GENOVA | PALAZZO DEL PRINCIPE | Fino al 1 novembre 2022
Intervista ad ALICE PADOVANI di Livia Savorelli
In occasione dei suoi 20 anni, il Festival della Scienza di Genova – in corso fino al 1 novembre – propone un ricco palinsesto di eventi accomunati dal far convivere un linguaggio credibile e rigoroso con la sua comprensibilità ed accessibilità.
Ci soffermiamo su una in particolare delle mostre proposte nel ricco programma, che vede come protagonista l’artista Alice Padovani, invitata dalla piattaforma progettuale di AMY D Arte Spazio Milano ad ideare un progetto site-specific per il Palazzo del Principe di Genova. Approfondiamo con lei i contenuti del progetto…
Come nasce Hidden codex, progetto realizzato per il Festival della Scienza? E come hai declinato la tua proposta in funzione del tema di questa edizione, Linguaggi?
Il titolo Hidden codex condensa in sé i tre interventi presentati al festival e suggerisce da subito che le opere portate parlano di linguaggi profondi e spesso celati ad un primo sguardo di superficie.
A partire da alcune ricerche poetiche che avevo già in essere, penso ad Apparato radicale e al progetto Exuvie, ho ideato tre installazioni che potessero avere diversi livelli di lettura, tra cui, forse quello più importante, legato proprio al linguaggio e alla comunicazione.
Il linguaggio in tutti questi casi non è presentato come qualcosa di facile interpretazione, ma si tratta di una comunicazione più sotterranea, talvolta difficile da decriptare proprio per questo suo carattere nascosto.
Per trovare il senso delle cose bisogna andare in profondità: questo è il significato che connette tutte le opere.
Per il Palazzo del Principe di Genova, hai pensato a tre interventi: l’installazione Apparato Radicale nei portici, Aggrapparsi al vento sui muri esterni e Exuvie project all’interno del palazzo. Quali sono i “Codici nascosti” che hai voluto rivelare?
L’installazione Apparato radicale esplora la profondità: osservando le radici di una pianta che non conosciamo, scopriamo quella che potremmo definire la sua anima, la sua parte più vera e vitale, in qualche modo il suo linguaggio più segreto.
L’apparato radicale di una pianta, ossia l’insieme di tutte le sue radici, assolve moltissimi compiti: dall’assorbimento e trasporto di acqua e nutrienti all’accumulo di sostanze di riserva, dall’ancoraggio al terreno alla produzione di ormoni. Le radici svolgono anche il compito di consolidare il suolo, evitando frane e smottamenti e un’importante funzione ecologica: sono infatti una via di collegamento e comunicazione del mondo vegetale, nonché l’ambiente in cui avvengono diversi fenomeni di simbiosi.
Il disegno è realizzato su un materiale Caparol molto particolare, traforato in maniera casuale da replicare idealmente gli spazi vuoti del terreno e permettere al contempo una doppia visione nei due lati dell’opera. Queste migliaia di piccolissimi forellini sembrano un vero e proprio linguaggio in codice da decriptare con l’aiuto delle radici e della luce che ci filtra attraverso.
L’opera Aggrapparsi al vento, composta da due lunghissimi teli in biorete di Arrigoni e di esuvie di cicale ad essi aggrappate, è posta sui muri del Palazzo del Principe. In dialogo con gli elementi atmosferici naturali, l’opera si lascia muovere dal vento in una danza di insetti, trasparenze e ombre.
Questo materiale, creato per sostituire i pesticidi e contro l’invasione degli insetti, può generare un microclima ideale nel rapporto delle piante con l’ambiente esterno dialogando con l’ambiente e gli animali in modo etico e sostenibile. Qui è presentato nella sua forma più poetica, quasi in un ossimoro, in grado di accogliere e proteggere gli insetti stessi dall’azione distruttiva dell’uomo.
Exuvie project, infine, parla dell’impossibilità di ignorare ciò che eravamo prima di “cambiare pelle”. Questo piccolo esercito di Esuvie è un’ode alla metamorfosi. L’eredità del prima la portiamo sulla schiena come fardello o come arma, in ogni caso è sempre con noi.
La cicala lascia la sua prima pelle, il suo involucro ninfale, attaccato al tronco di un albero: lei continua a vivere, a emettere le sue vibrazioni estive e qui resta solo ciò che era. La sua pelle adesso è la guaina del prima, è il passato che si porta dentro i ricordi, gli istinti, i momenti.
Come un linguaggio segreto che abita sotto la nostra pelle, il passato ci accompagna e traduce il nostro reale, ricordando il prima per riscrivere il dopo.
Queste installazioni originano da un importante dialogo con il mondo delle aziende portato avanti dalla piattaforma progettuale di AMY D Arte Spazio Milano, dal nome EconomART? Le opere ideate per il festival sono infatti realizzate grazie al supporto di Arrigoni S.p.a e di CAPAROL S.p.a che hanno fornito un importante contributo fornendo materiali innovativi e, soprattutto, sostenibili… Come è avvenuto il dialogo con il mondo dell’impresa in funzione della scelta dei materiali più funzionali alla tua poetica?
Queste due importanti aziende erano da tempo in connessione stretta con Anna D’Ambrosio, cuore e mente della galleria. La sua conoscenza dei loro prodotti più innovativi e del mio lavoro artistico è stata la chiave del nostro incontro. Anna è riuscita a far convergere in una possibile integrazione questi nuovi materiali con la mia ricerca artistica, permettendo a me di elaborare in grande libertà un progetto poetico originale proprio a partire dalle suggestioni date da questi nuovi materiali.
In un ampio palinsesto come quello del Festival della Scienza, quale è a tuo parere il contributo che l’arte contemporanea può dare?
L’arte contemporanea, come in generale ogni forma di arte, è credo la modalità più perfetta per parlare in modo trasversale alle persone. Di fatto si tratta di un linguaggio universale e in questa particolare edizione, legata proprio al tema dei “linguaggi”, non poteva che essere un elemento di grande richiamo all’interno del festival.