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TORINO | CAMERA – CENTRO ITALIANO PER LA FOTOGRAFIA | FINO AL 2 FEBBRAIO 2025
BOLOGNA | PALAZZO PALLAVICINI | FINO AL 16 FEBBRAIO 2025

di LUIGI ABBATE

Da anni il nome di Tina Modotti è presente in mostre che attraversano il nostro Paese. Una delle più recenti, per esempio, al Mudec di Milano, lo scorso 2021.
Ben due in questo momento: a Bologna, Palazzo Pallavicini, fino al 16 febbraio, a cura di Francesca Bogliolo. A Torino, a cura di Riccardo Costantini, la riproposta a Camera – Centro Italiano per la Fotografia, fino al 2 febbraio, della mostra, lo scorso anno, di Rovigo, Palazzo Roverella, promossa da Fondazione Cariparo con Cinemazero. Ciononostante, non si può dire che la vicenda umana di Tina, e ancor più, la sua produzione fotografica, siano definitivamente entrate nella memoria collettiva.

Anonimo, Tina Modotti a Hollywood, 1920-1921. Archivi Cinemazero – Pordenone

“Fascino dell’esistenza”. Tutto o quasi ha qualcosa di straordinario nella vita di Modotti, e la straordinarietà sta nell’aver abbracciato in un sol gesto gli ambiti più distanti della vita, nella quotidianità come nello scorrere d’un tempo, quello tragico, del Novecento. Nata a Udine nel 1896, ha due anni quando la famiglia emigra in Austria per poi rientrare in Friuli, dove stavolta è Tina, lavorando a soli dodici anni presso un opificio tessile, a mantenere la famiglia, ma al tempo stesso apprendendo dallo zio Pietro i rudimenti della fotografia. Diciassettenne, riparte per San Francisco raggiungendo padre e sorella, viene notata e invitata a recitare davanti alla macchina da presa, dunque si sposta ad Hollywood, dove all’inizio degli anni Venti si afferma come attrice in alcuni film, dei quali ad oggi ne resta solo uno, The tiger’s coat. Non si riconosce nel cliché dell’italiana maliarda, e allora la vita si sposta dalla California al Messico, dove la sua viva intelligenza s’incrocia presto con lo spirito indomito della Revolución e dei suoi protagonisti, Diego Rivera e Frida Kahlo, Guerrero e Siqueiros, ma anche il lezzo della prima di quelle dittature del secolo breve che Tina conoscerà bene. E poi ci sono gli uomini, lei, donna bellissima, di sublime melanconia. Anzitutto Robo, con cui si sposa a Los Angeles, e che si spingerà con lei in Messico. Lui lì morirà dopo averle presentato il fotografo Edward Weston, con cui apprende l’arte del fotografare, e sarà un sodalizio lungo e proficuo per entrambi. Quindi l’amore più bello, breve e tragico con il rivoluzionario cubano Julio Antonio Mella, che gli morirà, ammazzato, fra le braccia. L’ultimo, forse un amore, forse solo un “contratto politico”, con Vittorio Vidali, nel peregrinare per il mondo prima dell’ultimo ritorno in Messico. Ci sono i luoghi: oltre agli States e il Messico le capitali europee, Parigi, Berlino, la Spagna della guerra civile, Mosca. E Tehuantepec, nello stato di Oaxaca, dove vive un breve momento di serenità dopo l’assassinio di Mella, e dove in splendide immagini riesce a raccontarci il fascino del matriarcato di quell’antica etnia zapoteca.

Tina Modotti, Donna di Tehuantepec, Messico, 1929. Archivi Cinemazero – Pordenone

Ancora, fra i temi, prediletto quello del lavoro, i gesti, i simboli, le mani. Il lavoro dei contadini e il loro riscatto attraverso la lettura de “El machete”, periodico redatto dai muralisti Siqueiros e Guerrero, dove lei stessa publica le sue foto. L’impegno politico trova nella Donna con bandiera una delle opere più note, manifesto della sua “vocazione” in quest’ambito. Equilibrio classico della figura, la bandiera come emblema della rivoluzione.

Tina Modotti, Donna con bandiera, Messico, 1928. Archivi Cinemazero – Pordenone

Si parla qui di alcuni fra i tanti aspetti dell’arte di Tina Modotti, che accoglie motivi sin agli antipodi fra loro. Prospettiva con fili elettrici, Messico è l’immagine che più delle altre sintetizza il momento “astrattista”. Non doveroso omaggio ad un’estetica allora dominante ma, ancora una volta, frutto di una necessità interiore che travalica la riflessione linguistica per porsi come uno dei suoi momenti espressivi. Altre, significative e bellissime, son le opere di questo filone presenti nelle due mostre in corso.

Tina Modotti, Fili del telefono [anche Fili del telegrafo o Pali con fili], Messico, 1924 circa. Archivi Cinemazero – Pordenone

Entrando in confidenza con l’opera di Tina Modotti viene in mente il grande poeta russo Josif Brodskij, secondo il quale “l’etica è figlia dell’estetica”. L’impegno politico, che in Tina avrà il sopravvento, imponendole persino la rinuncia al produrre, è come la degna conseguenza del suo lavoro d’artista, tanto che quella stessa rinuncia, sostituita dal forte impegno nella guerra civile spagnola, nelle missioni per Soccorso Rosso fino alla tragica morte nel gennaio del 1942, suonano naturale conseguenza di quel pregresso estetico. Aspetti, fra gli altri, che ben si colgono nelle due mostre. Le peculiarità di ciascuna si scoprono anzitutto nel rapporto con gli spazi che le opere accolgono. Premesso che se un centinaio sono quelle presenti a Bologna, e ben il triplo quelle di Torino, il fascino dell’impianto espositivo di Palazzo Pallavicini sta nel far convivere la fotografia di e su Modotti con la monumentalità di uno degli edifici storici più sontuosi di Bologna, celebre per aver ospitato l’esibizione di un quattordicenne Mozart. I pannelli che associano altrettanti colori alle tematiche delle sei sezioni paiono sedimentare alla base delle barocche volumetrie un racconto che unisce intimismo e formidabile energia. Ne deriva una sorta di straniamento che si produce fra la visione diretta e il senso di vuoto che si prova allo staccarsi dalle immagini e alzare gli occhi verso gli alti soffitti.

Tina Modotti, installation view Palazzo Pallavicini, Bologna. Sezione Biografia

A Torino il focus, anzitutto nelle intenzioni del curatore Riccardo Costantini, è sulle molte opere disposte negli spazi più raccolti di Camera. L’impressione è di un certo horror vacui, ma qui le immagini di Modotti parlano per lei, ci raccontano il legame indissolubile fra la vita di una donna speciale e un’epopea tanto complessa e drammatica.

Fra le altre peculiarità: a Bologna si può assistere alla visione integrale del Tiger’s Coat; a Torino, ricco il catalogo di Dario Cimorelli Editore e interessante la raccolta di materiali, anche inediti, che ricostruiscono la prima e unica esposizione che Tina Modotti realizzò nel 1929.

Tina Modotti
a cura di Francesca Bogliolo

26 settembre 2024 – 16 febbraio 2025

Palazzo Pallavicini 
Via San Felice 24, Bologna

Info: +39 3313471504
info@palazzopallavicini.com 

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Tina Modotti. L’opera
a cura di Riccardo Costantini

16 ottobre 2024 – 2 febbraio 2025

Via delle Rosine 18, Torino

Info: +39.011.0881150
camera@camera.to
camera.to

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