FONDAZIONE DINO ZOLI | FORLÌ | FINO AL 20 LUGLIO 2024
Intervista a SILVIA CAMPORESI di Miriam Di Francesco
L’azienda Dino Zoli Textile e la Fondazione Dino Zoli fanno del tessuto non soltanto il materiale d’elezione dell’impresa, ma intorno ad esso cuciono abilmente l’arte e la ricerca tecnologica nel ricordo del dramma dell’alluvione che ha coinvolto la città di Forlì il 16 maggio 2023.
A un anno dalla tragedia, la memoria di quei giorni è affidata alla fotografa Silvia Camporesi che ha vissuto e documentato l’alluvione con due mostre in contemporanea nella città di Forlì: nella Fondazione Dino Zoli, con Fragile Sublime a cura di Nadia Stefanel; la seconda, presso la Sala del Monte di Pietà, con Romagna sfigurata.
Fragile Sublime raccoglie dodici fotografie, tutte scattate il 18 maggio 2023, che raccontano il parco “Franco Agosto” e, successivamente, stampate su tessuto dall’azienda. Durante la visita della mostra, l’artista mi ha illustrato la sua pratica che intreccia fotografia e vita, ricerca e imprevedibilità combinate al lavoro di squadra con la curatrice, l’azienda e la Fondazione. Il profumo del tessuto e le sue caratteristiche tattili contribuiscono a far riaffiorare il ricordo di chi ha vissuto quei momenti ed empatizzare tra le pieghe del dolore anche per chi non era in città in quei giorni.
Ne abbiamo parlato con Silvia Camporesi sul filo delle emozioni contrastanti che oscillano tra fragilità e sublime, come indicato nel titolo della mostra.
Partiamo dal principio, come nasce Fragile sublime e la collaborazione con la curatrice?
È partito tutto da una richiesta di Nadia Stefanel di voler fare una mostra insieme, visto che non avevamo mai collaborato, sul tema dell’alluvione. Era in programma già un’altra mostra a Forlì, poi abbiamo deciso di creare un percorso con due mostre in luoghi diversi che parlassero dello stesso tema. Ho deciso di esporre una serie di fotografie inedite scattate nel parco urbano di Forlì, all’indomani dell’alluvione.
La genesi di questa mostra entra nel vivo della tua quotidianità e della tua storia personale. Come hai vissuto quei giorni drammatici e come ti sei ritrovata a fotografare proprio il parco?
Il sottotitolo di questa mostra potrebbe essere “I miei 45 minuti di totale follia”. L’alluvione c’è stata il 16 maggio e solo il 18 siamo potuti uscire. Con le mie figlie siamo andate a vedere la zona dietro al museo, vicino al parco e quando ho compreso la situazione del parco le ho riportate a casa e ci sono tornata da sola.
Il fiume adiacente al parco era esondato il giorno dell’alluvione e l’acqua era alta almeno 3 metri, il giorno dopo era decisamente più bassa. In quel momento non c’era nessun controllo, tutti erano impegnati nelle operazioni di primo soccorso, quindi sono andata sola.
Quali sono state le prime sensazioni mentre ti addentravi nel parco?
È stata un’esperienza mistica. Parlavo da sola, ero fuori di me. Non credevo ai miei occhi, ripetevo: “ma non è vero!”. Sono anni che vado al parco con le bambine, lo conosco a memoria e, di colpo, non mi sembrava possibile quello che stavo vedendo. Era pieno di conigli morti, un frigorifero del bar galleggiava, il chiosco dei gelati era alla deriva, mentre io ero con lo zaino e una macchina fotografica pesantissima. Però, con le dovute differenze, avevo quella smania che si dice abbiano i fotoreporter quando vanno in guerra. Non ho mai provato quelle sensazioni per nient’altro. Nel mio lavoro governo le tempistiche, qui invece ero in una situazione del tutto imprevedibile.
Cos’è che più ha catturato la tua attenzione da fotografa?
