PRIVATE DANCE | OnlyFans | Fino al 23 febbraio 2023
di SILVIO MIGNANO
Perché mai uno decide di iscriversi a OnlyFans? Perché compiere quello che appare a tutti gli effetti un salto nell’ignoto, in un territorio virtuale oscuro – per chi già non vi è dentro – come quelle lande che nelle antiche cartine del mondo erano lasciate vuote o vagamente tratteggiate con disegni fantasiosi o spaventosi: Hic sunt leones. È evidente che se chiedete a chiunque conosca anche un po’ il mondo della rete la risposta sarà un sorrisino complice, un’alzata di spalle infastidita, un sopracciglio alzato in segno di meraviglia: ma sono domande da fare? Può esserci forse un motivo diverso da quello più ovvio, generalmente indicibile, o in certi casi da sottolineare con una complice allusiva sghignazzata tra compagni di trasgressione?
E allora andiamo oltre: che cosa può spingere un gruppo di giovani artisti, raccolti in un collettivo chiamato Omar, ad aprire un profilo su OnlyFans e dargli il titolo di Private Dance? Danza privata, danza esclusiva, un binomio a sua volta vagamente allusivo. Chi avrà diritto di godere di una danza tutta per sé, in quale sorta di privé si entrerà accedendo al profilo, quale ballerina o ballerino si esibirà per noi, e con quali proibite movenze?
Private Dance in realtà altro non è che una mostra d’arte che vede coinvolti tutti gli artisti che animano il collettivo. Iscrivendosi a OnlyFans, abbondandosi a questo segmento, senza pagare nulla, ci si aggira, a partire dalla fine dello scorso anno, in una galleria virtuale, ancora disponibile, addentrandosi in sale immateriali e osservando da vicino, da molto vicino, perfino con la possibilità di zoomare, le creazioni degli artisti. Creazioni digitali, informatiche, difficile definirle, in un contesto, qual è quello dell’arte contemporanea, che di barriere ne ha già abbattute molte, quando si parla di strumenti a disposizione. E allora, perché non anche nel ventre della rete?
Ecco allora Pink Iced Mozart di Sebastian Contreras, che all’inizio qualche dubbio sulla nostra decisione di accedere lo dà, vista l’estrema ambiguità dell’immagine e dei gesti. In apertura una mano accarezza una superficie oblunga, caramellosa, in un gesto onanistico che si scioglie goccia a goccia come contraltare visivo a un chiacchiericcio di sottofondo: un così fan tutte mozartiano, appunto. Più neutrale, astratta, la sfilata di cifre, monogrammi, bit perlacei di Devin Kovach & Robert Flynt (“Duet”), che però danno origine alla fine a figure di nudo maschile, geometriche a loro volta, come solo l’anatomia umana sa essere.
In Unreal Mistakes Flavia Carolina D’Alessandro dà al corrugarsi della carta e al suono che essa produce il compito di segnalarci la natura proteiforme dell’esperienza sensoriale, inganno continuo, com’è l’ingresso nel mondo sotterraneo della rete. Dichiaratamente indagine sui limiti del social network è l’opera di Tamara Marino, Flow(Her), ambigua fin già nel titolo e dall’invito a pagare una mancia (un “tip”) per andare oltre.
Giorgia Mascitti da tempo lavora con la mitologia moderna e contemporanea di supereroi e manga, trasfigurati in altro da sé. Lo fa anche su questa piattaforma con “È un uccello?”, che richiama la classica frase di presentazione di Superman e che qui prelude alla metamorfosi continua di figurine chimericamente antropomorfe. Il più concettuale del gruppo è Matteo Costanzo, la cui (non) opera è la dicitura tipica della rete, ad esempio di Twitter, che blocca un post per aver violato le politiche d’uso accettabili o le linee guida della Community: il tutto nell’inglese d’ordinanza, donde il titolo “Frames of Ideology”.
Apparentemente più simile a un video tradizionale l’opera di Claudia Petraroli, monologo di una figura femminile che accompagna gesti di apparente quotidianità, legati peraltro alle leggi del desiderio in rete. Ambiguo nella sua materialità il frame “Io ho fatto (Pablo)” di Giulia Tarditi, nel quale il lucore vischioso di una sostanza disegna un nome maschile.
Forse proprio nel desiderio risiede perciò il nucleo autentico della mostra on line di questi giovani artisti: allora la scelta della piattaforma non è più solo un ingegnoso strumento di richiamo, ma più profondamente è la sottolineatura delle pulsioni che muovono l’umanità da sempre e dunque perché non anche nella rete. Se il desiderio è tra gli stimoli più potenti dell’arte, l’esperimento di accedere a OnlyFans può forse non rimanere isolato, ma dare vita a future infiorescenze tutte da esplorare.
PRIVATE DANCE – online viewing room di OMAR
Fino al 23 febbraio 2023