VENEZIA | Chiesa di Santa Maria della Visitazione | Fino al 24 novembre 2019
di FRANCESCO FABRIS
A Venezia, dove risiedette dal 1982 senza mai essere un americano in transito, lo ricordano ancora per i “pastrani” neri e lunghi fino ai piedi che era solito usare e che evocavano atmosfere cupe e mortifere, in perfetta simbiosi con la sua traccia artistica.
James Lee Byars, artista concettuale e performer, nato a Detroit nel 1932, “torna” in laguna per ricordarci l’ossessione che aveva per la morte che lo ha colto tre anni dopo la realizzazione di quest’opera performativa del 1994, oggi proprietà del collezionista e curatore belga Walter Vanhaerents la cui fondazione ha rinnovato l’evento.
L’affascinante e severa chiesa di Santa Maria della Visitazione, alle Zattere, ospita The Death of James Lee Byars, una stanza-scatola a forma di parallelepipedo interamente ricoperta di sottilissime foglie d’oro che oscillano al minimo spostamento d’aria.
Di certo, una delle opere più intime ed emotive di un artista che aveva manifestato, in vita, l’aspirazione a riposare per l’eternità proprio nel cimitero monumentale dell’isola di San Michele e che aveva esordito, nel lontano 1958, con un evento singolare collocato nella tromba delle scale del MOMA di New York, di cui ha occupato gli spazi per un solo effimero giorno.
Al centro del più rigoroso esempio di architettura sacra rinascimentale a Venezia, un sarcofago dello stesso materiale in cui al tempo l’artista si sdraiava durante l’omonima performance che simulava la sua dipartita, e cinque cristalli a ricordarne il perimetro del corpo.
Ai lati della navata sedici altoparlanti su piedistallo, in file ordinate e rigorose, ortogonali all’altare maggiore, diffondono in loop un canto funebre in cui voci stranianti recitano il Libro dei Morti, l’antico testo egiziano sull’oltretomba.
È l’opera del compositore ed artista visivo libanese Zad Moultaka che con Lee Byars ha in comune il culto dei simboli, delle culture antiche e dell’alchimia.
Nell’istallazione, fortemente suggestiva, si fondono elementi materiali ed astratti chiaramente simbolici della cultura orientale che dialogano con la conoscenza dell’arte, della filosofia e del timore della morte di matrice tipicamente occidentale e che trovano la loro naturale collocazione nella città simbolo dell’incontro tra emisferi.
L’immersione visiva nell’ambiente dorato, solo in apparenza carico ed opulento, comunica un senso di sottrazione, di attesa e di immaterialità più di un sacello chiuso e scuro.
Quel che rimane dell’esperienza è una forte riflessione sull’estetica dell’assenza e della scomparsa o dei valori transitori come bellezza e perfezione, da sempre temi indagati da Lee Byars sin dal suo The Black Book, il libro di una sola pagina stampata in oro con cento domande secondo lo schema dei koan, storie e quesiti alla base della pratica zen.
Lo stesso artista, nel presentare l’originale performance di cui oggi si visita il feticcio residuo, era solito ripetere una formula solo apparentemente macabra ma a suo modo augurale.
“Spero che le persone sperimenteranno il mio modo di provare la mia morte come qualcosa di utile a loro stessi”, si augurava l’americano vestito di nero che, in realtà, utilizzava senza parsimonia l’oro, il materiale incorruttibile simbolo di immortalità, di apertura, espansione e liberazione, direttamente collegato al sole ed alla sua forza generatrice.
The Death of James Lee Byars. James Lee Byars, Zad Moultaka
Evento Collaterale 58. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia
a cura di Walter Vanhaerents
9 maggio – 24 novembre 2019
Chiesa di Santa Maria della Visitazione
Fondamenta delle Zattere 919 (di fronte alla fermate del vaporetto Zattere), Venezia