NEW YORK (USA) | Sous Les Etoiles Gallery | 13 settembre – 17 novembre 2018
Intervista a CARLO CHIAVACCI di Matteo Galbiati
La grande mostra da Sous Les Etoiles Gallery a New York, dopo il successo riscontato da Michel – Chiavacci. Dalla decostruzione alla fluorescenza, progetto che, presentato da Die Mauer – Arte Contemporanea di Prato – galleria impegnata da tempo nella valorizzazione dell’opera dell’artista – sarà riproposto, all’inizio del prossimo anno, in Svizzera a Zurigo, e dopo i numerosi successi delle recenti esposizioni europee in gallerie, spazi pubblici e privati, conferma la meritata revisione e la particolare attenzione critica cui è oggetto la ricerca di Gianfranco Chiavacci (1936-2011), artista di cui, ulteriormente, si stanno giustamente ri-approfondendo i temi, le visioni, i variegati esiti della sua coerente sperimentazione, che ha segnato un certo modo di intendere il rinnovamento delle estetiche artistiche contemporanee.
Abbiamo intervistato Carlo Chiavacci, figlio dell’artista che, attraverso l’Archivio, tutela, custodisce e promuove la memoria e l’eredità, artistica, intellettuale e spirituale del maestro. Con il suo prezioso contributo scopriamo meglio l’universo di questo grande interprete del Novecento:
Tutto cominciò dalla “logica binaria” con cui Chiavacci ha voluto leggere il mondo che l’ha portato a sviluppare un’originale e nuova estetica artistica. Quali sono i temi e le tecniche che scandiscono la sua ricerca dalla fine degli anni Cinquanta al nuovo millennio?
Già, la logica binaria, o come la chiamava lui, la Binarietà. Fra i suoi appunti c’è una frase: “la binarietà è la grammatica con cui elaboro il mondo”, e così ha fatto per cinquant’anni. Ha lavorato sulla logica che muove i computer, ma senza mai usarne uno tranne per scrivere. È questo ad essere interessante, lo ha fatto sulle due macchine più innovative e rivoluzionarie del ‘900, il calcolatore e la fotocamera. Ha analizzato a fondo le dinamiche che muovono queste due innovazioni tecnologiche e, attraverso il concetto di rete, le ha messe a confronto con lo spazio pittorico. Il tema di fondo è certamente la rete, nello specifico il suo reticolo binario. Ogni sua opera può essere definita elaborato binario, termine che ritorna spesso nei suoi scritti. A differenza della composizione, l’elaborato è frutto di un confronto con una logica e non con un gusto estetico o compositivo.
Come possiamo riassumere, quindi, questo suo complesso, vasto e variegato percorso visivo?
Riassumere è una parola enorme rispetto a un corpo di opere tanto vasto per complessità e varietà. Il valore della sua ricerca artistica sta nell’aver intuito la valenza epocale dell’avvento del calcolatore e di aver tentato una ricerca su un percorso allora totalmente inedito riuscendo spesso ad anticipare molte tematiche diventate oggi di uso quotidiano. Basti pensare a concetti come compressione o connessione.
Quali rapporti aveva con gli altri artisti della sua epoca? Quali i compagni di viaggio, con chi si confrontava?
La Toscana è una regione abbastanza “chiusa” e lo era ancora di più nei decenni ’60 e ’70, in modo particolare quando intraprendi un percorso tanto visionario. Da giovane ha frequentato la Galleria Numero a Firenze e alcune gallerie fra Torino e Brescia. Il confronto con gli artisti era più serrato con quelli del suo territorio, fra questi Renato Ranaldi a Firenze e Fernando Melani a Pistoia. Con quest’ultimo aveva un confronto molto intenso, quasi quotidiano. A livello nazionale ammirava molto artisti come Enrico Castellani e Giulio Paolini e da giovanissimo si era interessato anche ad alcuni aspetti del lavoro di Mattia Moreni.
Cos’ha di attuale il suo sguardo? In cosa sa essere ancora profondamente contemporaneo il suo lascito?
La contemporaneità di un artista che ha portato il bit in arte credo sarà evidente ancora a lungo. Negli ultimi anni lo spaventava un po’ questa eccessiva “bittizzazione”, come diceva lui, del mondo e probabilmente è la conferma che sapeva ancora guardare lontano e vivere a pieno il proprio tempo.