La cosa interessante è che osservando gli scatti, se tu non conosci il parco (eccetto per alcune foto), potrebbe sembrare tranquillamente un laghetto. In realtà, tutto quello che vedi sono strade o prati. Solo in alcune foto si vede che non è un lago. Anche chi non sa nulla della storia del parco a un certo punto vede delle cose strane: comincia a vedere giochi per bambini, panchine, attrezzi, tutti semisommersi, e capisce l’eccezionalità dell’evento.
Cosa ha ispirato la scelta del titolo, Fragile Sublime?
Nel corso del tempo la parola “sublime” ha preso un’accezione diversa rispetto alla sua origine. Sublime, in pittura e nell’arte, è un concetto utilizzato per la prima volta da Nicolas Boileau-Despréaux e si riferisce alla potenza estrema della natura nel rapporto con l’uomo. Così inteso, il sublime è la bellezza quasi insostenibile di una natura dirompente che non ha limiti e, secondo me, il paesaggio immortalato in questa mostra lo incarna in pieno. Era bellissimo quello che vedevo, il massimo della perfezione per la luce, le linee orizzontali dell’acqua e le linee verticali degli alberi… Al tempo stesso, ero dentro una tragedia, un dramma collettivo e per questo provavo una forma di imbarazzo a trovare comunque la bellezza. Il fatto di esporre a distanza di un anno, quando si è allontanato il sentimento di dolore, ci permette di godere appieno di queste immagini.
Hai sentito il peso delle critiche o dei fraintendimenti per questo lavoro sull’alluvione quando si era nel vivo di una crisi emergenziale?
Non è stato facile. Mentre l’alluvione l’hanno fotografata tutti, queste foto non le ha fatte nessuno. Ti rendi conto che mentre c’è un’emergenza in cui gli altri aiutano, tu sei lì a fotografare. Con il passare del tempo ho avuto un riscontro, perché una persona che avevo fotografato e mi aveva criticato, mi ha poi mandato un messaggio di ringraziamento dicendomi quanto il mio lavoro fosse stato importante. Non ho svolto un lavoro da fotoreporter ma da artista, basato sulla mia volontà e non su una richiesta di qualche giornale, pertanto non è stato semplice.
Di scelte coraggiose ce ne sono state anche in fase di post produzione e di stampa su tessuto. Cosa è accaduto in quest’ultima fase?
Sempre parlando con Nadia, ci siamo chieste come stampare le foto. Nadia mi ha suggerito di provare con una macchina da stampa su tessuti che viene utilizzata dalla Dino Zoli Textile con una risoluzione fino a 700 dpi. Abbiamo fatto tante prove… Ricordo che la prima prova non mi era piaciuta. Nadia ha però insistito sul provare un altro tessuto, cangiante, diverso dai precedenti, e quando ho fatto le prime prove ho pensato fosse bellissimo. Le stampe sono montate su pannelli fonoassorbenti e le cornici sono sempre state realizzate dall’azienda.
Abbiamo quindi implementato un sistema di stampa e montaggio davvero unico, soprattutto la resa dell’acqua è incredibile.
Quali sono stati i limiti di una stampa su tessuto?
Normalmente, quando vado a stampare presiedo il laboratorio finché non ottengo la stampa che voglio. Sto lì e facciamo un certo numero di provini in cui puoi modificare continuamente e avere le prove in tempo reale. Qui, invece, il problema è che si stampa su carta e poi si trasferisce la carta su tela e i tempi sono molto più lunghi, il controllo sull’immagine pertanto non può essere totale o paragonabile a quello che ho in laboratorio.
Ti senti comunque soddisfatta del risultato?
Sì, direi che questa mostra sia stata un ottimo esperimento e un ottimo risultato, nonostante i limiti.
Silvia Camporesi
Fragile Sublime
A cura di Nadia Stefanel
Promossa e prodotta da: Fondazione Dino Zoli e Dino Zoli Textile
17 maggio – 20 luglio 2024
Fondazione Dino Zoli
Viale Bologna 288, Forlì
Orari: da martedì a giovedì 9.30-12.30, venerdì, sabato e domenica 9.30-12.30e 16.30-19.30, chiuso lunedì e festivi. Ingresso libero.
Info: tel. +39 0543 75577001
info@fondazionedinozoli.com
www.fondazionedinozoli.com