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ROMA | SARACENO ART GALLERY | FINO AL 18 novembre 2023

intervista a CORRADO ZENI di Beatrice Conte

Il sociologo Erving Goffman osservò lungamente le ordinarie interazioni coerenti con la natura umana, e lo fece come si osserva uno spettacolo alla sua Prima. Nel luogo del teatro immaginò lo spazio delle relazioni come un fenomeno osservabile, centrato su un palcoscenico in cui uno o più individui fossero chiamati a recitare ciascuno il suo soliloquio. L’opera di Corrado Zeni è un ritratto narrativo che in questo senso può essere interpretato, laddove la pittura e l’arte in genere ne trovino l’esigenza. Zeni affronta la tela affascinato dalla familiare condotta dei personaggi che animano il suo quotidiano, sedimentato come parti di realtà prese a spunto e messe a fuoco. Al sipario si riservano le paure, i segreti, le fragilità, le confessioni degli attori, ma la platea è per le minuzie mondane, per i dettagli più meccanici di quell’esistenza condivisa che ci avvezza all’immedesimazione. E poiché lo spettatore è talvolta spettatore talaltre attore, non di rado si smarrisce nel tessuto della costumanza perdendo l’identificazione di sé nelle vite degli altri. L’opera di Zeni fotografa anche questo aspetto, indagando sulla realtà.

Installation view, solo exhibition “The theatre of life”, courtesy of the Gallery

Alla Saraceno Art Gallery fino al 18 novembre, con la curatela di Marilena Saraceno che sostiene con perizia un allestimento puntuale alla resa espressiva dell’artista, la mostra The theatre of life dà prova della straordinarietà tecnica del suo autore. Quello che apparentemente sembra un esercizio mimetico, contiene la genuina consuetudine dell’individuo di ogni giorno che, con l’aiuto di espedienti stilistici come il sapiente uso del colore, della prospettiva e della luce, non trasgredisce le regole dell’ordinario. Osservandolo da vicino, l’impressione trasmessa da buona parte del suo repertorio di immagini è quella di essere affacciati in strada, guardando le persone passare, con la volontà di dare un senso alla presenza fisica di noi nel mondo, di comprendere la contingenza e la sintesi del nostro agire, sottendendo una realtà lontana dalla verosimiglianza tanto quanto aderente ad essa.

Spettatore del “teatro della vita”, affidi alla tela le tue riflessioni guidato dall’esigenza di fermare un momento di ordinaria spontaneità. Dove ha inizio questa produzione?
Il mio lavoro nasce ormai venticinque anni fa, quando ho cominciato a interessarmi ai miei “Familiar strangers”, quelle persone che tutti noi incontriamo nella quotidianità pur senza sapere nulla l’uno dell’altro. Magari alla fermata dell’autobus, magari sotto casa. Sono persone con le quali non abbiamo mai parlato, mai interagito, ma nelle quali riconosciamo un volto familiare. Andando avanti con gli anni ho trovato che questa impressione si intensificasse, ed è così che ho cominciato a trasferirla su tela. Fotografavo le persone per strada, nella mia quotidianità. Questa azione si è poi naturalmente estesa, e ad oggi mi trovo a fotografare anche in viaggio, per caso, in un momento che semplicemente catturi la mia attenzione. Una volta fotografate vado in studio, guardo le foto, le scontorno una ad una – almeno su quei soggetti che mi interessano – e ricostruisco le relazioni tra quelle persone, cioè imprimo a olio su tela delle interazioni che nella realtà non sono mai esistite. A questo scopo annullo il fondo, di modo da concentrare l’attenzione sulle movenze dei personaggi che compongono lo scena.
A me fondamentalmente interessano le persone, i loro trascorsi, i loro atteggiamenti, mi interessa l’essere “umano”, e trovo che questo interesse abbia una sua risonanza in me. L’osservare gli altri attiva una più profonda comprensione di me stesso, come se in qualche modo mi rispecchiassi in questi individui. Come magari anche loro, o almeno alcuni di loro, qualche volta si saranno interrogati su di me: chi sono, cosa faccio, dove vado. Restituendo su tela questa forma di relazione scopro degli atteggiamenti in cui riflettermi. Ma probabilmente c’è anche un altro aspetto, che risponde per ingannare questo senso di “imminente fine” che l’essere umano ha costantemente su di sé. La fotografia si dice che immortali un momento per sempre, ma in realtà la fotografia immortala un momento che non esisterà mai più, una cosa che non esiste già più, che è esistita solo in quell’istante lì. E il fatto di metterlo su tela è un mio modo forse di prolungare questi istanti.

