VERMIGLIO (TN) | FORTE STRINO | 18 luglio – 13 settembre 2020
Intervista a SERENA FILIPPINI di Alice Vangelisti
Immagini di storie silenziose ed evocative, segnate da un’indissolubile intreccio tra passato e presente, animano le opere di Ilaria Gasparroni (1989). Nella sua ricerca, le forme e le linee tipiche dell’antica tecnica della lavorazione del marmo danno vita a delle sculture dal candido fascino senza tempo, seppur profondamente ancorate al nostro presente. Figure poetiche e raffinate, caratterizzate da una delicata e quasi impalpabile morbidezza – in forte contrapposizione con la statica solidità della materia –, trasmettono così un’idea di passato che si palesa nell’oggi, aprendo a infiniti racconti nell’armonioso alternarsi tra ciò che è stato e ciò che è. Si tratta di una lettura profonda della realtà condotta attraverso una narrazione visiva fatta di continui e celati rimandi poetici e letterari, che scava a fondo nell’animo umano, nei suoi archetipi nascosti e nelle sue memorie.
Proprio su questo aspetto del ricordo si concentra la sua personale, curata da Serena Filippini e allestita all’interno di uno spazio dalla forte impronta storica, simbolo del tragico passato che ha profondamente segnato la nostra storia, ma che oggi si fa testimone di una memoria che non va dimenticata. È così che nell’intenso e profondo dialogo tra il passato e il presente, la memoria torna a galla per farci riflettere e non dimenticare, sospesa e cristallizzata in un attimo senza tempo.
Abbiamo intervistato la curatrice Serena Filippini, approfondendo con lei i contenuti e i significati di cui la mostra Ripartire dal ricordo si fa portatrice attraverso le opere di Ilaria Gasparroni che saranno esposte a Vermiglio (TN), all’interno di Forte Strino a partire dal 18 luglio.
Ripartire dal ricordo è una personale che innesca una serie di letture dal punto di vista del tema trattato, ponendosi in continuità con la tua ricerca curatoriale e con le precedenti mostre del progetto Sottopelle. Storie di memorie e persistenze – di cui una era stata appunto già ospitata a Forte Strino. Qual è la genesi di questo nuovo progetto? Quali sono le connessioni e i cambiamenti tra questa nuova mostra e le precedenti?
Ripartire dal ricordo nasce come mostra slegata e indipendente rispetto alle precedenti mostre del progetto Sottopelle. Storie di memorie e persistenze, tuttavia è innegabile che la memoria e il ricordo tornano nuovamente ad essere i protagonisti. Entrambi questi temi, però, vengono qui sviluppati in modo differente, offrendo una lettura da un’altra angolazione: non più come narrazione e indagine di carattere sociologico sull’originarsi della memoria collettiva, sul suo svilupparsi nelle diverse epoche storiche, e infine sul tentativo dell’uomo di annullarla cancellandone le sue testimonianze, ma come riflessione sulla storia e il ricordo della popolazione di Vermiglio una volta terminata la Prima Guerra Mondiale.
La mostra, infatti, nasce in stretta relazione con il luogo in cui viene inserita, il Forte Strino, una fortezza austro-ungarica utilizzata durante il conflitto per difendere il territorio di Vermiglio, compreso nell’allora Impero austro-ungarico, dalle invasioni dei confinanti italiani.
Sul periodo della guerra si è detto molto in questi ultimi anni, grazie alle commemorazioni dedicate al suo centenario, ma ciò a cui non sempre si è pensato è quanto è accaduto dopo: i combattimenti cessano, i territori vengono spartiti, ma le persone rimangono e a loro non resta che ricostruire tutto ciò che è stato distrutto durante gli anni del conflitto, non soltanto a livello architettonico ma anche per quanto riguarda i loro ricordi personali, le convinzioni e i desideri che, inevitabilmente, con la guerra sono stati accantonati, se non addirittura dimenticati. In quest’ottica Ripartire dal ricordo è un omaggio a tutte quelle persone a cui non è rimasto nulla se non il ricordo da cui ricominciare, non solo come àncora di salvezza a cui aggrapparsi, ma come amo per cogliere nuove occasioni e vivere esperienze future.
