ROMA | 28 Piazza di Pietra | Fino al 3 gennaio 2023
di NICOLETTA PROVENZANO
Scriveva Nietzsche in “Su verità e menzogna in senso extramorale”: «In senso proprio, che cosa sa l’uomo su stesso? […] Forse che la natura non gli nasconde quasi tutto, persino riguardo al suo corpo, per confinarlo e rinchiuderlo in una orgogliosa e fantasmagorica coscienza, lontano dall’intreccio delle sue viscere, dal rapido flusso del suo sangue, dal complicato fremito delle sue fibre? La natura ha gettato via la chiave, e guai alla fatale curiosità che un giorno riesca a guardare attraverso una fessura della cella della coscienza, in fuori e in basso, e abbia allora il presentimento che l’uomo, nell’indifferenza della sua ignoranza, sta sospeso nei suoi sogni su qualcosa di spietato, avido, insaziabile, atroce e, per così dire, sul dorso di una tigre».
In questa Natura menzognera e matrigna, in questo spazio di ricerca che affonda nelle illusioni dello sguardo e del pensiero, la pittura di Marco Ercoli è un rigoglio inquieto e minaccioso, un saggio pittorico foriero di pericolo, di rivelazioni e inganni che prendono forme tormentose e reiterate, ammalianti e rigorose, portatrici di metafore dalla forza sensibile e colta, impegnata e in tensione verso la verità, tanto violenta quanto spregiudicata, tanto spaventosa e spietata quanto nascosta e inintelligibile.
Nella mostra Epimeteo, a cura di Giorgia Basili, negli spazi della galleria 28 Piazza di Pietra a Roma, la mano pittorica di Marco Ercoli percorre, in un incedere introspettivo e virtuoso, i territori dell’apparente e fittizio, della fallacia e della miseria, dell’onirico e della desolazione, ordinando composizioni articolate attraverso la relazione simbolica, l’allegoria, affrontando le insidie di una conoscenza pura che prende sembianze mutevoli tra scienza morale e tonalità emotiva.
Nella prima sala un’accesa e allucinogena immersione cromatica conduce l’osservatore in un immaginario di enigmi, in una ricerca gnoseologica originata dallo svelamento di un mondo naturale carico di forze selvagge, misteriche e sacrali, dove, nella concezione aristotelica dello spazio, è inammissibile il vuoto, e il tempo è un continuum estensivo e circolare che si esplicita nel dato di natura e nell’interrogazione percettiva tra anteriorità e posteriorità, come nel dittico Prima o Poi.
Nell’opera Kronos il “memento mori” caro alla tradizione pittorica si accompagna a due figure, una maschile, vestita in abiti semplici, ed una femminile, in armatura dorata, con i propri corrispettivi animali, un orso e un lupo, allegorie di uno spirito primordiale e radicale, di una animosità selvaggia e incontrollata albergante nell’animo umano e posta sotto il controllo vigile della misura, del tempo, dell’evoluzione.
Circondate da un copioso tripudio di granturco, simbolo di abbondanza, le figure sembrano scambiarsi una clessidra posta al centro della scena, mentre in basso una tartaruga tra il fogliame invita alla pazienza e all’incedere graduale e moderato, in un probabile rimando filosofico alla concezione di tempo e spazio nella riflessione tra finitezza ed infinitezza posta dal paradosso di Zenone di Elea “Achille e la tartaruga”, in antinomia o accordo con la confutazione aristotelica.
Nell’opera Hortus Conclusus il disorientante mondo naturale appare nella sua sfera più perturbata ed impervia tra conformazioni tattili e visive che si impongono come apparizioni conturbanti ed ermetiche.
Dalla tradizione medievale l’intimità del luogo dello spirito, segreto, poetico e protetto, viene abitato nell’opera di Ercoli da mani, occhi e nidi di vespe nascoste nella vegetazione rigogliosa e fulgente: epifania e presa di coscienza della crudele, oscura e terribile realtà naturale.
Nel piano sottostante, tra le fondamenta del colonnato esterno del Tempio di Adriano, le opere di Marco Ercoli cambiano equilibri tonali approdando ad una temperatura più pacata, una intima riflessività malinconica e drammatica, ma al contempo acuta e tensiva nei raffronti di luci ed ombre.
Una serie di ritratti realizzati dall’artista dopo la visita al Museo S-21 – che riporta la testimonianza degli orrori della dittatura dei Khmer rossi in Cambogia nel massacro dei Tuoi Sleng – sono immersi in un paesaggio caratterizzato dalle cromie atmosferiche richiamanti le diverse sfumature di stati d’animo dialoganti con le espressività accentuate dei volti, profondamente avvolte in un tempo distante, in melanconie e spasimi interiori toccanti.
Nell’opera Sole amaro, tra le ultime opere realizzate dall’artista, i piccoli tormenti del quotidiano penetrano come aculei di cactacee in ferite senza sangue affrontate dal personaggio in primo piano, autoritratto dell’artista, con strumentazioni inadatte, inutili ed infine ridicole, concludendo il percorso espositivo in una ironia esistenziale a cui cedere volentieri.
MARCO ERCOLI. EPIMETEO
a cura di Giorgia Basili
Fino al 3 gennaio 2023
28 Piazza di Pietra – Fine Art Gallery
Palazzo Ferrini-Cini | P.zza di Pietra 28, Roma
Orari: lunedì-sabato 11 -13 / 16.30-20 e su appuntamento / lunedì mattina e domenica chiuso
Info: +39 06 94539281
info@28piazzadipietra.com
www.28piazzadipietra.com