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MILANO | Collezionismi | ip_contemporary

Intervista a ILARIA INTROZZI e PAOLO PELLEGRINI di Francesca Di Giorgio

Con il nuovo anno entriamo a visitare le case di chi apre le porte all’arte che poi, a pensarci bene, è sempre un ritornare nei posti dove si è stati bene. Da qualche tempo con Espoarte abbiamo iniziato un bel dialogo con Ilaria Introzzi, di cui avrete già letto articoli per la nostra ed altre testate d’arte italiane. Da curatrice ha aperto da pochi giorni un profilo dal nome eloquente: @ina_immersioninellarte, un progetto nato, in “analogico” nel 2019 e volto alla ricerca e alla promozione di artisti contemporanei che ha dedicato il suo primo post proprio ad una delle artiste citate nella nostra intervista, Sofia Cacciapaglia (1983) ricordando l’inaugurazione di Locus Amoenus, un’installazione monumentale di cartone e pittura in acrilico realizzata ed esposta su ogni parete del suo studio a Milano e di cui è stata realizzata per l’occasione una monografia dell’artista in edizione limitata…
Difficile, quindi, definire nettamente se Ilaria sia nata prima come collezionista o curatrice ma poco importa, il motore che muove è univoco e l’ha portata insieme al suo compagno, Paolo Pellegrini, a costituire una collezione d’arte dentro una casa privata ma con un profilo social attraverso la pagina instagram: @ip_contemporary. Ne parliamo insieme qui…

Sopra la madia realizzata da Ilaria Bianchi, una seria di lavori di Giuseppe Vassallo e una scultura di Roberto Ghezzi, acquistata da NOUS ART GALLERY, San Giminiano. Courtesy IP CONTEMPORARY ART– Beatrice Malavolti

IP Contemporary porta le iniziali dei vostri nomi, Ilaria e Paolo, una coppia nella vita unita dalla passione per l’arte. Vi presentate? Come è entrata l’arte nelle vostre vite? Intendo molto prima di diventare collezionisti…
Ilaria Introzzi: Ricordo vividamente quando l’arte è entrata nella mia vita. Avevo 8 anni e con un’amica di scuola sono andata a visitare per la prima volta la Pinacoteca di Brera, dove ancora oggi è esposto il Cristo Morto del Mantegna. L’effetto delle gambe che si spostavano mentre lo osservavo, ha prodotto in me una commozione unica, che ho razionalizzato solo negli anni e che mi ha portata oggi a voler collezionare, sebbene arte contemporanea.
Paolo Pellegrini: Non sono mai stato un grande appassionato d’arte come Ilaria. Poi, conoscendola e il fatto che mi trascinava a mostre e inaugurazioni, ha scaturito qualcosa in me: mi ha fatto comprendere che l’arte è parte del quotidiano, come un abito per andare a lavoro, sebbene in modo forse più complesso.

Riflessi nello specchio ereditato dai nonni paterni della fondatrice, un collage di Matilde Solbiati, una foto-installazione di Francesco Bruno e una miniatura di Giuseppe Sciortino. Courtesy IP CONTEMPORARY ART– Beatrice Malavolti

IP Contemporay è una collezione privata che vive a casa vostra ma che per il momento è aperta al pubblico solo in una dimensione social attraverso un profilo instagram ma non è in questo luogo virtuale che incontrate gli artisti e le artiste di cui decidete di seguire il lavoro, vero?
I. I.: Dipende. La nostra ricerca è sia fisica che attraverso i social. Uno dei nostri artisti più importanti, anche a livello affettivo, è Giuseppe Vassallo che abbiamo conosciuto durante la pandemia, proprio grazie a Instagram.
P.P.: Frequentare fiere e gallerie è la nostra prerogativa. Tuttavia, sappiamo quanto sia complesso il mondo dell’arte attuale e quali sono le difficoltà per i giovani, anche se promettenti, di accedere negli spazi fisici. Pensiamo che entrambi gli strumenti di ricerca siano importanti.
I.I.: Sì. Ma nulla è paragonabile all’incontro in studio, per annusare – letteralmente – il lavoro degli artisti, secondo me. Il rapporto umano è per noi la base per decidere se acquisire o meno un lavoro. Così è stato per la maggior parte delle opere che esponiamo nel nostro ambiente domestico.