Da tempo mi interrogavo su come dedicare la giusta attenzione a chi è rimasto, senza rischiare di banalizzare la loro esperienza né edulcorando la realtà dei fatti, mediante un progetto che potesse coniugare la loro storia con la componente artistica, per connettere nel tempo il loro vissuto con il nostro nell’attualità. Farlo all’interno del Forte Strino attraverso le opere di Ilaria Gasparroni rende il mio desiderio finalmente realizzato.
La memoria rappresenta un tema molto ampio, indagato e interpretato da diversi artisti. Come è nato e si è sviluppato il tuo interesse per questa tematica, così effimera e astratta, che però gli artisti che di volta in volta coinvolgi riescono a rendere così tangibile e reale? Qual è stata la ragione che ti ha spinto a scegliere il lavoro di Ilaria Gasparroni, dedicandole questa personale?
Non so dire con certezza come sia nato in me questo continuo e costante interesse nei confronti della memoria e di tutto ciò che le ruota attorno, forse perché è qualcosa che non si vede ma c’è e non ci abbandona mai, che ci influenza senza che ce ne accorgiamo; quello che ti posso dire è che fin da bambina ho sempre nutrito un grandissimo interesse verso i racconti degli adulti e soprattutto dei miei nonni, che ho il privilegio di avere ancora con me, legati ad esperienze vissute in passato. Ascoltare le loro storie mi ha permesso di provare per qualche minuto a farne parte, ad immedesimarmi in ciò che hanno provato loro e a vivere, anche solo temporaneamente, tante vite altrui.
Ancora oggi provo le stesse sensazioni quando ascolto le storie degli altri, e tuttora sono convinta che essere scelto da qualcuno come depositario del racconto della sua vita sia un po’ come essere l’affidatario di un tesoro prezioso da conservare e proteggere per sempre.
Crescendo ho approfondito questo interesse studiando e documentandomi, e sicuramente tra i miei riferimenti più solidi c’è il francese Maurice Halbwachs con i suoi studi sociologici su memoria individuale e memoria collettiva.
Attraverso l’arte, selezionando gli artisti che con sensibilità trattano più o meno consapevolmente questi temi, ho scoperto di poter dare vita a dialoghi che aiutano gli osservatori a considerare quello della memoria un tema tutt’altro che effimero e astratto, bensì qualcosa di estremamente attuale e concreto.
Il lavoro di Ilaria Gasparroni si inserisce perfettamente in questo discorso, dal momento che molte delle sue opere sono state realizzate a partire da ispirazioni letterarie, storie di persone reali, gesti e simboli che accomunano tutti in quanto umani; osservando le sue opere si è invogliati a saperne di più, a conoscere ciò che le ha ispirate, a scoprire qual è il passato delle persone ritratte, o per chi sono state scritte le parole riportate sul marmo; non si tratta di una curiosità fine a se stessa, piuttosto di una silenziosa solidarietà innescata dalle sue opere che ci fa tornare ad essere tutti più profondamente umani.
Seguivo già da tempo il lavoro di Ilaria e non appena mi si è presentata l’occasione di realizzare una mostra su questi temi non ho avuto dubbi sul coinvolgerla.
Un aspetto che colpisce molto della ricerca di Ilaria Gasparroni è come riesca a instaurare un legame profondo tra passato e presente, rendendo sempre attuale una tecnica antichissima…
Questa è sicuramente una delle tante qualità delle opere di Ilaria; il marmo è da sempre presente nella storia dell’arte e inconsciamente, quando vediamo opere realizzate con questo materiale, spesso siamo portati a pensare a qualcosa di molto antico e lontano da noi. La straordinaria capacità di Ilaria è quella di lavorare il marmo con la volontà di perfezione e di armonia degli antichi, avendo sempre come riferimenti essenziali i lavori dei grandi maestri della scultura in marmo, tra cui Michelangelo, ma rimanendo nello stesso tempo sempre ben ancorata al presente, al nostro attuale modo di vivere e agli interrogativi che l’uomo di oggi si pone.
