ARCORE (MB) | Villa Borromeo d’Adda | 1 maggio – 13 giugno 2021
GOVONE (CN) | Castello Reale | 26 giugno – 29 agosto 2021
di MATTEO GALBIATI
Siamo oggi abituati, nella pratica di molti artisti, ad osservare la riflessione su temi del riciclo e del riuso di un materiale di cui, dimenticate le potenzialità, la versatilità e gli infiniti vantaggi, si è fatta nel tempo una campagna di demonizzazione estrema. La plastica è diventata un demone, il simbolo delle battaglie ecologiste e dell’inquinamento che soffoca il nostro pianeta ma, se è assolutamente vero e legittimo il discorso di sensibilizzazione, altrettanto vera resta la disattenzione e l’inciviltà con cui lo si è disperso nell’ambiente rendendo noi la causa e i colpevoli del problema. Se l’arte si è accorta fin da subito della potenzialità espressiva di questo materiale della modernità (pensiamo a Burri per citarne uno), non tutti gli artisti hanno saputo leggere quel potenziale narrante legato ai temi ambientali e sociali: Enrica Borghi è stata, invece, da sempre attenta a impiegarla in opere che la traducessero in delicate forme capaci di emancipare la negatività, con cui ormai si guarda a questo materiale, in un ritrovato e inatteso valore estetico dichiarante.
La personale, in corso nelle sale del primo piano di Villa Borromeo d’Adda ad Arcore (MB) e intitolata Riverbero – che abbiamo avuto la fortuna di visitare con l’artista e la curatrice Simona Bartolena (curatrice anche della bella mostra ospitata nelle seminterrato della villa e dedicata al talento ottocentesco di Federico Faruffini (1831-1869) – ci racconta, in modo calibrato e attento, misurato nel bilanciare le presenze delle opere e di adattarle al meglio nel percorso espositivo, tutta la sensibilità con cui Borghi sa affrontare la complessità di temi importanti attraverso la semplicità di uno sguardo che si fa esecutivo del potenziale espressivo di questo materiale da lei nobilmente mantenuto banale e povero.
Da sempre (da oltre vent’anni) l’artista parla attraverso la plastica di natura, di bellezza, di emancipazione, di riscatto e, senza cedere alla lusinga scontata di alcun asfittico e retorico manifesto ecologista, ha saputo controllare la sua azione concentrandosi in una disciplinata attenzione del fare che, pur infondendo a ciascuna opera l’afflato di una libertà senza schemi, non ha mai fatto perdere loro il valore dichiarativo che va oltre l’ovvia risoluzione estetica ed apparente. Ogni lavoro lascia evidente la natura della plastica, ma al contempo la sovverte e la affina a diventare altro ad assimilarsi ad altre consistenze e, così, ad interpretare nuove parti sul palcoscenico dell’arte.
Della sua diversa e versatile produzione le opere della mostra, oltre ai temi che sono loro propri (rapporto-relazione con l’ambiente circostante, l’esigenza della connessione della storia recente e passata e le macro questioni sull’ambientalismo e sulle problematiche dell’universo femminile), sanno abilitare la coscienza e la conoscenza con cui l’artista non si vergogna mai di mantenere visibile proprio la meticolosità del suo fare: le azioni “artigianali” che portano all’opera, restano presenti nel sotto traccia delle loro forme; gli oggetti di partenza permangono riconoscibili seppur disabilitati dalla loro funzione primaria; le minime trasformazioni sono quelle capaci del potere che dà energia ad un nuovo senso. Attraverso questo ritrovare la memoria chi osserva può acquisire la logica motivante per andare oltre l’apparenza e capire subito, senza compiacersi dell’attitudine ludica, di un concetto indecifrabile, di un senso occulto. Borghi ha profondo rispetto per chi guarda e lo guida con misura e con grazia, senza inciampare nel vizioso clamore del pop.
Borghi sa fissare il riverbero dell’idea fondante e lo applica indelebilmente alle opere introducendole ad un decorativismo maturo, consapevole, che veste con accurato rinnovamento gli spazi amplificando, così, la portata semantica dei suoi principi. Borghi è, del resto, artista attenta, prudente, riflessiva e concentrata, ma anche capace di quella determinazione inscalfibile, perché esito di un continuo ricercare, pensare, agire ed osare il materiale fino a non fargli più necessitare del di più.
La sua poesia è sempre “organica” e si ancora alla (sua e nostra di riflesso) esperienza, alla vita, alla storia e alla memoria: de-demonizza la plastica nutrendosi della sua preziosa versatilità. Accolta la sua seduzione Borghi ha estratto un’energia peculiare che sta tutta nell’eleganza con cui ogni sua opera sa di poter essere arte: per poter dire, essere, resistere, affermare, insegue e aspira alla bellezza.
La mostra, dopo l’allestimento nella storica villa brianzola, verrà trasferita, con un nuovo adattamento pensato per la nuova occasione, nella storica cornice della residenza sabauda del Castello Reale di Govone in provincia di Cuneo.
Enrica Borghi. Riverbero
a cura di Simona Bartolena e Pierre Padovani
promossa e sostenuta da Comune di Arcore
coordinamento, organizzazione e realizzazione heart – PULSAZIONI CULTURALI
con il supporto di Ponte43
in collaborazione con Associazione Asilo Bianco
1 maggio – 13 giugno 2021
Villa Borromeo d’Adda
Largo Vincenzo Vela 1, Arcore (MB)
Orari: tutti i venerdì, sabati e domeniche ore 15.00-18.00
Per le modalità di accesso (ed eventuali cambiamenti dovuti all’attuale situazione sanitaria) si prega di consultare i siti internet di riferimento
Ingresso libero
Info: www.associazioneheart.it
www.asilobianco.it
www.comune.arcore.mb.it
www.enricaborghi.it
Enrica Borghi. Lost and found
a cura di Marco Tagliafierro
organizzata da Comune di Govone
in collaborazione con Creativamente Roero, Govone Arte, Asilo Bianco
26 giugno – 29 agosto 2021
Castello Reale di Govone
Piazza Roma 1, Govone (CN)
Orari: ogni venerdì, sabato e domenica 10.00-12.00 e 15.00-18.00
La mostra è visitabile con l’ingresso al Castello. Per tutte le informazioni si prega di consultare i siti internet
Info: www.castellorealedigovone.it
www.creativamenteroero.it
www.enricaborghi.it
www.asilobianco.it