MILANO | Fabbrica Eos | Fino al 7 novembre 2020
di CHIARA CANALI
In un periodo di crisi generale per l’umanità in cui si prefigura lo scenario di un nuovo lockdown a causa della recrudescenza del virus Covid-19 e della conseguente emergenza sanitaria, l’arte scruta l’instabilità di questo particolare momento storico e cerca di decifrare ansie e paure ai tempi della quarantena.
Da sempre lucido interprete dello zeitgeist, il cosiddetto “spirito dei tempi” con cui la filosofia tedesca indicava il clima ideale, culturale, spirituale di un’epoca, Giuseppe Veneziano ha ideato una serie di opere pittoriche, in mostra ora presso Fabbrica Eos di Milano, che riflettono gli usi e costumi adottati durante la pandemia.
Il punto di partenza qui, come per altri progetti precedenti, è la rivisitazione di iconografie religiose della storia dell’arte, così come di icone profane del mondo dei supereroi, attraverso la trasposizione di simboli e immagini che caratterizzano i rituali della nostra mutata quotidianità: la mascherina in primis, qui al centro di opere come La Venere della mascherina (ispirata ad una tela del Tiziano) o La Madonna della sanificazione (tratta da Raffaello) per arrivare a La nascita della mascherina, graffiante reinterpretazione della Creazione di Adamo della Cappella Sistina. Con la stessa pungente ironia e acuta sensibilità, Veneziano trasfigura la condizione di solitudine esistenziale che tutti noi abbiamo vissuto durante il lockdown proiettando un malinconico Jocker in Early Sunday Morning di Hopper.
Veneziano viaggia con la pittura in epoche storiche lontane e distanti e, dopo aver colto immagini e racconti, li impagina in un’era assoluta e universale, in cui possiamo immedesimarci per essere in grado di esorcizzare la paura e l’incertezza del presente.
Attraverso le sue opere, tutti siamo costretti a rivivere dei momenti di incertezza che resteranno scritti per sempre nei manuali di storia, ma lo facciamo con la consapevolezza che non siamo soli, che santi, martiri e supereroi li hanno vissuti con noi e che li hanno perpetrati nel futuro assieme alle speranze e ai sogni di una imminente rinascita.
Come ha giustamente riconosciuto Ivan Quaroni, che da anni segue la ricerca dell’artista, l’originalità delle sue opere non risiede solo nelle invenzioni iconografiche e nella abilità visiva con cui mescola realtà e finzione, cronaca e storia, sesso e politica, sacro e profano. A rendere unico e inconfondibile ogni suo lavoro è l’espressione formale della sua pittura, che si è consolidata negli anni in un vero e proprio “stile” caratterizzato da campiture piatte e sature e da una tavolozza cromatica costituita da rosa chewingum per gli incarnati; cerulei paradisiaci per i cieli; gialli, rossi e blu accesi – i colori dei carretti siciliani della sua terra d’origine – per gli abiti dei personaggi. Uno “stile” formale basato sulla sintesi e appositamente perfezionato mediante l’arte di sottrarre anziché aggiungere elementi, perché, afferma Quaroni, “la semplicità e l’accessibilità sono il frutto di una riduzione della complessità (di riferimenti, citazioni e possibilità interpretative)”.
Se nelle tele pittoriche lo stile compositivo e la sintesi lineare rendono le opere assolutamente riconoscibili dal pubblico – come nella migliore tradizione dell’arte di Veneziano –, non così possiamo dire nella serie dei disegni e degli acquerelli che recuperano la verve espressiva più fervida e immaginifica dell’autore, testimoniando il suo fascino adolescenziale per il fumetto di autori quali Andrea Pazienza, Hugo Pratt, Guido Crepax, Milo Manara, Filippo Scozzari. Opere dirette e comunicative, nate come appunti visivi in attesa di essere poi trasferiti sulla tela, ma che hanno poi assunto una loro autonomia e autorevolezza nell’ambito del suo processo creativo e che sono portatrici di un sentimento di immediatezza, fugacità e illusione, proprio come il tempo storico che attualmente viviamo.
C’è Queen Elisabeth con la corona composta dalla struttura ingrandita al microscopio del DNA del Coronavirus; c’è il Trump di San Donald e il Virus in guisa di gladiatore romano che lotta contro un’enorme palla pandemica; e ancora c’è San Sebastiano trafitto dalle rose del virus.
In Mr. Quarantine di Giuseppe Veneziano rileggo le stesse intenzioni del Veneziano delle origini che dipinse la testa mozzata di Oriana Fallaci con l’idea di raffigurare, attraverso un simbolo, le paure collettive dell’Occidente: anche qui sono di nuovo le paure e le preoccupazioni collettive della società incarnate non più in un unico e feroce simbolo, ma in un repertorio di personaggi, gestualità e situazioni umanizzate che ci permettono di accettare, con un misto di attesa e rassegnazione, il peso della vita e l’incertezza del domani.
Giuseppe Veneziano. “Mr. Quarantine”
a cura di Ivan Quaroni
8 ottobre – 7 novembre 2020
Fabbrica Eos
Viale Pasubio (angolo via Bonnet), Milano
Info: +39 02 89073362
info@fabbricaeos.it
www.fabbricaeos.it