MILANO | Galleria Il Milione | Fino al 17 dicembre 2016
di KEVIN McMANUS
La Galleria Il Milione, sempre più degna erede dello spazio che, a metà Anni Trenta, cambiò radicalmente la storia dell’arte italiana, prosegue lungo la stimolante linea di ricerca sulla pittura come manifestazione primaria del colore.
È Matteo Galbiati a curare questa tripla personale di Renate Balda, Sonia Costantini e Inge Dick, tre artiste unite da una ricerca sul colore che trova le sue radici nelle tendenze di carattere analitico degli Anni Settanta, sviluppate tuttavia in direzioni originali e stimolanti.
Osservando i lavori esposti, collegati, oltre che dall’evidente comunanza di intenti fra le autrici, da sapienti accostamenti e rimandi reciproci, sorgono almeno due riflessioni, entrambe di notevole portata; innanzitutto, a dispetto dell’impressione superficiale dell’osservatore distratto (ma anche, ahinoi, di molti artisti e critici attuali), la ricerca sul cosiddetto “monocromo” – termine rischioso e spesso improprio che adotteremo prendendolo con le pinze – è forse tra i pochi filoni dell’arte di oggi a mantenersi in continua evoluzione. Se ciò è vero, non è solo a causa del presunto elitarismo di questa pratica, dal momento che non mancano, anche all’interno di essa, esempi di ripetitività e di faciloneria; si tratta piuttosto, come le tre artiste del Milione ben dimostrano, di una qualità intrinseca al colore come fenomeno: come la luce del giorno appare in modi sempre diversi a seconda delle infinite variabili ambientali, riflettendosi in molteplici modi su svariate superfici, nascondendosi parzialmente dietro un infinito numero di schermi, espandendosi con tempistiche sempre differenti, così il colore come potenziale luminoso, come langue, si manifesta in modo diverso in ciascuna singola applicazione pratica, nelle parole del quadro. E non si tratta solo delle differenze di tecnica, presenti comunque, come vedremo, nei lavori delle tre artiste, ma proprio di quell’insieme irripetibile di istanti, di avvenimenti e di condizioni materiali che determinano il momento creativo del quadro, ma anche quello esperienziale della sua fruizione da parte dell’osservatore.
La seconda riflessione riguarda la pittura in generale, e mi permetto di inserirvi anche Inge Dick, nonostante la sua tecnica di matrice fotografica porti in teoria ad allargare il discorso. Leggevo in un articolo di giornale, alcuni giorni fa, l’ennesimo accenno alla “morte della pittura”, quasi ad indicare che il medium più vecchio del mondo non sia stato in grado di sopravvivere ai “maltrattamenti” inferti da un secolo abbondante di sperimentazioni d’avanguardia. Ebbene, mi pare di poter dire, e la mostra al Milione mi conforta, che si possa intendere per pittura una serie di cose ben distinte, gravitanti attorno ai due poli del medium visto letteralmente come “tramite” di una comunicazione per immagini (e qui sì, probabilmente, la pittura faticherebbe a tenere il passo di forme espressive più prototipiche del nostro tempo), e del medium inteso invece come esperienza specifica e insostituibile.
Sebbene quest’ultima accezione abbia a sua volta, di per sé, un sapore novecentesco di specialismo modernista, è qui che artisti in grado di cogliere l’aspetto performativo, non formalista, di questa esperienza possono tenere in vita la più tradizionale delle arti.
Il colore, allora, forse il principale tra gli ingredienti-base dell’esperienza visiva del mondo, ha ancora molto, quasi tutto, da dirci, purché tra lui e noi vi siano mani capaci di accarezzarne la pelle delicatissima, e di mostrarci quanta profondità sia possibile ritrovare nella sua superficie.
Ecco allora che gli acrilici di Renate Balda ci mostrano l’aspetto fisico del colore, la sua capacità di saturare il supporto e, successivamente, di ripercorrerlo in modi diversi a seconda delle proprie qualità interne: una pittura che ha l’umiltà di mettersi in ascolto del colore e, al tempo stesso, l’autorevolezza di mostrarcelo nella sua natura più intima.
Con Sonia Costantini, invece, la qualità che emerge in maniera più chiara è la temporalità del rapporto quadro-sguardo: una bidimensionalità che, già dal primo sguardo, non comunica la superficie piatta e fredda scioccamente associata all’idea stereotipa del monocromo, ma piuttosto un ampliamento dello spazio del quadro, un’espansione che si rivela essere anche stratificazione della stesura del colore nelle diverse tecniche dell’acrilico e dell’olio, fenomenologia del suo diventare tutt’uno con la tela, espressione letterale del tempo di manifestazione del piano cromatico.
E un discorso analogo, analitico del senso più profondo del termine, vale per le stampe su alluminio di Inge Dick, campionature del colore-luce non solo nella sua definizione meramente ottica, ma come base per la poesia della superficie, come evento e incontro tra sguardi e spazi di senso.
Allestimento, come dicevamo, di grande impatto, e lungo, stimolante testo del curatore nel catalogo-bollettino della galleria.
Pittura di colore. Renate Balda, Sonia Costantini, Inge Dick
a cura di Matteo Galbiati
27 ottobre – 17 dicembre 2016
Galleria il Milione
Via Maroncelli 7, Milano
Orari: da lunedì a venerdì 10.30-13.00 e 15.30-19.00; sabato su appuntamento
Ingresso libero
Info: +39 02 29063272
info@galleriailmilione.it
www.galleriailmilione.it