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Intervista a CLAUDIA CASALI di Livia Savorelli*

Crediamo fermamente che la forza di un evento, e in parte la sua longevità, risieda nella sua attidudine non solo di stare al passo con i tempi ma anche di precorrerli, anticipando tendenze e spinte all’innovazione, e nella sua capacità di riflettere e tradurre – attraverso uno sguardo multidisciplinare – i nuovi sentieri tracciati dalla contemporaneità. Una contemporaneità ibrida, riflesso di chi nella creatività sperimenta, fonde media, abbatte generi ed etichette precostituite.
Ecco, il Premio Faenza, all’alba dei suoi 80 anni di storia è arrivato, non senza percorrere strade tortuose e poco frequentate, a superare rigide categorizzazioni e concezioni antiquate intorno alla Ceramica, smantellando le barriere che hanno contribuito per molto tempo a relegarla tra le arti minori.
Ripercorriamo le tappe principali della storia del Premio con Claudia Casali, direttrice del  MIC – Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza e curatrice, insieme ad altri 16 curatori, di Ceramics Now. Arte Contemporanea Internazionale – Edizione speciale del 60° Premio Faenza…

Johnson Tsang, Lucid Dream II, 2017-2018, porcellana, installazione (dettaglio)

Con l’edizione 2018 il Premio Faenza giunge ad un importante traguardo: gli 80 anni del concorso e la 60° edizione cui il Museo ha dedicato anni di lavoro.
Puoi delineare le tappe principali dell’evoluzione di questo longevo concorso che vede gli albori nel 1938 e che ha contribuito a sdoganare la concezione della ceramica legata all’ambito artigianale, attribuendole lo stato di “materia alta” nella scultura contemporanea? In quali anni e con quali scelte si persegue l’obiettivo di rendere “internazionale” il Premio?
Sì, è un bellissimo ed importantissimo traguardo a cui abbiamo lavorato dal 2015, ultima edizione del Premio. Con questa mostra non solo celebriamo il Concorso in sé ma anche il suo ideatore, il primo direttore Gaetano Ballardini. Egli, sulla scia delle Biennali monzesi, capì l’importanza di organizzare eventi espositivi che portassero a Faenza l’eccellenza ceramica del momento. Quindi inserì tra le finalità istituzionali del Museo l’azione di “indire mostre internazionali periodiche di ceramiche, interessanti l’uno o l’altro punto dell’arte, della tecnica, dell’uso pratico … indire concorsi internazionali per la produzione della ceramica sotto l’aspetto d’arte e di tecnica”. Siamo in un momento storico particolare di rinascita della ceramica, come teorizzava Gio Ponti. Ballardini considerava la ceramica oggetto d’uso, decorativo e funzionale, come scrisse, “arte destinata alle masse”. Con questa impostazione teorica, sotto l’egida di Benito Mussolini e dell’ENAPI (Ente Nazionale per l’Artigianato e le Piccole Industrie) diretto dal faentino Giovanni Guerrini, inaugurò nel giugno 1938 il Concorso Nazionale della Ceramica d’Arte, il primo al mondo, unico ed inedito, con categorie di partecipazione e, all’inizio, tematiche dedicate. Le quattro edizioni prebelliche furono momenti celebrativi di soggetti legati alla tradizione del lavoro e alla funzionalità del prodotto, in linea con quelle che erano le direttive retoriche fasciste, disattese però dall’assegnazione dei principali premi ad opere uniche, scultoree, senza “finalità d’uso”. Ballardini che ebbe da sempre uno sguardo lungimirante sul Museo e sul sistema Faenza, auspicava già dal 1948 un confronto internazionale e propose ai governanti italiani un progetto di immenso valore per le relazioni sopranazionali, proposta che avrà seguito solo nel 1963 con la prima edizione internazionale, a dieci anni dalla sua scomparsa.

Paolo Polloniato, Pieniarendere, 2018, terraglia, tavolo da colaggio, dimensioni variabili

Quali sono le caratteristiche salienti di questa edizione che, proprio in ragione dell’importante traguardo, è stata formulata ad invito?
Con i curatori abbiamo voluto analizzare la scena contemporanea ceramica ponendoci delle domande e, insieme, cercando di trovare risposte coerenti e funzionali oggi a questo linguaggio millenario che sta trovando una nuova dimensione artistica e progettuale. Dove sta andando oggi la scultura ceramica? Quali prospettive possiamo pensare per il suo futuro? Quali sono i protagonisti che hanno fornito una poetica nuova, contemporanea, attuale tra maestri e giovani talenti, escludendo gli artisti già “premi Faenza”?