Due dipinti di Chiara Sorgato, acquisiti tra il 2021 e il 2023. Courtesy IP CONTEMPORARY ART– Beatrice Malavolti

Avete disposto le opere in relazione specifica con gli spazi del vostro quotidiano?
P.P.: Una domanda curiosa, perché se vedessi alle discussioni su dove mettere quale opera e perché sono imprescindibili ogni volta che si presenta l’occasione. In realtà la scelta è molto casuale, talvolta estetica.
I.I.: Direi soprattutto estetica. Sia per una questione di cromie, ma anche per soggetti/oggetti rappresentati nei lavori. Ad esempio, in sala da pranzo abbiamo installato opere rappresentanti nature morte, giustapposte a figure della natura. L’ultimo lavoro acquisito è una piccola tela di Mateo Revillo, esposta a inizio 2024 in una collettiva di Société Interludio, che raffigura delle chiocce appoggiate su uno sfondo dei toni del bordeaux e del giallo ocra, messa a fianco a una fotografia di Riccardo Paternò Castello di una natura morta riletta in chiave totalmente contemporanea. Poi c’è la serie delle mani, dei fucsia e via dicendo.

La vostra è una collezione giovane come gli artisti e le artiste che scegliete o siete attratti anche dagli storici? Qual è stata la prima opera ad entrare nella vostra collezione?
I.I.: Siamo attratti dagli storici, sicuramente, ma non con l’obbiettivo primario di averli in collezione. Li osserviamo e studiamo come riferimenti, per comprendere i lavori dei contemporanei e capirne le differenze, così come le analogie. La prima opera importante è sicuramente Ensemble, di Giuseppe Vassallo, giunta a noi nel 2021.

In cucina, una fotografia di Francesca Pompei, un dipinto di Paolo Pibi, un lavoro recentemente acquisito di Mateo Revillo (Société Interludio, 2024), una natura morta di Riccardo Paternò Castello e un dipinto del giovane Giacomo Zornetta. Courtesy IP CONTEMPORARY ART– Beatrice Malavolti

Si è sempre alla ricerca di definizioni e categorie per semplificare il lavoro di comunicazione ma è sempre più difficile inquadrare scelte in “linee di collezione” definite. È così? Se doveste dare uno sguardo da fuori alla vostra collezione attuale cosa vedete? Qual è il vostro focus?
P.P.: Penso che queste opere siano il nostro specchio.
I.I.: Tracciano la nostra evoluzione, come singoli ma anche nello status di coppia. Chi le vede rintraccia noi. E spero lo capiscano anche le persone che non ci conoscono.

«Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece infelice a modo suo» esordiva Anna Karenina nel romanzo omonimo di Lev Tolstoj. Non chiedetemi perché ho pensato a questa frase ma a volte questi lampi sono spunto per domande semplici che non ci facciamo spesso: quando e come si può definire “felice” una collezione, che tra l’altro con l’idea di famiglia ha molto a che fare?
I.I.: Da collega e curatrice, oltre che appassionata, penso che una collezione “felice” si realizzi nel momento in cui la si fa con passione. E un altro punto: quando uno (o più) dei propri artisti prende il volo e comincia a essere esposto in fiere, fondazioni e collezioni museali. È successo con Francesco De Prezzo, così come Benjamin Jones e lo stesso Vassallo. Un lavoro di Sofia Cacciapaglia. Tra l’altro lei è stata la più giovane artista italiana a partecipare alla Biennale di Venezia del 2017.


IP Contemporary, Milano

Ig: ip_contemporary

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