MONZA | Maurizio Caldirola Arte Contemporanea | 28 novembre 2019 – 24 gennaio 2020
Intervista a VINCENZO MARSIGLIA di Pietro Bazzoli
È senza dubbio un’esperienza. Immersiva, ammaliante nella sua complessità, fatta di giochi di luce che corrono lungo filamenti all’apparenza infiniti, capaci di sfondare le barriere percettive dello spazio. Per giungere dove, non si può sapere.
Forse sta all’osservatore scoprirlo, alla sua sensibilità e alla sua voglia di percorrere il filo che lo include in un tutt’uno con l’installazione stessa, perché se il fil rouge è intrinseco nel titolo (Wrap, “avvolgere” in italiano) ciò non comporta che il suo dipanarsi e riavvolgersi non trasmetta significati sottesi.
Ecco, allora, che la trama ri-acquisisce forma, sostanza, ricchezza di prospettive e trasformazioni: un filo (infiniti fili) si tende e segmenta, si incrocia a se stesso e agli altri, per creare una forma definita e definibile.
Vincenzo Marsiglia (1972) si fa maestro del colore nel buio, in una missione quasi “messianica”, che ripercorre l’espressione propria di San Giovanni della Croce, che muto si trova d’innanzi a un mistero ineffabile. Tale mistero, nell’opera di Marsiglia, è quello proprio dell’arte, intrinseco in un connubio di espressioni vere solo nell’esperienza che le circonda. Il suo segno, la stella a quattro punte, si rivela in maniera quasi profetica, in un misticismo in grado di racchiudere l’essenza della maniera artistica di vivere il mondo.
Un mondo generato nella sua alterità, nell’essere veicolo dell’inusuale, del fantastico, del pensiero profondo e personale. Una nuova dimensione, che conserva un tratto familiare, dove non esistono oggetti bensì soltanto interazioni.
Un tratto che squarcia la profondità in una palese manifestazione.
Il lavoro di Marsiglia – che usa diversi media, talvolta distanti dall’installazione immersiva – è, però, pur sempre figlio di un riconoscibile intento di rappresentare il proprio essere per mezzo di ciò che si è: l’opera, dunque, a prescindere dal materiale, è essenza della materia.
Abbiamo incontrato l’artista dopo l’inaugurazione della sua ultima personale alla galleria Maurizio Caldirola Arte Contemporanea di Monza:
Il tuo è un segno che non conosce confini: dalla scultura alla light art, da spazi chiusi a spazi potenzialmente infiniti. Si ripete e lo si ritrova in una forte continuità. Come si è evoluto nel tempo il tuo approccio all’opera?
Il mio approccio nel tempo è rimasto invariato, infatti, ogni mia evoluzione passa attraverso un progetto sia grafico che di pensiero e questo metodo non è mai cambiato.
Qual è la poetica che sorregge le tue opere e qual è stata la tua ricerca per giungere sino a questo risultato così esteticamente e concettualmente equilibrato?
Quello che possiamo vedere nel mio lavoro dell’ultimo periodo è il risultato di anni di studio introspettivo della mia visione dell’opera sempre legata al mio segno (la stella a quattro punte). È il desiderio di ridurre sempre al minimo ogni forma di espressione.
Le tue opere sono fatte di ardesia, pietra, marmo, luce: pare che il materiale non sia un ostacolo per te. Quale di questi, però, rappresenta al meglio Vincenzo Marsiglia?
Possiamo dire che tutti i miei passaggi mi rappresentano, però, ultimamente, vedo nell’installazione ambientale il mezzo espressivo che meglio mi rappresenta, attraverso qualsiasi materiale che io possa scegliere.
Come è nato il progetto per la Maurizio Caldirola Arte Contemporanea? Quali le difficoltà e le soddisfazioni di questa collaborazione?
Il progetto con la Maurizio Caldirola Arte Contemporanea è nato mesi fa, quando Maurizio mi chiese di lavorare su un progetto non classico, ma installativo. All’inizio pensavo a una visione parziale della galleria, invece, alla fine ho scelto di coinvolgere tutto l’ambiente. Questa scelta, devo dire sinceramente, mi ha dato una visione nuova dell’approccio tanto con lo spazio, quanto con la materia.
Gli interventi che ti coinvolgono sono molti: quali sono le aspettative di un artista che si pone in un’ottica tanto aperta, con opere fruibili da un grande pubblico e che spaziano oltre le “quattro mura” della galleria?
Quando si lavora nel mio modo hai solo un’aspettativa che è quella di creare un’opera equilibrata sia formalmente che concettualmente.
Quali i tuoi prossimi progetti?
Posso annunciarne uno, che proprio in questi giorni è stato confermato, sarò presente nel mese di maggio con un progetto personale presso il Forte di Fortezza a cura di Esther Erlacher e in collaborazione con Boesso Art Gallery in occasione del progetto Water Light Festival Bressanone. A data ancora da definire è la personale presso Traffic Gallery di Bergamo.
Wrap, in italiano, significa “avvolgere”. Come si connette questo concetto alle tue opere, e all’arte contemporanea in generale, e quale credi sia la risposta del pubblico in merito?
Quando ho iniziato a progettare l’idea di Wrap ho immediatamente associato una serie di lavori analoghi per concetto di titolo e di materiale: l’essere avvolti dall’opera è un’esperienza sensoriale e visiva, questi due elementi fanno parte del nostro vivere l’arte contemporanea e l’opera Wrap rappresenta il vivere un’esperienza di cambio prospettico-architettonico.
Vincenzo Marsiglia. Wrap
28 novembre 2019 – 24 gennaio 2020
Maurizio Caldirola Arte Contemporanea
via Alessandro Volta 26, Monza
Info: +39 039 2623372
info@mauriziocaldirola.com
www.mauriziocaldirola.com