NAPOLI | MADRE – Museo d’Arte Contemporanea DonnaREgina | 14 giugno – 22 settembre 2014
di Micole Imperiali
Con la personale di Francys Alÿs REEL – UNREEL (Afghan Projects, 2010 – 14) – visibile dal 13 giugno al 22 settembre – il Museo MADRE di Napoli dà il benvenuto alla stagione estiva. L’esposizione, la più ampia dedicata all’artista belga trapiantato a Città del Messico dal 1986 mai presentata presso un’istituzione pubblica, ospita la serie di opere realizzate durante quattro anni di viaggi in Afghanistan, disposte su due piani del museo: ad una prima sezione appartiene il video REEL – UNREEL (ARROTOLARE E SROTOLARE), prodotto nel 2011 in occasione di dOCUMENTA (13), visibile al piano terra nella sala Re_PUBBLICA MADRE, mentre ad una seconda sezione si lega la serie di Afghan Projects, esposta al secondo piano.
La narrazione di Alÿs, nel suo spaziare tra i generi artistici più diversi è, anche in quest’occasione, un’azione che fa del mezzo utilizzato per “raccontare”, lo strumento per esplorare realtà di oppressione ed emarginazione. L’azione artistica diventa quindi una metafora del ruolo che l’arte ha di riscattare realtà da noi erroneamente etichettate, permettendo di riscriverle. In questo contesto, nel caso del video REEL UNREEL, la premessa è esemplificata dall’incendio appiccato dai Talebani nella piazza antistante gli archivi dell’Afghan Film – secondo alcuni locali durato quindici giorni – e mirato alla distruzione di migliaia di bobine filmiche simbolo della cultura cinematografica afgana. La denuncia che l’artista fa dell’accaduto – che solo grazie all’azione di pochissimi fedeli “custodi” non ha decretato la perdita definitiva di tale patrimonio, di cui gli originali erano segretamente custoditi al sicuro, rimpiazzati da semplici copie poi oggetto del rogo – diventa protagonista del video, e lo fa attraverso gli occhi dei piccoli e dell’arte innata del gioco.
Alÿs riprende infatti il tipico gioco da strada dei bambini afgani che consiste nel far rotolare un cerchio – o una ruota – evitando che cada, con il solo aiuto di un pezzo di legno, sostituendo la ruota con una bobina cinematografica con tanto di pellicola, che viene srotolata da un primo bambino, seguito da un secondo che torna ad avvolgerla. In questo modo l’intera Kabul, città che a causa del suo triste passato trasuda guerra e distruzione, diventa un set cinematografico e lo strumento – il cinema – un modo per intaccare e mettere in crisi quell’immagine stereotipata che i media ci hanno inculcato dell’Afghanistan contemporaneo. In quest’azione di sovvertimento che Alÿs affida ai due ragazzini, i giovani procedono rapidi alla rincorsa della propria bobina, attraversano i luoghi del dramma ignorando le regole stabilite da chi la guerra l’ha voluta e definita – check point, donne col burqa, ambasciate – trasformando così l’oblio in memoria e il dramma in gioco.
Cosa succederebbe, infatti, se si chiedesse proprio a dei bambini di giocare nelle vie della propria città, una città sconvolta da orrori continui? Probabilmente succederebbe quello che si vede in REEL – UNREEL. Allora, con l’essenzialità degli strumenti del gioco infantile e dei concetti di fantasia e divertimento che non necessitano altro se non la sentita intenzione, un prodotto della distruzione come una ruota abbandonata in mezzo alla strada – superstite di una carcassa già scomparsa – incarna la possibilità di riscrivere e rivivere il presente. In questo modo anche il gioco diventa arte e l’artista assolve al suo compito: spiegare quello che altrimenti non si capirebbe, mostrare la realtà per quella che è, senza limitarla a ciò che ci piacerebbe che fosse.
In riferimento alla funzione del gioco, e forse alla speranza che esso simbolizza, anche la seconda sezione della mostra al secondo piano del MADRE parte da un video, dove questa volta l’elemento ludico è fornito dall’aquilone che un bambino è intento a far volare, usanza che come è ormai comunemente noto grazie anche al bestseller di Khaled Hosseini è ugualmente e soprattutto un festeggiamento che segna la fine dell’inverno e l’arrivo della primavera. Ma è proprio qui che fa la sua prima comparsa un altro elemento, fondamentale nella sua ripetizione ciclica, e caratteristico dell’esposizione. Il video è infatti affiancato da una cartina dell’Afghanistan celata in parte da una serie di barre colorate che fanno riferimento a quelle che venivano utilizzate per mettere a fuoco le immagini sugli schermi dei vecchi televisori. La serie di Color Bar Paintings che torna nelle varie sale del secondo piano alternandosi e sovrapponendosi a pitture, disegni, collage, cartoline e documenti attentamente disposti sulle pareti e all’interno di teche – come un vero e proprio archivio e diario di viaggio a testimonianza del percorso e delle condizioni vissute dall’artista durante il soggiorno – ha però una funzione diversa da quella del suo utilizzo originario: non più correggere l’immagine, ma rimetterla in discussione, così per come ci è stata delineata dai media.
Ai bozzetti che ripropongono situazioni tipiche del Paese – che sia l’anziano seduto davanti alla porta di casa con il tè pronto per l’ospite anche inatteso, l’anguria tagliata accanto ad un kalashnikov, gli elicotteri, gli accampamenti, gli edifici distrutti – a tutto ciò si sovrappongono le barre, bloccando le immagini, e annullando quasi, la possibilità di esprimere una realtà complessa e multiforme con un’unica rappresentazione. Anche qui, nei piccoli dipinti che si susseguono nel racconto dei mille visi dell’Afghanistan, l’unico elemento che emerge sono i bambini: i bambini e la loro caratterizzante sovversione della realtà, quella che inconsapevolmente insegna i valori universali, che mostra che la strada che si sta seguendo non è quella giusta e che la perseveranza del male è l’oblio assoluto.
Quando alla fine del video REEL UNREEL, la bobina arrotolata e srotolata si spezza, il bambino prima concentrato nel gioco si ferma a guardarla cadere nel vuoto, e quando alza lo sguardo verso il caotico orizzonte di baracche e polvere, nonostante tutto, sorride. Forse se lasciassimo che i bambini ci insegnassero la vita, la sopraffazione messa in atto da chi si riduce a non scoprire, non meravigliarsi, non mettersi in discussione, creando panorami di morte e distruzione, sarebbe solo la triste condizione di una minoranza destinata a scomparire.
REEL-UNREEL (Afghan Projects, 2010-14)
a cura di Andrea Viliani, Eugenio Viola
in collaborazione con Centre for Contemporary Art Ujazdowski Castle, Varsavia
14 giugno – 22 settembre 2014
MADRE – Museo d’Arte Contemporanea DonnaREgina di Napoli
Via Settembrini 79, Napoli
Orari: lunedì a sabato 10.00-19.30; domenica 10.00-20.00; chiuso martedì
Info: +39 081 193 13 016
info@madrenapoli.it
www.madrenapoli.it