ROMA | Fondazione VOLUME! | Fino al 22 novembre 2024
di ANTONELLO TOLVE
Dell’ampio e disarmante progetto che Gregorio Botta propone alla Fondazione Volume! di Roma, salta subito all’occhio l’idea di dilatare e slabbrare i bordi del tempo per dar luogo a una sospensione mediante la quale generare momenti di ampia contemplazione, dove il pensiero in potenza raggiunge una purezza insperata e ogni singola opera diventa parte d’un ingranaggio che non solo seduce lo spettatore ma lo trascina anche in un corpus ad alto grado emotivo, in un locus de lucis et umbrae (volendo richiamare alla memoria l’Ars Magna di Athanasius Kircher) che portano ad attraversare gradualmente stati strati stadi di lirica, e direi meglio elegiaca fluidità.
Con Essendo la mia casa addormentata Gregorio Botta lavora negli ambienti della Fondazione a punta di coltello: l’ombra che è contemporaneamente assenza di luce ed insieme il più preciso sintomo della sua presenza (anzi spesso viene considerata simbolicamente l’attesa, il desiderio della luce) diventa ingrediente essenziale, apre a scenari evanescenti dove le categorie wölffliniane della forma chiusa e della forma aperta (Geschlossene Form und offene Form più esattamente) vivono un rapporto di complicità per coniugare, davvero splendidamente, strutture semplici, compatte, simmetriche e complete – a tratti isolate dall’ambiente – a strutture che d’altro canto si presentano sottilmente irregolari e frastagliate, complesse, morbide e interagenti con lo spazio.
Partendo dalla visionaria Noche oscura del alma, un poema composto da Juan de la Cruz presumibilmente nel 1578, e più esattamente dall’unico verso che si ripete in chiusura della prima e della seconda strofa («estando ya mi casa sosegada»), l’artista realizza un dispositivo fatto di corpi geometrici, di spericolate inconsistenze, di irradiazioni, di assenze che si offrono mediante la loro presenza sensibile o da solide separazioni, di ritmici e altalenanti scorrimenti, di oggetti silenti o anche emananti delicati sciabordii. «La coppa», ad esempio, topos del lavoro di Botta», a sottolinearlo è Silvano Manganaro, «si offre allo sguardo dapprima in Notte che mi guardasti e poi in Perdendo ogni pensiero, dove, sospesa nel cielo, è pronta a svelare il proprio interno solo a chi sa avvicinarsi e guardare in alto. Forma archetipica che rimanda a una necessità ancestrale, alle mani giunte che raccolgono l’acqua, ai riti primordiali, alle tombe arcaiche, la coppa, come sostiene lo stesso Gregorio Botta, è “l’elemento femminile che accoglie”, “è un pieno che contiene un vuoto”».
Ad aprire la mostra, in una penombra che tocca con mano silenzi d’alto grado liturgico, Angelo della lampada (2024), Angelo dell’ombra (2023) e Angelo della fonte (2023) sembrano quasi apparire e recitare una litania lattea degli inizi e delle fini. Varcata la prima sala, dietro l’angolo, dopo un corridoio stretto d’attesa, Essendo la mia casa addormentata (2024) è vaporosa e eburnea epifania di luce: si tratta di una installazione ambientale, dove il buio lascia gradualmente il posto a una chiarificazione spaziale, sospesa tra forma e idea, o meglio tenuta insieme da un filo d’aria. Lungo il corridoio che porta all’ultima sala – quella conclusiva che toglie la fine al finale – ci sono due opere nere, Al buio ben celata (2024) e Notte che mi guardasti (2024), quasi a indicare un passaggio d’amoroso furore che porta, infine, a un abisso di speranza dove ruotano e s’aggrappano alle pareti opere quali Più sicura del sole a mezzogiorno (2024), Con la sua mano leggera (2024), In un luogo che nessuno vedeva (2024), Perdendo ogni pensiero (2024) e La casa (2024) sulla via, alla fine del mondo.
La morbidezza dell’ombra che si percepisce nell’assaporare l’esposizione dalla prima all’ultima sala è un vero e proprio viaggio emotivo, una scoperta che richiama alla memoria altri versi di Juan de la Cruz («uomo che illumina con maggiore profondità e completezza i sentieri sfuggenti della contemplazione» a detta di Umberto Eco), scritti poco prima del 1584, «più salivo in alto / più il mio sguardo s’offuscava, / e la più aspra conquista / fu un’opera di buio; / ma nella fuga amorosa / ciecamente m’avventai / così in alto, così in alto / che raggiunsi a preda»…
Gregorio Botta. Essendo la mia casa addormentata
14 ottobre – 22 novembre 2024
Fondazione VOLUME!
Via di San Francesco di Sales 86/88, Roma
Orari: martedì al venerdì dalle 17.00 alle 19.00