EDITORIA |Giulio Paolini | Prinp Editoria d’Arte 2.0
Una conversazione con l’autrice ILARIA BERNARDI di Elena Inchingolo
Giulio Paolini (Genova, 1940) è uno degli artisti italiani più noti a livello internazionale, tuttavia il corpus delle sue opere su carta – ovvero disegni e collages di piccole e medie dimensioni – fino ad oggi risulta sorprendentemente inesplorato, in buona parte inedito e mai oggetto di ricerche scientifiche, né di pubblicazioni, né di una catalogazione ragionata.
Giulio Paolini. Opere su carta: un laboratorio gestuale per la percezione dell’immagine, la monografia di Ilaria Bernardi, storica dell’arte e curatrice, edita da Prinp Editoria d’Arte 2.0, costituisce il primo studio sul tema e focalizza l’attenzione sul primo ventennio d’attività dell’artista, 1960-1980, poiché ritenuto di maggior autonomia rispetto alle opere di più ampio formato (quadri, sculture, installazioni) degli stessi anni.
La pubblicazione indaga il processo creativo di Paolini, individuando per la prima volta le sue fonti iconografiche e concettuali, il valore dei materiali utilizzati, e soprattutto i suoi gesti distintivi e bipolari, che rivelano l’essenza visiva e percettiva di ciascuna opera.
Nel testo si descrive in maniera approfondita la gestualità più istintiva e ricorrente dell’operare su carta dell’artista suddivisa in 9 azioni specifiche: lacerare, accartocciare, con-centrare, dis-perdere, duplicare, interferire, simulare, misurare, mani-polare.
Ogni atto in sé esprime una bipolarità, un doppio gesto che afferma, nega e conferma il suo significato, in un fare e dis-fare continuo, che conferisce un senso compiuto al mani-polare, “ovvero operare su carta con le mani al fine di concentrarsi metonimicamente e metalinguisticamente sul supporto cartaceo” – come Ilaria Bernardi sostiene.
L’immagine scelta per la copertina, input visivo, che introduce alla lettura del volume, corrisponde ad una fotografia che, alla fine degli anni Settanta, Giulio Paolini commissionò al fotografo torinese Mario Sarotto con l’intento di utilizzarla quale elemento d’immagine in alcune sue opere. Afferma l’artista: “Ho sovrapposto alcuni fogli bianchi l’uno sull’altro in modo leggermente sfalsato così che si denunciassero come sovrapposizione fissata da una puntina”.
«Così le pagine stesse del libro – continua l’autrice – sembrano l’ideale prosecuzione di “quei fogli fermati da una puntina” rappresentati in fotografia e sottendono la seguente metafora insita nel volume: come il blocco bianco per appunti è per molti di noi il luogo più privato per l’elaborazione dei nostri pensieri e segreti, per Paolini l’opera su carta rappresenta il suo laboratorio più intimo per una riflessione sulla percezione dell’immagine».
Incontriamo Ilaria Bernardi durante la Torino Art Week, in occasione della presentazione del libro ad Artissima…
Come nasce l’idea del libro?
Il libro nasce da uno studio che ho intrapreso nel 2011, dettato innanzitutto da un mio grande interesse per il lavoro di Giulio Paolini. Il primo approccio alla ricerca mi fu dato da Maddalena Disch, direttrice della Fondazione Giulio e Anna Paolini, la quale in una conversazione mi accennò che l’ampissimo corpus di opere su carta dell’artista non era mai stato oggetto di studio né argomento di qualche pubblicazione, e che non era nemmeno mai stato catalogato né archiviato. Proposi a Maddalena di potermi cimentare nell’analisi di quella ancora poco conosciuta tipologia di produzione, cogliendo l’occasione di farla diventare materia per un mio dottorato di ricerca. Col tempo nacque poi una doppia collaborazione che prevedeva da un lato un’indagine storico-artistica sull’opera su carta di Paolini e dall’altra un incarico, affidatomi dalla Fondazione Giulio e Anna Paolini, di archiviazione e catalogazione di questo corpus di opere che comprende più di 1000 esemplari realizzati a partire dal 1960, anno di inizio della produzione artistica di Paolini, fino ai tempi più recenti.
