ALBISSOLA MARINA (SV) | SIGNORI ARTE | 12 – 26 agosto 2021
di VIVIANA SIVIERO
La galleria Signori Arte di Albissola Marina diretta da Alessandro Signori presenta un nuovo ciclo dedicato agli artisti contemporanei e lo inaugura con il progetto Wanted di Massimo Trogu, da sempre operatore culturale (come egli stesso ama definirsi), professore coltissimo, studioso entusiasta, curioso, serio ed ironico, finissimo e capace ceramista, un artista raro insomma.
La mostra accoglie il visitatore col proprio caos calmo ed immediatamente sembra negare quel principio imprescindibile – sdoganato dal post avanguardia – secondo cui lo spettatore riesce a creare un legame immediato con l’opera, che nulla deve avere a che fare col significato che l’autore ha pensato per l’opera stessa. Si entra, si osserva, si resta inebriati, ubriachi per via delle citazioni visive che subito giungono con chiarezza; poi si osserva meglio e si cerca nella memoria lo strato di input sotterranei che giungono a raffica ad una visione più attenta; manca il respiro, si cercano spiegazioni, se non arrivano si cercano ancora. Se la memoria non basta si cerca su google, si parla con chi è presente, si cercano interviste e comunicati; si esce comunque cambiati. Una mostra colta, difficile sulle prime, un’esposizione che agisce su ogni spettatore in maniera differente, mettendolo davanti alla propria cultura, alle proprie conoscenze o ignoranze, ma che in ogni caso funge da interruttore per aggiungere novità, non solo nella sfera emozionale ma soprattutto in quella culturale, filologica e in un certo senso anche antropologica.
Un rigore calcolato che alterna eleganza e kitsch, accosta caratteri eruditi ad altri sgarbatamente scurrili, mantenendo un equilibrio perfetto e solo a momenti destabilizzante; tanti generi, molti spunti, un passato che si ripresenta con i suoi vecchiumi rimodernati senza cercare di nasconderli ma utilizzati come base conclamata da cui spiccare voli pindarici e personali. Oltre ad una evidente critica riguardo a quel che sta succedendo oggi, ma ancor di più nei confronti di ciò che non sta succedendo. Il tutto con una maestria del mezzo ceramico indiscutibile, che altro non potrebbe essere se non il risultato di una pratica lunga e perigliosa di studio ed esperienza. Questo progetto è il risultato di nove intensi mesi di pensieri e lavoro: una sorta di gravidanza che nasce da un’infinità di stimoli che si sono a poco a poco ridotti in maniera studiata eppure naturale. Marcel Duchamp, Piero Manzoni e Maurizio Cattelan ci accolgono coi loro volti iconici, immagini di “piccoli santi” attorniate da echi di opere e gesta, come era nelle antiche chiese, laddove i fedeli non capivano il latino (non che oggi sia semplice capire ciò che ci viene propinato anche se la lingua è la stessa per tutti). D’altronde “L’arte è un gioco pericoloso” (come avverte una citazione lungo la mostra). Trogu traccia una linea rossa che raccorda il tempo e le diversità; il tempo che cambia le cose da dire e cambia il mercato, ma anche le ragioni e i modi della creatività. Ciò che non cambia è il cuore dei risultati, un filo lungo che racconta tanto, ma non tutto perché sarebbe una contraddizione in termini.
60 anni di merda…d’artista: la mostra ha infatti inaugurato il 12 agosto a 60 anni giusti da quando Manzoni – quasi ignorato – la presentò proprio ad Albissola per la prima volta. Si passa a water ceramici (una misura di distanza dagli orinatoi) dando una sensazione (voluta) di spazio di design alternativo, il tutto con riporti di volti e altre citazioni che se non riconosciute possono essere nervosamente mandate lontano, attraverso lo scarico. Personaggi iconografici della ceramica popolare (il santon del caganer dalla tradizione presepiale francese, trasformato in soprammobile prezioso che defeca oro, così come il dito medio sotto cui campeggia la scritta “souvenir di Albissola”). Elementi già impiegati prima dalla gran rivoluzione delle avanguardie artistiche, riutilizzati in modo talmente dichiarato che non solo non perdono in originalità ma anzi ne divengono tassello ultramoderno di attualità. Le citazioni sono infinite, avrebbe poco senso spiegarle.
Immancabile un altro “fantasma”, questa volta fra le righe; un presenza, che ad Albissola è profonda: Lucio Fontana, innestato nella mostra per assonanza linguistica; una fontana (che è un richiamo a Duchamp); vari barattoli con la scritta “vera piscia di fontana” (probabilmente, nel vederli da lassù, anche l’artista sta sorridendo divertito). E, dopo tanta musica, la degna conclusione del percorso: una cornice, magnifica ma altrettanto vuota, capace di specchiare i fantasmi privati di chi vi si affaccia.
La mostra Wanted va vissuta come esperienza privata. Chi nella rosetta appesa al muro vedrà il panino con la mortadella che mangiava da bambino o nell’uovo rivivrà le cacce pasquali nei prati non avrà nulla da rimproverarsi: il racconto privato dell’artista non vuole essere l’unica verità, ma una semplice sorgente che non saprà mai dove andrà a sfociare con le sue acque.