Installation view, solo exhibition “The theatre of life”, courtesy of the Gallery

In mostra sono presenti due nuclei pittorici ben distinti. Quelli che vedono la compresenza di più soggetti, affidati ad uno sfondo neutro, e quelli che circoscrivono la rappresentazione ad un unico individuo, o ad una coppia di individui, consegnati ad un fondale ceruleo. I primi su tela, i secondi su tavola. Uno studio sul materiale o una divergenza espressiva?
Allora, parlando del nero, visto che il mio lavoro è stato sempre a fondo bianco, posso dire di essermelo portato dietro da un viaggio in Islanda. Era appena trascorso il periodo pandemico perciò ti parlo dei primi viaggi che si era ripreso a fare, e questa terra nera, ricca, grassa, mi ha colpito perché dava l’idea proprio del mondo all’inizio del mondo, a cui si aggiungeva questa sensazione tra il ghiaccio, il fuoco, la terra vulcanica. Difatti, se noti, questo nero assoluto è quasi come se fosse il dorso di un monte; sulla tela la linea di confine tra il bianco e nero non è dritta, è leggermente inclinata.
I lavori su tavola li faccio per tendere quasi ad un’astrazione cromatica, per arrivare pian piano a dedicarmi al cromismo puro. Il soggetto singolo lo scelgo perché è un soggetto che mi piace molto, che mi interessa, che mi intriga per qualche motivo. Su quello lavoro intorno con il colore per raggiungere una vibrazione diversa rispetto ai bianchi e i neri, che sono i due neutri per eccellenza. Quindi forse è proprio il tentativo di dare alla pittura una resa diversa, più focale.

Installation view, solo exhibition “The theatre of life”, courtesy of the Gallery

Mentre l’uso omogeneo del colore, così come delle ombre volutamente imperfette, dipingono uno spazio che ha l’aspetto prima di un dietro-le-quinte, poi di un palco, poi di un luogo in cui si è presenti e si possa agire a piacimento. Sono suggestioni volute o esigenze di forma?
Per lo più è un’esigenza strutturale, che renda la pittura “duratura” mi viene da dire. Ad esempio, per quelli che sono visti dall’alto la prospettiva del quadro cambia quasi come se le persone diventassero pedine su una scacchiera. E da qui forse è ancora più evidente l’intreccio relazionale tra questi individui; gli sguardi, gli sfioramenti, le parole. Per quel che riguarda le ombre, oltre ad essere metaforicamente la rappresentazione della nostra parte inconscia e quindi spesso non corrispondenti in pieno alla nostra forma, compaiono solo nei lavori con vista dall’alto e funzionano da contrappunto alle figure stesse, per crearvi una nuova armonia.
Ho trasferito su tela un’esigenza che era quella di trasmettere la suggestione che mi nasce dall’osservare i dettagli, le piccole manie. Pensa che quando ho iniziato dipingevo città senza nessuna persona, città notturne, popolate da automobili, stazioni desolate, grattacieli, non-luoghi. Poi un giorno ho inserito delle figure, soggetti che mi hanno dato una soddisfazione tale da indurmi a cancellare lo sfondo finché non sono rimasti solo loro. Lì ho capito che probabilmente la mia strada era diversa da quella che stavo esplorando fino a quel momento, ed è così che ho iniziato ad annullare il mio background e lasciare il focus sulle persone.

Installation view, solo exhibition “The theatre of life”, courtesy of the Gallery

In relazione al prossimo futuro, stai lavorando a nuovi progetti o prevedi una nuova esposizione?
In questo momento dovrei avere due progetti di mostra, uno in Austria ed uno per la Fiera “Arte in Nuvola” a Roma. La mostra a Vienna sarà nella galleria di Marion Fischer ma la data ancora non è decisa, mentre ad “Arte in Nuvola” parteciperò con Saraceno Art Gallery.

 

“The theatre of life” | Mostra personale di Corrado Zeni
a cura di Milena Saraceno

4 ottobre – 18 novembre 2023

Saraceno Art Gallery
Via di Monserrato 40, Roma

Orari: dal martedì al sabato, ore 11.00 – 13.30 | 15.30 – 19.30

Info: +39 06 39919502
info@saracenoartgallery.com
www.saracenoartgallery.com 

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