ISEO (BS) | Fondazione l’Arsenale | 16 aprile – 20 giugno 2021
Intervista a ILARIA BIGNOTTI e ANASTASIA ROUCHOTA di Matteo Galbiati
La Fondazione l’Arsenale di Iseo (BS) ha recentemente riavviato le sue attività culturali presentando al pubblico una mostra significativa ed elaborata, raffinata nei contenuti e attentamente studiata nella selezione di opere, interamente dedicata ad Antonio Scaccabarozzi (1936-2008). In tre sale, che si distinguono per un approccio sempre diverso nei contenuti riferiti alla materia, al colore e all’impressione e pathos che generano, sono stati individuati, all’interno della variegata produzione dell’artista, lavori che ne illustrassero la particolare relazione con l’acqua: la propensione a riferirsi a questo elemento, oltre che a generare un rimando alla stessa Fondazione e al contesto paesaggistico e naturale in cui si inserisce – quello superlativo del lago di Iseo – riporta l’astrazione concisa e rigorosa di Scaccabarozzi ad una dimensione naturale, viva e strettamente connessa al reale.
Quello di Acquorea non è, quindi, un tema pretestuoso o forzato, anzi, questa lettura trasferisce la sua concentrata e analitica visione pittorica con l’elemento vitale per eccellenza – l’acqua – tanto da rendere sensibilmente attive le sue opere che, caratterizzate da un rigore e una ragione estrema, nel poco sembrano fissare il tutto, ma che in realtà sanno sempre aprirsi al mistero e alla irrefrenabile contaminazione con la vita. Per parlare di questa mostra ci siamo rivolti a una doppia voce, quella di Anastasia Rouchota, moglie dell’artista e direttrice dell’Archivio Antonio Scaccabarozzi, e quella di Ilaria Bignotti, curatrice della mostra:
Come ha accolto l’Archivio il progetto di Acquorea rispetto la valorizzazione e l’analisi della ricerca di Antonio Scaccabarozzi?
Anastasia Rouchota: Il progetto Acquorea ci è stato suggerito dal luogo stesso: la vicinanza con l’acqua del lago che ai nostri occhi è sembrata immediatamente una Quantità blu su polietilene di Scaccabarozzi e questa visione, iniziale, fortissima, ci ha accompagnato durante la selezione delle opere e ci ha imposto il flusso, la dinamicità, la sottile increspatura delle superfici, il dolce abbandono alla profondità.
Abbiamo giocato coi riflessi e con le forme mutevoli, difficilmente definibili e abbiamo assecondato gli elementi architettonici dell’Arsenale, cercando di non nascondere, ma di abbracciare il luogo che ospita la mostra.
Quali stimoli dà un progetto come questo? Rispetto al luogo dell’esposizione, delle personalità coinvolte nella progettualità, nelle riletture possibili dell’opera dell’artista, delle dinamiche che emergono…
AR: Flusso, equilibrio statico, ma nello stesso momento dinamico, energia nella quiete e forme che vengono controllate dall’artista, ma non impedite nello sviluppo di risultati inaspettati, sono le costanti del lavoro di Scaccabarozzi. Siamo da subito stati consapevoli che questo preciso luogo espositivo ci dava una fantastica opportunità di far emergere l’amore e l’attenzione di Scaccabarozzi per l’acqua e le sue caratteristiche. La nuova chiave di lettura delle opere è il profondo e vero rispetto che l’artista portava alla natura e alle sue manifestazioni. A ciò univa sempre significati umanistici profondi e riusciva a vivere e a esprimersi come parte di un creato dove ogni cosa è importante, ogni elemento è necessario, ogni pensiero manifesta e celebra la vita.
La situazione attuale come ha condizionato le scelte del vostro progetto?
AR: L’Archivio ha lavorato senza interruzione durante la pandemia, utilizzando abilmente la tecnologia con spirito di adattamento alle nuove esigenze imposte. I nostri progetti sono flessibili e adattabili. L’unico punto fermo è far emergere la poesia dell’artista e, nei limiti del possibile, farla arrivare allo spettatore, in un dialogo che a volte riesce a essere scambio profondo.
Come avete costruito questo percorso espositivo all’interno degli spazi della Fondazione? Quale attenta selezione di opere è stata fatta e perché avete voluto un allestimento, come avete sottolineato, “aperto a tutti”?