Tra pittura, scultura, fotografia, il suo linguaggio sconfina tra codici espressivi differenti, come si legge la coerenza che unisce tutti i cicli diversi di opere?
Il filo conduttore è sempre la sua grammatica, per tornare a quella sua frase. Il suo è un lavoro di ricerca pura, con un filo conduttore sempre estremamente lucido. È come un discorso e occorre intraprenderlo possibilmente dall’inizio e soprattutto affrontarlo con molta elasticità perché spesso niente è come sembra a un primo approccio. Occorre entrare nella sua logica e all’inizio può non essere facile, da quel momento in poi, però, si apre un mondo. Del resto è così per tutti gli artisti.
Quali sono i contenuti specifici della mostra a New York e come cambierà o si modificherà l’appuntamento di Zurigo (rispetto alle scelte che avete attuato da Die Mauer a Prato)? Prevedete un’ulteriore rilettura dei suoi contenuti?
Le due mostre sono due cose distinte. Quella di New York a livello curatoriale è stata volutamente impostata come una retrospettiva. È una selezione di opere molto vasta e per la prima volta tocca praticamente ogni aspetto della sua ricerca che, comunque, riserva ancora alcune sorprese. In mostra ci sono un paio di opere pre-binarie della fine degli anni Cinquanta, poi i primi reticoli binari del ’64, passando per la fotografia astratta e successivamente concettuale che influenzerà tutta la produzione fino alle ultime opere dei primi anni Duemila. Questa mostra è il risultato di un lungo lavoro di approfondimento su tutta l’opera nella quale è pienamente entrata Corinne Tapia la titolare della galleria Sous Les Etoilles Gallery di New York. La mostra di Zurigo, invece, nasce da l’idea di proporre in Svizzera la bipersonale fra l’artista francese Eric Michel e Gianfranco Chiavacci, curata da Marie Cordié Levy e realizzata dalla galleria Die Mauer di Prato, in settembre.
Come si sta muovendo l’Archivio, da lei diretto, per valorizzare la sua opera? State già lavorando al catalogo generale?
L’archivio nasce praticamente in collaborazione con la galleria Die Mauer di Prato che, grazie ai suoi collaboratori, mi ha permesso di rivedere in modo ampio tutta l’opera di Chiavacci. Probabilmente può sembrare strano, ma vedere l’opera di un artista vivendoci dentro, ma non essendo l’artista, non è facile. È un po’ come tentare di capire il Giudizio universale di Michelangelo guardando solo dei dettagli, senza una visione d’insieme. Meri, titolare della galleria e suo marito Piergiorgio, mi hanno aiutato a uscirne e prenderne visione in modo globale. Non è stato facile, c’è voluto coraggio, ma ne valeva la pena. In questa fase l’ipotesi Catalogo Generale sta diventando sempre più un obiettivo possibile.
Quali saranno, oltre a quello in Svizzera, i prossimi appuntamenti in cui si possono ammirare le sue opere?
L’opera di Chiavacci sta vivendo un crescendo straordinario di visibilità, nel corso di questo ultimo anno ci sono state molte fiere a livello internazionale e altrettante sono in programmazione per il prossimo anno. È in fase di preparazione una nuova mostra personale all’estero e magari, con l’inizio della lavorazione al catalogo generale, potrebbe venir fuori anche una bella mostra in Italia.
Gianfranco Chiavacci. Works: 1957-2005
13 settembre – 17 novembre 2018
Sous Les Etoiles Gallery
100 Crosby Street #603, New York (USA)
Orari: da lunedì a venerdì 10.00-18.00; sabato su appuntamento
Info: Sous Les Etoiles Gallery
+212 966 0796
info@souslesetoilesgallery.net
www.souslesetoilesgallery.net
Die Mauer – Arte Contemporanea
Via Firenzuola 33-35-37, Prato
+39 393 3529851
meri@diemauer.it
www.diemauer.it
Archivio Gianfranco Chiavacci
Via Filippo Pacini 42, Pistoia
+39 338 6368468
carlo.chiavacci@alice.it