SASSOFERRATO (AN) | Palazzo degli Scalzi e Chiesa San Michele Arcangelo | Fino al 26 gennaio 2025
di VALERIA CARNEVALI
Il progetto Salvifica imbocca il viaggio di ritorno con la “pittura epidermica” di Giovanni Manfredini, dopo essere partito tre anni fa con le ferite di Nicola Samorì e aver effettuato il “giro di boa” con le luci di Ettore Frani. L’identità che la Rassegna Internazionale d’Arte Premio G.B. Salvi, arrivata alla sua 73ma edizione, si è data nell’ultimo triennio conferma con questa scelta conclusiva la coerenza di un piano chiaro e ben organizzato. Il nuovo volto di una delle rassegne artistiche in corso più antiche del Paese (la prima edizione, ideata dagli stessi cittadini sentinati, risale al 1951), concepito dalla curatela congiunta di Federica Facchini e Massimo Pulini, fa uscire allo scoperto il “convitato di pietra”, il Sassoferrato celebrato nel nome di Giovan Battista Salvi, pittore del barocco italiano, nato nella piccola città tra gli Appennini umbro-marchigiani e attivo a Roma nel XVII secolo, e lo mette allo specchio attraverso il confronto vivo, nelle sale di Palazzo degli Scalzi, con la personale di un autore contemporaneo, selezionato per affinità e parallelismi.
La coerenza della scelta è evidente dal punto di vista formale: ciascuno dei tre artisti ha posto l’attenzione sugli aspetti spirituali e simbolici del Sassoferrato e, corroborati dall’esegesi fornita dal duo curatoriale (che, con un’operazione di ricerca, ha inteso trovare, mostrare e studiare, nel lavoro di Massimo Pulini, opere inedite di G.B. Salvi, aggiungendo all’esposizione un saldo valore di spessore bibliografico), ha trovato naturale ribaltare una visione classica e a volte scontata del pittore dal vivido cromatismo delle delicate madonne per svelarne il lato mistico e drammatico; a prevalere è stato il paradosso dell’assenza del colore: dove per Salvi esso è ricercato, luminoso, morbido nei drappi di tessuti cangianti e nei rosei incarnati, per Samorì è aspramente rimosso, per Frani è risucchiato nel bianco, per Manfredini è sublimato nel nero.
Potrebbe esistere il nero manfredini, dice la curatrice Federica Facchini, quel tono peculiare con cui si presentano le opere di “Tra pelle e profondo”. Unico e identificativo come un blu klein, ottenuto naturalmente tramite il nero-fumo, bruciato come un archetipico tizzone di legno, radicato nel ricordo come un olocausto. Aveva due anni Giovanni Manfredini quando un incidente domestico gli faceva conoscere il fuoco.
Sullo sfondo nero compatto e caldo di natura delle tele sulle pareti di Palazzo degli Scalzi, emergono bianchi calchi di corpi, anime incarnate dalla fisicità diafana, che accolgono il messaggio sacrificale del Vangelo: nati per sondare l’umanità come tentativi di esistenza (datata 1997 una tra le opere in mostra), si sviluppano nell’ultimo decennio in ascesa verso il divino, nella direzione dell’arte sacra, arrivando a costruire contemporanee pale d’altare, come il Giudizio Universale (2018) o il recente La caduta degli angeli ribelli (2023), esposto nella piccola chiesa di San Michele, tempio dell’XI secolo la cui onomastica dedicata all’arcangelo guerriero riporta allo stesso episodio biblico.
Se l’utilizzo dell’impronta delle membra lascia emergere la dimensione corporale propria del culto cristologico, i dipinti della serie “cosmica” (2028-22) traducono in pittura la dimensione divina dell’armonia delle sfere, in contemplazione dell’equilibrio universale; accostate nell’allestimento al dipinto del Sassoferrato Immacolata Concezione, in cui il mistero della Vergine con il Bambino è soffuso nel simbolismo astronomico degli elementi iconografici, riflettono assieme ad esso formando un anello di pensiero teologico.
Con Salvifica l’azzardo di presentare un Salvi traumatico c’è stato, ma è stato vinto, poiché la chiave di lettura innovativa e spregiudicata, fornita proprio laddove l’artista barocco è una gloria locale, ha trovato una città pronta, e si innesta sulla presenza di un pubblico sentinate preparato e sulla maturazione di una struttura opportuna: nel 2017 la grande mostra monografica La Devota Bellezza – Il Sassoferrato con i disegni della Collezione Reale Britannica, ha provveduto a dare strumenti di conoscenza, e sono ormai dieci anni che è stata inaugurata, nello stesso Palazzo degli Scalzi, la galleria civica MAM’S – Mondo Arte Marche Salvi, che mostra la collezione raccolta nei settantatré anni di premio, contestualizzando in una dimensione storica ogni nuova edizione e sottolineandone l’attualità.
Nel corso della mostra viene proiettato il docufilm ambientato nel carcere milanese di Opera Io spero paradiso di Daniele Pignatelli, in cui compare, come elemento dalla forte carica simbolica, un ostensorio realizzato dallo stesso Manfredini con lamiere di recupero provenienti da una baraccopoli africana.
73^ Rassegna Internazionale d’Arte | Premio G. B. Salvi
SALVIFICA
Il Sassoferrato e Giovanni Manfredini
tra pelle e profondo
Mostra e catalogo a cura di Federica Facchini e Massimo Pulini
11 ottobre 2024 – 26 gennaio 2025
Palazzo degli Scalzi e Chiesa San Michele Arcangelo, Sassoferrato (AN)
Informazioni:
Punto I.A.T. Sassoferrato
Tel. +39 0732 956257 | 333 7301732 – 333 7300890
iat.sassoferrato@happennines.it
www.sassoferratocultura.it