Come è stato individuato, e con quali criteri, il board dei 17 curatori del 60° Premio Faenza? Gli stessi curatori come hanno scelto i 53 artisti di fama internazionale i cui lavori saranno esposti al MIC di Faenza dal 30 giugno?
I curatori sono stati scelti tra operatori, artisti, direttori di musei che hanno esperienza della ceramica e dell’arte contemporanea. Hanno provenienze diverse, a ciascuno di loro è stata data una “area” geografica su cui lavorare con l’obbiettivo di individuare Maestri e Talenti oggi in grado di fornire una prospettiva “contemporanea” al linguaggio ceramico. I curatori sono presto detti: Sandra Benadretti, Luca Bochicchio, Irene Biolchini, Claudia Casali, Monika Gass, Wendy Geers, Grant Gibson, Tomo Hirai, Jacques Kaufmann, Torbjorn Kvasbo, Alessandra Laitempergher, Elaine Henry, Jelena Popovic, Urmas Puhkam, Vittorio Amedeo Sacco, Nathalie Shu-ling Chiang, Marco Tonelli.

Neil Brownsword, Factory, 2017, bone China, film in loop, detriti industriali – ph. Joel Chester Fildes

Ceramics Now. I grandi artisti della ceramica contemporanea internazionale. Ti chiedo di fare un piccolo bilancio della manifestazione e dei traguardi raggiunti dalla ceramica contemporanea nel contesto nazionale ed internazionale…
Mi occupo di ceramica da quando vivo a Faenza, ovvero da quasi vent’anni ma la mia formazione è di storica dell’arte e critica contemporanea. Ho molto sofferto in passato nel leggere certe posizioni critiche vetuste e anacronistiche vive fino a quindici anni fa e supportate da personaggi che dettavano le regole del sistema artistico contemporaneo. Ho cercato al MIC di Faenza di impostare un progetto culturale differente, nuovo, contemporaneo. Già con la mostra La ceramica che cambia si era voluto valorizzare i protagonisti del cambiamento della scultura dal secondo dopoguerra al XX secolo. E anche questa fu una scelta tanto coraggiosa quanto discussa. Negli ultimi dieci anni, con un nuovo gruppo di giovani storici dell’arte, di gallerie e di operatori del settore (un ringraziamento va, in questo senso, alle tante riviste come Espoarte che negli anni hanno sostenuto una linea critica favorevole a questo cambiamento di prospettiva) abbiamo lavorato per favorire la diffusione della ceramica nel sistema contemporaneo e siamo riusciti finalmente a cambiare la prospettiva dell’approccio critico al linguaggio ceramico. Abbiamo fatto scelte difficili, molto attaccate e molto discusse, siamo stati molto impopolari e le polemiche al nostro operare erano la regola. Il nostro agire, scrivere, selezionare aveva l’obbiettivo di superare gli sterili confini di territori disciplinari, abbattendo generi e favorendo compenetrazioni artistiche, seguendo una tendenza critica oggi quanto mai attuale (Manifesta ne è un esempio). La visione oggi dell’opera in ceramica è completamente differente dai canoni legati esclusivamente al dato tecnico, molto in auge fino agli anni ’80 del secolo scorso e portata avanti da politiche culturali concettualmente pericolose di direttori museali e curatori, oggi totalmente inadeguate. Stiamo parlando di una nuova estetica, di una differente poetica che gioca e interagisce con i linguaggi della contemporaneità. È indubbio che la tecnica nella ceramica abbia un ruolo chiave ma non è assoluto elemento nella lettura dell’opera in sé. Con la sua esperienza e il suo fare un bravo ceramista è di fondamentale supporto spesso alla realizzazione dell’artista, anche in termini di confronto meramente tecnico. Ma i due campi di competenza e d’azione sono e devono rimanere totalmente separati e senza illusioni di scambio. Pottery e design non sono né scultura né installazione, né arte contemporanea; sono prodotti della contemporaneità con obbiettivi opposti dalla dimensione scultorea di cui oggi con la mostra Ceramics now! si intende parlare.

Mia E Göransson, Next to nature, 2016, porcellana, terracotta, mensola in metallo, cm 51x42x19

*Intervista tratta da Espoarte #102.

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