VENEZIA | Punta della Dogana | Fino al 26 novembre 2023
di MATTEO GALBIATI
Toni eccessivamente entusiastici, spesso, non sono mai appropriati per introdurre una recensione critica ad una mostra, perché il rischio potrebbe essere quello di celebrare, per eccesso, un progetto espositivo che, né più né meno di molti altri, ha solo il merito di aver colpito la nostra attenzione per una corrispondenza con il nostro gusto personale, per affinità tematiche o contenutistiche, motivando così la nostra ammirazione ad essere esito di una lettura parziale.
Crediamo, invece, che la mostra Icônes sia davvero un esempio perfetto di progettualità artistica, un capolavoro espositivo e allestitivo, che è capace di affascinare e suggestionare qualsiasi tipologia di pubblico: questa esposizione è destinata, infatti, a rivolgersi a tutti non solo per la magniloquenza delle opere presenti che di certo colpisce l’immaginazione, ma anche per il tema portante e le infinite declinazioni che si possono desumere e che hanno, tanto nel particolare quanto nel complesso, una coerenza convincente, esplicita, effettiva, rispetto i principi che le hanno mosse e motivate.
La spettacolarità di questa mostra e la puntualità esaustiva delle sezioni in cui è divisa sono evidente esito di un lavoro minuzioso, condotto con cura e attenzione che, lasciando prevalere il principio dell’idea, ha poi trovato una giusta, solenne, puntualissima traduzione pratica in un racconto avvincente e empiricamente coinvolgente.
L’impegno dei curatori – Emma Lavigne, direttrice della Pinault Collection, e Bruno Racine, direttore e amministratore delegato di Palazzo Grassi-Punta della Dogana – è stato quello di attuare una ricognizione minuziosa, davvero certosina, dei capolavori della collezione per individuare quelle opere che, senza tradire l’estetica originaria impressa dall’artista, esaudisse l’intenzione e la volontà della narrazione che hanno voluto predisporre nelle sale di Punta della Dogana a Venezia.
L’idea ha sposato un principio e con la “materia prima” nobilissima costituita dalle opere si è concretizzato un percorso di grande e potente effetto visivo che, alla fine della visita, è destinato a concedersi come memoria. È una realizzazione monumentale che, facendoci ritrovare in quegli spazi veneziani la cui potenzialità ci è già nota – è una delle più stimolanti e affascinanti sedi espositive italiane –, esalta proprio come in un tempio la solennità delle opere scelte. Sono 80 superlativi capolavori che, attentamente selezionati, attraversano la storia, le epoche, i contesti culturali, i linguaggi e, nella lettura incrociata fondata su una impensata reciprocità di appartenenza tematica, innesca il meccanismo organicamente funzionale di inediti rapporti semantici, di nuove dimensioni di senso che rileggono il tutto con una misura giusta e d’effetto carismatico.
La storia dei maestri presenti – che vanno da Lucio Fontana a Philippe Parreno, da Lee Ufan a Robert Ryman, da Dineo Seshee Bopape a Sherrie Levine, da Andrej Tarkovskij a Roman Opałka, solo per fare qualche nome – e le loro opere si valorizzano con un equilibrio quasi ieratico presagendo un significato complessivo che ci sollecita e a noi porta alla luce una, complessa e articolata, riflessione sul significato dell’icona, di ciò che sentiamo come iconico, del senso stesso dell’immagine e del valore e importanza che, ancora oggi, riusciamo ad attribuire e riconoscere in loro o, forse, come questo è irreparabilmente cambiato e mutato.
Sono chiarissimi, quindi, il fine e il tema scelto, non pretestuosi e, per questo, pronti a farsi carico di seguire intelligentemente la narrazione – suddivisa in sezioni tematiche e non certo seguendo un ordine cronologico che qui non avrebbe alcun senso – anche con accostamenti che, sulla carta potrebbero apparire estremamente arditi ed azzardati, ma che qui riescono a trovare un inusitato respiro di senso che trascende il campo d’azione iniziale dell’artista e recepisce un potenziale espressivo che porta ciascuna immagine a definire i contorni nuovi dei suoi contenuti.