La prima particolarità che ho notato affrontando il lavoro è stata l’evidente differenza tra le opere del ventennio 1960-1980, dotate di una certa autonomia concettuale e formale, e la produzione successiva, dalla netta identità progettuale, strettamente connessa con quadri, sculture e installazioni.
Le opere del primo ventennio sono per l’artista un laboratorio privato in cui egli si sente libero di riflettere sul tema, per lui fondamentale, della percezione visiva colta nel rapporto tra l’immagine (foglio bianco incluso) e il suo fruitore (artista incluso).
Il libro nasce quindi dall’esigenza di poter condividere con il pubblico il piacere di conoscere e confrontarsi, come è capitato a me in prima persona, con un Paolini del tutto inedito, che ponendo l’attenzione sui suoi gesti operati su carta, sulla composizione della pagina e sulla percezione visiva, dimostra di non essere un concettuale puro in quanto non rinuncia mai all’immagine, come invece fanno i concettuali anglosassoni: la sua è una sfida costante alla ricerca dell’immagine, pur nella consapevolezza della sua virtualità e inafferrabilità.
Per quanto tempo e in che modo hai lavorato al progetto in funzione della pubblicazione di Prinp Editore?
L’archiviazione e catalogazione delle opere su carta è iniziata nel 2011 ed è terminata nel febbraio 2016.
Ci tengo però a precisare che l’archiviazione e catalogazione è sempre “in progress” e che se collezionisti o appassionati avessero qualche novità a riguardo sono invitati a rivolgersi alla Fondazione Giulio e Anna Paolini.
L’idea della pubblicazione nasce all’inizio del 2015. Procedo per circa un anno all’elaborazione del testo finalizzata al progetto editoriale, poi per motivi professionali sono obbligata a sospenderla per riprenderla e portarla a termine circa 8 mesi fa.
L’editore, Prinp Editoria d’Arte 2.0, di Torino, è stato eccezionale perché mi ha seguita in tutte le mie esigenze, anche grafiche, in maniera esemplare: ho infatti richiesto un’impostazione grafica che simulasse un blocco di appunti anni Sessanta/Settanta, con il font dattiloscritto, e con l’impaginato compatto come avevano le pubblicazioni di allora. Desideravo infatti che fosse in linea con il periodo trattato e che desse rilievo alla forte connotazione scientifica da me conferita al volume: l’impaginato più “scarno” rispetto alle pubblicazioni dell’editoria contemporanea ma in linea con il periodo cronologico trattato, è anche funzionale a cercare di portare l’attenzione sui contenuti piuttosto che sulle “lusinghe” di una grafica “d’effetto”.
Potresti raccontarci un aneddoto che ti è rimasto particolarmente impresso durante la tua ricerca?
Non parlerei di aneddoto, ma di una vera e propria esperienza formativa, grazie al rapporto personale con Maddalena Disch e con Giulio Paolini.
Maddalena Disch è una persona eccezionale sia da un punto di vista della conoscenza dell’argomento – collabora con l’artista seguendone l’archivio dal 1995 –, sia per la sua lungimiranza rispetto all’importanza degli archivi d’artista, sia per il suo metodo di lavoro. Negli anni mi ha seguita con affetto, gentilezza e attenzione, insegnandomi come si realizza un archivio e un catalogo ragionato, e l’importanza di entrambi per il presente e per il futuro.
Dalla frequentazione diretta e continuativa con Giulio Paolini ho imparato a relazionarmi con un artista straordinario dall’inaudita sensibilità e coerenza concettuale che ho potuto apprezzare nelle innumerevoli interviste che gli ho rivolto: a distanza di più di cinquant’anni, è riuscito non solo a rintracciare le ragioni che lo hanno spinto alla realizzazione di ciascuna opera, ma anche a effettuare un racconto lineare e coerente sulla sua produzione su carta dal 1960 fino ad oggi, tanto da sembrare che dall’inizio avesse già in mente ciò che avrebbe fatto in futuro.