Ilaria Bignotti: Innanzitutto abbiamo privilegiato le opere dove la sperimentazione con l’acqua fosse centrale, sia nella direzione di una ricerca di “reazione” tra supporto e liquido, sia come evocazione visuale e cromatica. Da queste prime tracce selettive, abbiamo individuato opere afferenti ai cicli tipologici delle Iniezioni e delle Immersioni: i primi formati prevalentemente da tele grezze non preparate dove l’artista inietta con siringhe il colore diluito, verificando il rapporto e la risposta tra quantità di colore e capacità di imbibizione della tela stessa; le Immersioni sono tele che vengono letteralmente immerse in colore per verificare quanto questo “salga” lungo la trama, evocando distese acquoree più o meno estese. Sono opere rigorose eppure aperte all’alea, di una poesia delicata ed etera. Queste son state esposte nel lungo spazio longitudinale in entrata, come delle vele che accolgono il navigante; il viaggio prosegue nella saletta con volta ribassata, e qui, essendo l’ambiente intimo e scuro, abbiamo deciso di passare dal prevalente azzurro della prima area ai colori: le opere della tipologia Acquerello e Acquerello sono bottiglie riempite di colori cui corrispondono superfici di Quantità libere dipinte; vi è un’altra bellissima Iniezione colorata, altre Quantità libere dove l’artista, appunto, libera il colore lasciando che questo occupi lo spazio; e una linea lunga, tirata con l’azzurro, a verificare il rapporto tra densità e rarefazione del gesto. Un problema, tutto, di acqua, diluizione, durata, resistenza, relazione. Spicca un cameo: una Quantità gialla su vetro: l’abbiamo messa in dialogo con la luce che filtra da una finestra. Un sole pallido che scalda l’azzurro. Nell’ultima sala, è la grande sperimentazione sui fogli di polietilene trasparente: il blu delle Quantità libere che si dipanano sulle lunghe pareti è uno stendardo di mare profondo; e vi sono anche un Polietilene sagomato e un Essenziale: qui l’acqua pare fangosa, addensatissima, bluastra. Gli Essenziali, lo dice la parola stessa, sono puro colore che si attacca alla parete.
Che ruolo ha l’acqua nella produzione di Scaccabarozzi, anche in riferimento al rapporto stretto, simbiotico, tra Arte e Natura?
IB: È un tema centrale: innanzitutto perché l’artista, e lo ricorda bene Anastasia Rouchota in una biografia dedicata dal titolo Emozione e Metodo, guardava continuamente alle possibili variazioni cromatiche e formali della natura; e poi perché è stato tra i primi ad usare i materiali plastici, come il polietilene, per non buttarli ma trasformarli in opera. Il primo polietilene sul quale egli lavora è datato 1971. Tutta la poetica del Vedere attraverso, tema cruciale dell’artista sul quale scrive un testo teorico molto rigoroso ed al contempo evocativo, è proprio basata su questo in between tra l’astrazione concettuale e la presenza viva e incontrovertibile delle cose del mondo, della materia, della vita. Della natura.
Il professor Francalanci ha dato un’eccellente definizione dell’attività dell’archivio dicendo che deve essere non solo una custodia, ma deve essere germinante nella propositiva rivalutazione dell’artista proiettandone il lavoro nel futuro… So che per te questo è un tema estremamente importante…
IB: Grazie Matteo, è importante evidenziare sempre questo ruolo dell’archivio che non deve essere una prigione della storia, ma un laboratorio aperto e fertile dal quale far germinare idee, progetti, scoperte e anche relazioni. Ogni carta, ogni schizzo, ogni appunto, qualsiasi libro o biglietto da viaggio, se ben schedato e interrogato, presente in un archivio, può diventare scintilla di una trama espositiva, di una collaborazione da ricordare, o anche indizio prezioso di un’opera da cercare ancora, perché forse non è andata dispersa. L’archivio Scaccabarozzi si distingue proprio per voler essere un posto aperto alla ricerca e alle collaborazioni, seguendo sempre standard qualitativi elevati. Moltissimi giovani vi lavorano ogni anno, alcuni sono rimasti anche dopo le tesi universitarie… Ne siamo felici, perché la memoria appartiene e ispira chi deve ancora scrivere la storia.
Antonio Scaccabarozzi. Acquorea
mostra dell’Archivio Antonio Scaccabarozzi
a cura di Ilaria Bignotti
in collaborazione con Camilla Remondina
con il supporto della Galleria Clivio Arte Moderna e Contemporanea, Milano-Parma
con il Patrocinio del Comune di Iseo
con il supporto di Franciacorta, Poliedro Studio, Le Giraffe Noleggi
16 aprile – 20 giugno 2021
Fondazione l’Arsenale
Vicolo Malinconia 2, Iseo (BS)
Orari: da giovedì e venerdì 15.00-18.00; sabato e domenica 10.30-12.30 e 15.00-18.00; chiuso da lunedì a mercoledì
Ingresso libero
Info: +39 030 981011
segreteria.arsenaleiseo@gmail.com
www.fondazionearsenale.it
www.archivioantonioscaccabarozzi.it