Non sveliamo le singole sezioni e non individuiamo intenzionalmente quei capolavori che, su altri, ci hanno in qualche modo colpito, perché la visita – abbiamo ripercorso la mostra più volte – trascende i gusti, oltrepassa le affinità e fa scoprire quanto il significato che ne traiamo acquisisca più valore solo con l’abbattimento di quelle divisioni e attribuzioni cui siamo soliti. Il tessuto significante imbastito dai curatori fa raccontare di continuo i termini dei contenuti della collezione mettendo al centro il potere immaginifico di cui sono capaci questi autori e le loro opere. Tanto più se riorganizzate secondo i principi voluti per questo potente progetto.
A Venezia, storicamente segnata dal rapporto con le icone, tra assenza e presenza, tra il fulgore della luce e il silenzio del buio, si definisce quanto peso ha, o può avere, nella contemporaneità il concetto di icona e lo statuto dell’immagine che le si accompagna. Qui riflettiamo su come questi si rileggono, secondo suggerimenti differenti, fino a ricavare alla fine – qui sta la forza di questa mostra – l’essenza di una consapevolezza, di una coscienza e una conoscenza nuove. Dall’astrazione alla figurazione, secondo tutti i linguaggi, le materie e le tecniche possibili, dai dialoghi inediti alla concezione dell’afflato di differenti spiritualità, il nostro sguardo si rispecchia davvero in ciascuna opera.
In ognuna di queste si trova lo spazio e l’ambiente in cui sentire nel profondo un qualcosa che non è solo attimo di intrattenimento, ma può intuire e riscrivere, in e da queste immagini iconiche, il riflesso di ciò che abbiamo scelto, provato, voluto essere oppure trovare la via da seguire per arrivare a ciò a cui volgiamo o vorremmo somigliare.
Icônes
a cura di Emma Lavigne e Bruno Racine
catalogo Marsilio Editori italiano, francese con saggi di Bice Curiger, Emma Lavigne, Marie-José Mondzain, Bruno Racine, testi di Ada Ackerman, Lucia Aspesi, Alexandra Bordes, Caroline Bourgeois, Fernanda Brenner, Valérie Da Costa, Nicholas Fox Weber, Renaud Gadoury, Jean‑Marie Gallais, Suzanne Hudson, Katell Jaffrès, Kelly Kivland, Emma Lavigne, Marie-José Mondzain, Bruno Racine e Adrian Searle
2 aprile – 26 novembre 2023
Punta della Dogana
Dorsoduro 2, Venezia
Orari: tutti i giorni 10.00-19.00, martedì chiuso; ultimo ingresso ore 18.00
Ingresso intero €15.00; ridotto €12.00; gratuito fino a 20 anni, titolari della Membership Card di Pinault Collection, giornalisti (su presentazione del tesserino stampa in corso di validità), diversamente abili, guide autorizzate (su presentazione del patentino rilasciato dalla provincia di Venezia), due accompagnatori per ogni gruppo scolastico da 15 a 24 persone, tre accompagnatori per ogni gruppo scolastico da 25 a 29 persone, un accompagnatore per ogni gruppo di 15 adulti (fino a 29 persone), disoccupati (su presentazione di un giustificativo), i soci carta ICOM. Ingresso gratuito ogni mercoledì per i residenti della città metropolitana di Venezia, su presentazione della carta d’identità, e per gli studenti dell’Università Ca’ Foscari, dell’Università Iuav, dell’Accademia di Belle Arti, della Venice International University e del Conservatorio Benedetto Marcello su presentazione della tessera dello studente. Prenotazione online: www.ticketlandia.com
Info: +39 041 5231680
www.pinaultcollection.com