TORINO | OGR | 11 febbraio – 2 maggio 2021
di MICHELE BRAMANTE
Al Binario 1 delle OGR, Jessica Stockholder genera un’interferenza tra la propria identità di artista e la progettazione nella veste di curatrice. Cut a rug a round square, la mostra curata da lei stessa, è un luogo indecifrabile in cui la sovrapposizione di ruoli permette di verificare la natura ambigua, elusiva e indefinibile delle sue opere nella definizione di un dialogo con altri artisti. A una propria installazione, Stockholder affianca una selezione di capolavori provenienti dalla collezione “La Caixa” di Barcellona e dalla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, le cui raccolte sono per lo più note ai torinesi dalle esposizioni permanenti nei musei del Castello di Rivoli e della GAM di Torino.
Gli assemblaggi dell’artista americana sono oggetti privi di determinazioni specifiche, sfuggenti alle classificazioni del pensiero, tuttavia concreti, tangibili, dotati di solida sensorialità materiale e cromatica. Alla bulimia delle sue composizioni non sfugge alcun oggetto della realtà e alcuna operazione che possa servire a trasfigurarla. Squeezed orange actor stack, l’opera in mostra dedicata all’amica e collega Liz Larner, è un armadio sezionato in forma di parallelepipedo, con un taglio così esatto da provocare la suggestione di un salto dimensionale, sulla soglia tra realtà e astrazione, dove si affila la tensione concettuale tra la forma geometrica finita e il suo prolungamento nello spazio mentale. Un gancio amorfo collegato alla struttura sostiene oggetti circolari inanellati a catena – la ruota di bicicletta con l’ombra proiettata sul pavimento appare come il sintomo di una pulsione duchampiana. L’insieme crea un’appendice vagamente organica, come il lobo di un orecchio forato da un pendaglio.
Cut a rug a round square si presenta già dal titolo con le stesse equivocità della scultura dell’artista-curatrice. La frase evoca una delle istruzioni concettuali di Lawrence Weiner, anche lui in mostra con uno dei suoi primi “capolavori” del 1969, fatto di linguaggio e sostanza mentale: A removal of the corner of a rug in use è una formula per chiunque voglia mettere in pratica l’operazione sostituendosi all’artista-artefice. Che l’azione venga compiuta o meno non compromette l’essenza puramente ideale dell’opera. Il titolo della mostra, al contrario, è un paradosso che può essere enunciato ma non pensato – difficile immaginare un quadrato rotondo –, né, ovviamente, realizzato. L’interesse dichiarato da Stockholder per le due figure geometriche e per la loro incommensurabilità è il nucleo centrale della mostra, basata sulla linearità delle forme, sulle delimitazioni semantiche e fisiche delle opere d’arte e su quanto queste cornici incidano, anche inconsapevolmente, sui loro significati.
La quadratura del cerchio è uno sforzo intellettuale matematicamente irrisolvibile, che Vito Acconci traduce nello sfinimento fisico della sua performance Directions, anch’essa del 1969. Utilizzando il proprio corpo come mezzo espressivo, Acconci abbassa l’ideale canonico dell’uomo vitruviano, ruotando fisicamente su una pedana di forma quadrata fino allo stremo delle forze.
Anche Jan Dibbets rende sensibile con un procedimento fotografico l‘infinita approssimazione tra la retta e la curva. Attraverso una serie di scatti che spostano proporzionalmente l’angolatura della macchina, una fascia lineare di cielo azzurro viene curvata tramite una sequenza teoricamente infinita.
Se il prototipo dell’uomo vitruviano si fonda sul trattato dell’autore latino Vitruvio, questi dichiarò la sua provenienza dal canone artistico dello scultore greco Policleto, divenuto modello di armonia e proporzioni perfette. La statua del Kouros è il tipo arcaico che ne è all’origine, ma nell’opera di Rachel Harrison diventa una massa amorfa che cola da una rampa di scalini (Kouros descends stairs) sovvertendo la solennità del modello.
Di altre opere, però, non è possibile segnalare alcuna attinenza con i fondamenti geometrici. Esse mettono invece al centro il corpo desiderante. La splendida pittura di Francesco Clemente accoppia i principi maschile e femminile invischiati in un sensuale universo di colore. Nell’opera di Monica Bonvicini il design flessuoso con cui l’industria modernista dissimulava l’uso di materiali nocivi viene trasformato in un incubo sadomaso. Il gigantesco Dropped Flower di Claes Oldenburg e Coosje Van Gruggen carica la tipica monumentalità pop di un erotismo perturbante. Il fiore di Tracy Emin è ancora più esplicito nell’opera Dolly, dove sostituisce letteralmente la pussy di un essere femminile quasi amorfo, ricamato nervosamente in una posa sottomessa e aperta al coito. Il piacere morboso contrasta con la graziosità del decoro floreale, rivelando la disponibilità al sesso come sostituto isterico di un bisogno d’amore. Le impeccabili e diafane architetture spaziali del Rinascimento di Piero della Francesca sono citate nel dipinto di Guillermo Villalta. Nella sua versione della Flagelaciòn, il Cristo e il suo fustigatore sono sostituiti da una coppia moderna di uomini, forse complici in un gioco sadomaso.
Il quadrato può diventare cerchio solo moltiplicando all’infinito gli spigoli poligonali fino a uguagliare gli infiniti punti di una circonferenza. Per Jessica Stockholder, la dismisura che si attiva tra le forme e le scioglie l’una verso l’altra è il desiderio, l’erotismo, l’amore, una pulsione non sublimata freudianamente, ma vissuta nella sua espressione di positiva linea di fuga in direzione dell’altro, come unità che eccede le singole esistenze.
Jessica Stockholder – Cut a rug a round square
a cura Jessica Stockholder
OGR Cult | Binario 1
OGR-Officine Grandi Riparazioni
Orari: giovedì e venerdì h 15.00 – 20.00
ultimo ingresso h 19.30 (gruppi contingentati di massimo 25 persone). Ingresso gratuito.
Info: + 39 011 0247108
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