Nel momento in cui ho conosciuto Ilaria personalmente mi hanno molto affascinata la sua consapevolezza e la sua passione travolgente nei confronti della scultura e della lavorazione del marmo; la costanza che dedica a questo lavoro, il dialogo che riesce a creare tra passato e presente sono veramente disarmanti se si pensa alla sua giovane età, eppure con la naturalezza e l’abilità di chi da una vita intera tratta questo materiale, così resistente ma anche fragile, riesce a dare vita ad opere di grande sensibilità ed evidente raffinatezza.
Tra le opere esposte è compresa anche la serie completa Poesie in marmo (2019), ispirata alla famosa raccolta di poesie di Charles Baudelaire. Qual è il dialogo che prende vita tra i componimenti poetici, le installazioni scultoree e lo spazio espositivo?
La serie Poesie in marmo (2019) viene qui esposta per la prima volta in forma integrale ed è costituita da cinque opere ispirate ad altrettante poesie tratte da I Fiori del male di Charles Baudelaire.
Qui l’artista dà forma alle parole trasformandole in sculture che attendono di risorgere dal male, specchio delle debolezze dell’uomo moderno dinnanzi al quale i limiti possono diventare opportunità, qualcosa di buono che sorge dal male e quindi, metaforicamente, alludendo alla rinascita che consegue ad ogni guerra e alla volontà di ripartenza, dove la morte non va intesa solo come fine di qualcosa ma come pretesto ed occasione di ricostruzione e rinnovamento.
In questo senso, quindi, le sculture si inseriscono a pieno titolo all’interno dello spazio espositivo e nelle tematiche affrontate nella mostra.
Forte Strino è un edificio ricco di storia e portatore di una serie di memorie del nostro passato che in senso lato ben si sposano con la tua ricerca curatoriale. Parlami di questo luogo, del suo fascino e della relazione che sei riuscita a instaurare tra lo spazio espositivo – che dal punto di vista dell’allestimento di opere d’arte contemporanea potremmo definire insolito e per certi versi anche complesso – e le installazioni scultoree di Ilaria Gasparroni…
Forte Strino è un luogo che mi piace definire “magico” perché è uno di quei luoghi in cui, personalmente, quando mi trovo al suo interno, provo una serie di emozioni difficilmente spiegabili a parole. È come se riuscisse a trasmettermi la sensazione che tutto è al suo posto, esattamente dove dev’essere.
Credo che tutto ciò sia riconducibile ai ricordi che mi legano ad esso, alle tante persone che ho incontrato al suo interno, al fatto di fare qualcosa che amo in un luogo che per me è come una casa, ma credo anche che sia fondamentale la storia di questa fortezza e del paese in cui si trova, Vermiglio (TN), una zona fortemente colpita dalla Prima Guerra Mondiale, che ancora oggi mostra ferite, simboli e testimonianze legate al conflitto, e una popolazione che ha vissuto la drammatica esperienza della deportazione a Mitterndorf.
Insomma, il Forte Strino e chi l’ha vissuto hanno una storia molto profonda e grazie alla lungimiranza e alla passione di alcuni volontari, e al sostegno della provincia e dell’amministrazione comunale, nel 1998 è stato restaurato per essere aperto come museo.
Ogni anno conta circa tredicimila visitatori che non visitano soltanto il forte e i suoi reperti, ma anche le numerose mostre d’arte contemporanea che negli anni ha ospitato.
Il luogo infatti, come dici tu, forse è insolito per allestirle, ma il dialogo che si crea tra il granito, la pietra del forte e il suo essere grezzo e senza pareti lisce, e le opere d’arte contemporanea risulta spesso molto più intenso ed efficace rispetto al più canonico e abituale white cube, perché le opere vivono nello e dello spazio che le accoglie e si legano necessariamente a tutto quel retroterra che il forte conserva.
Lo stesso avviene con le opere di Ilaria Gasparroni, che possiedono un profondo legame con il Forte Strino e il suo essere simbolo del passato, ma nello stesso tempo testimone del presente.
