PORDENONE | PArCO Galleria d’arte Moderna e Contemporanea | 14 settembre – 17 novembre 2013
di FRANCESCA CAPUTO
Mai nessuna società, quanto la nostra, è stata dominata da messaggi visivi, bersagliata dalla comunicazione dei mezzi di informazione, della tecnologia multimediale, del consumismo pubblicitario, sempre più voraci, capillari. Ne accettiamo acriticamente i messaggi e siamo sempre meno capaci di riconoscere, di metabolizzare il senso.
La ricerca di Gianluigi Colin, con un linguaggio di grande rigore grafico e formale, riflette proprio sul racconto mediato e artefatto del presente. Ribaltandone le prospettive semantiche, affronta la complessità del nostro stare al mondo, fissando nei livelli percettivi e di memoria, il valore fondante dell’esistenza. Temi approfonditi nel progetto in corso alla Galleria d’arte Moderna e Contemporanea di Pordenone.
Le sedimentazioni temporali de I volti del tempo (2013) aprono la scrittura espositiva. Un racconto di immagini, come omaggio alla propria città d’origine, in cui assembla i volti dei cittadini friulani del presente o del passato recente, con quelli estrapolati dalla pittura sacra del Pordenone, in una decantazione delle stratificazioni di identità e memoria.
Il percorso procede con una selezione dei cicli più significativi della produzione di Colin. Alcune opere sono tratte da Presente storico (1997-2011), in cui rielabora, per sovrapposizioni, dissolvenze e fusioni, i grandi dipinti della storia dell’arte con fotografie di reportage. La decostruzione dell’impianto compositivo originario procede mettendo a fuoco, celando o reiterando determinate figure o particolari. Amalgamando la Torre di Babele di Bruegel e le Torri Gemelle in fiamme o il Cristo morto del Mantegna con il corpo senza vita di Che Guevara, emerge una riflessione sul senso del Tempo e della Storia. Così materia giornalistica e artistica, passato e presente, si incontrano in nuove relazioni per restituire, nella riproduzione delle stesse figure di dolore, un messaggio drammaticamente costante ed attuale.
Con Mitografie (2011), pagine di giornale sono accartocciate, fotografate e riprodotte sulla stessa carta usata dai quotidiani. Le diverse sovrapposizioni, oltre a conferire tridimensionalità scultorea, rilevano il prolificare dei miti nella nostra esistenza, attraverso il sistema mediatico che sottilmente lavora al condizionamento della nostra coscienza, del nostro inconscio. Se il vecchio mito di Venere (la bellezza) si rinnova nelle immagini di moda, pubblicità e pornografia; Marte (mito della guerra) rivive nella superficiale cronaca dei conflitti privi di analisi e approfondimento. L’importanza di Mercurio, il dio del denaro, dilaga nella vita quotidiana mentre Saturno ha il volto della contemporaneità nella politica che uccide i propri figli, il proprio popolo, pur di non lasciare il potere.
La sezione antologica preannuncia il cuore pulsante della mostra, che si compone essenzialmente di due grandi installazioni site specific simbolicamente sovrapposte nei due piani della galleria.
Nell’installazione Caos apparente, tremila stampe fotografiche saturano, senza soluzione di continuità, le pareti. Sono immagini di cronaca, accostate casualmente, che mostrano persone, luoghi, avvenimenti. Inizialmente lo sguardo si sofferma su alcuni particolari ma inevitabilmente si perde nel vortice, nella vertigine percettiva di frastuono e spaesamento. Nulla si fissa nella coscienza. Consumiamo e dimentichiamo all’istante. Questo vuoto interpretativo si condensa, per contrasto, nell’unica parete libera, abitata da una pila di immagini di cronaca che mostrano però il verso immacolato, bianco.
Al piano inferiore, giacciono sul pavimento duecentocinquanta blocchi, possenti e fragili, di vecchi giornali, impilati, pressati, pronti per il macero, per il recupero della materia originaria. Sono Relics, reliquie di resti, avanzi della caducità effimera dell’informazione.
Il messaggio si rivela, in tutta la sua potenza, con l’opera che chiude la mostra. La parola Democracy, frantumata, indebolita, ma ancora decifrabile, si staglia su una sedimentazione di pagine di giornale. Un invito a ricomporre il presente superficiale, instabile, contorto e deformato – come i suoi lavori – attraverso le sedimentazioni del pensiero, riaccedendo al ricordo, alla comprensione, a un ruolo attivo di impegno civile. Riconnettendo il valore etico ed estetico dell’arte, apre ad una riflessione altra rispetto alla società che tutto cannibalizza, rivelando quanto le apparenti dissonanze siano ormai strutturali.
Gianluigi Colin. Caos Apparente
a cura di Fulvio Dell’Agnese
14 settembre – 17 novembre 2013
PArCO Galleria d’arte Moderna e Contemporanea di Pordenone “A. Pizzinato”
Viale Dante 33, Pordenone
Orari: martedì-sabato 15.30/19.30
Domenica 10.00/13.00 – 15.30/19.30
Info: +39 0434 523780
info@artemodernapordenone.it
www.artemodernapordenone.it