Sulla carta il gesto dell’artista è autonomo e autentico. Come, a tuo avviso, il lavoro su carta di Giulio Paolini si differenzia dalle opere scultoree e installative?
Certamente, come già anticipato, l’opera su carta di Giulio Paolini del primo ventennio di attività si differenzia dalla produzione successiva e in maniera significativa dalle opere su altri supporti, perché si sviluppa in maniera autonoma attraverso le gestualità e gli elementi propri della grafica, disciplina che Paolini studia alle Scuole Superiori, presso l’Istituto per le Arti Grafiche e Fotografiche Bodoni di Torino. Nelle opere realizzate tra il 1960 e il 1980, è particolarmente spiccata l’attenzione per la possibilità o meno di leggere l’immagine. Ecco allora che alla politezza, all’equilibrio, alla simmetria della composizione si alterna la sua negazione in un gioco di continue sollecitazioni visive, alle quali si aggiunge una grande attitudine per la carta e per la sua manipolazione, dettata anche da un retaggio familiare in quanto suo padre era un rappresentante grafico-cartario. Paolini, proprio per questo motivo, nel lavorare su carta, a mio avviso, è più “autentico”, perché il suo rapporto con la materia è più immediato, più intimo, più “familiare”.
Se ti chiedessi di definire le opere su carta di Paolini in tre parole?
Si tratta di un laboratorio, intimo e originale, dove, attraverso il gesto, mette in rilievo l’importanza e la forza dell’immagine nonché dello spazio destinato a contenerla. Nell’opera su carta il gesto dell’artista è diretto, evidente, e permette pertanto di comprendere meglio il reale significato della non autorialità da lui da sempre professata. Nel suo lavoro, l’autore c’è quale soggetto agente, con una propria grammatica e “struttura dell’immaginario”, ma non c’è quale creatore ex-novo di qualcosa di concluso e di definitivo. Non vede, non crea, non inventa alcunché, ma si limita a mani-polare qualcosa di preesistente che include tutte le visioni possibili. Il qualcosa di preesistente comprende innanzitutto lo spazio del supporto destinato per sua natura ad accogliere immagini, ma comprende anche riproduzioni fotografiche desunte da libri, da riviste d’arte, da settimanali e da fonti a stampa più varie utilizzate per realizzare numerosi lavori su carta. È questo repertorio visivo che ho cercato di rintracciare e documentare nel mio volume andando a scoprire le fonti da cui Paolini ha tratto le immagini preesistenti incluse nei suoi lavori su carta.
Il libro analizza le opere su carta di Paolini dagli anni Sessanta al 1980. Hai in progetto di proseguire il lavoro fino alla produzione più recente?
L’archiviazione e catalogazione di tutte le opere su carta, incluse quelle post 1980, è già stata realizzata anche se, come già detto, è sempre “in progress”.
Per quanto riguarda, invece, una nuova pubblicazione che possa essere una prosecuzione ideale del lavoro iniziato, credo non sia possibile; intendo con la stessa modalità esecutiva del presente volume, in quanto la lettura delle opere successive al 1980, essendo così legate ai quadri, alle sculture e alle installazioni dell’artista, andrebbe necessariamente a coincidere e dunque a replicare la già eccellente interpretazione data a questi diversi tipi di produzione da Maddalena Disch nel catalogo ragionato edito da Skira nel 2008.
Mi auguro, tuttavia, che questa prima pubblicazione sull’opera su carta di Giulio Paolini offra nuovi spunti per future indagini in merito.
GIULIO PAOLINI
Opere su carta: un laboratorio gestuale per la percezione dell’immagine
Editore: Prinp
Testi di: Ilaria Bernardi
Foto: courtesy Fondazione Giulio e Anna Paolini, Torino
Pagine: 242
Formato: 15×22 cm
Info: https://prinp.com