Concludendo con il titolo che hai scelto per questa mostra: Ripartire dal ricordo è sì rappresentativo del tema trattato, ma diventa ancora più significativo in relazione alla situazione attuale… In questo senso, quali sono le riflessioni che vorresti innescare nel visitatore e allo stesso tempo quale processo di “sensibilizzazione” riguardo questa tematica pensi sia possibile attivare?
Grazie al mio coinvolgimento da parte del responsabile del forte e dell’amministrazione comunale di Vermiglio ho iniziato a progettare questa mostra lo scorso gennaio, quando ancora si sapeva soltanto concettualmente che cosa fosse una pandemia.
Io vivo nella Bassa bresciana, una delle zone più colpite della provincia di Brescia, e il caso vuole che anche Vermiglio sia stato il paese della Val di Sole più colpito dal Covid-19.
Per mesi questa mostra è stata soltanto un progetto astratto, ma a fine maggio è arrivata la conferma che la mostra si sarebbe fatta, per contribuire a rilanciare l’attività estiva del forte e per ripartire con un progetto pronto e strutturato.
Ho pensato più volte che il destino abbia voluto farci realizzare questa mostra proprio quest’estate, dopo l’uragano che ci ha travolti e che ancora non ci abbandona, per essere uniti ancora più strettamente alle tematiche affrontate: la mostra, infatti, nasce per parlare di ciò che avviene dopo la guerra, e noi ci troviamo ora in una delle tante fasi del “post Covid-19”. Esperienze distanti più di cento anni, ma forse non così lontane come sembrano.
Anche noi, come gli uomini e le donne di cento anni fa, abbiamo l’esigenza di ripartire da ciò che è stato, perché non è possibile, come si sente spesso dire in questo periodo, “tornare come prima”, dal momento che non esiste più nulla come lo era prima e, dopo un’esperienza come quella che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo, è giusto che sia così.
Se me lo permetti non parlerei di “sensibilizzazione”, un termine che non amo perché attribuisce un’eccessiva responsabilità educativa ad eventi culturali che hanno il solo scopo, semmai, di informare e di stimolare il pensiero e la riflessione su determinati temi, ma piuttosto di “immedesimazione” che presuppone una vicinanza empatica tra fruitore-temi-opere-artista senza che nessuno di questi si erga a giudice rispetto agli altri.
Proprio a questo proposito, per rispondere alla tua domanda, concludo con l’ultimo stralcio del mio testo inserito nel catalogo della mostra che uscirà a breve edito da Vanillaedizioni: “Che Ripartire dal ricordo sia un augurio anche per noi, che viviamo in un tempo di continue trasformazioni, contraddizioni ed incertezze, che non siamo abituati a fermarci ed aspettare, aiutandoci da un lato ad immedesimarci nelle storie di chi ci ha preceduto, e dall’altro tornando a riflettere sul presente, su di noi, e sul coraggio, talvolta vacillante, di ricominciare”.
Ilaria Gasparroni. Ripartire dal ricordo.
a cura di Serena Filippini
con il patrocinio e il sostegno del Comune di Vermiglio (TN)
in collaborazione con Arteam – Associazione culturale
catalogo vanillaedizioni
18 luglio – 13 settembre 2020
Inaugurazione sabato 18 luglio alle 17.30
Per ragioni di sicurezza legate all’emergenza sanitaria all’inaugurazione è possibile partecipare solo su prenotazione contattando l’Ufficio informazioni di Vermiglio al numero 0463 758200 o all’email info@vermigliovacanze.it
Forte Strino
Vermiglio (TN)
Orari: dal 19 luglio al 6 settembre 10.00-12.30 e 14.00-18.30; dal 22 luglio al 26 agosto apertura serale con visita guidata tutti i mercoledì 21.00-22.30; dal 7 al 13 settembre 14.00-18.00
Info: Ufficio informazioni di Vermiglio
+39 0463 758200
info@vermigliovacanze.it
www.vermigliovacanze.it