora.
Graziano Folata. La pelle della tigre
a cura di Giovanna Manzotti
11 aprile – 23 maggio 2014
Galleria Massimodeluca
Via Torino 105/q, Venezia Mestre
Orari: dal lunedì al venerdì 10-17; sabato su appuntamento
Info: 041 5314424 – 366 6875619
info@massimodeluca.it
www.massimodeluca.it