COMO | Museo Civico Archeologico Paolo Giovio e Museo Storico Giuseppe Garibaldi | 10 giugno – 16 settembre 2018
di CAROLINA CAMMI
Le sedi del Museo Archeologico Paolo Giovio e del Museo Storico Giuseppe Garibaldi a Como ospitano, fino al 16 settembre, una trentina di opere dell’artista Francesco Diluca.
La mostra, dal titolo Archè, rappresenta un inedito viaggio nel percorso storico e creativo dell’artista attraverso sculture, alcune inedite, altre provenienti dalle serie Il senso dell’assenza, Skin, Kura Halos e Post Fata Resurgo. Archè, dal greco ἀρχή, significa origine, ma il senso del termine è parte di un concetto molto più ampio che indica il principio generatore da cui tutto proviene e a cui tutto ritornerà. La forza ciclica sottolineata dall’archè viene interpretata dall’artista come un viaggio perpetuo che è parte integrante della vita dell’uomo.
Un inno alla vita e al suo cambiamento in quanto viaggio che ha un inizio e una fine, questa è la proposta della mostra personale di Francesco Diluca, il quale sceglie di innescare un dialogo continuo con l’ambiente circostante attraverso il proprio personalissimo punto di vista. I luoghi predisposti per la personale sono aderenti alla storia locale e non solo, il Museo Archeologico Paolo Giovio possiede una vasta collezione che comprende dai reperti antichi, sino al Risorgimento e le due Guerre Mondiali. Gli interni sono riccamente decorati e tutto riflette i gusti dell’antica famiglia nobiliare che abitava il palazzo, adibito poi a museo.
Le scelte curatoriali operate dall’artista hanno imbastito un percorso tortuoso tra i meandri labirintici delle sale del Museo Archeologico, nel quale lo spettatore viene richiamato all’attenzione per ogni dettaglio che potrebbe nascondere in un reperto antico un’opera dell’artista contemporaneo. Ciò consente di vivere l’esperienza museale in un modo del tutto nuovo ed individuale, esperita in una sensibile ricerca archeologica di reperti contemporanei. È proprio l’allestimento stesso a puntare sull’inaspettato e sullo stupore. L’esposizione prende forma silenziosamente, alcune volte le opere sono state posizionate tra le teche insieme ai reperti, visibili solo ad un occhio accorto, altre volte invece sono dei busti che dialogano in dolce contrapposizione con l’arredamento storico.
Un’opera che, tra le prime, certamente colpisce per drammaticità e complessità è il Salacon, scheletro realizzato per l’occasione in ferro saldato e invecchiato avvolto da filamenti di ferro rosso che si ergono verso l’alto. La scultura, poggiata orizzontalmente su un tavolo, si oppone alle statue marmoree delle divinità che la circondano e adornando le pareti della sala guardandola dall’alto. La potenza che traspare dal dialogo muto tra divinità e scheletro, così terreno ed inerme dinnanzi a loro, suscita una speranza, una nascita grazie a quegli stessi filamenti che ricordano il corallo, elemento compositivo più volte ripreso dall’artista.
La mostra prosegue così, una stanza dopo l’altra, dove i colori delle opere con radi tocchi di rosso e i materiali, oro, argento e ferro si rendono interpreti silenziosi del presente e al contempo del passato, come l’opera Germina posta nella sezione del museo dedicata agli oggetti bellici. L’installazione, realizzata in memoria della Prima Guerra Mondiale, è costituita da una distesa di sale da cui germogliano alcuni piccoli fiori dorati. Il significato, unito alla fioca luce radente il terreno, creano un momento misticamente toccante e al tempo stesso emozionante.
La conclusione della mostra esula dai tradizionali confini per collocarsi, come vuole l’archè, nel cortile del palazzo dove tutto è cominciato. L’orizzontalità del teschio dorato posto al centro, dialoga con una scultura antropomorfa collocata su di una scalinata, che volutamente si nasconde all’occhio dello spettatore di giorno per svelarsi la sera. Durante la vernice di Archè, in una sorta di performance dal titolo Nebula, l’artista ha illuminato la scultura dandole fuoco e qui, con una dolce danza, essa ha preso vita delicatamente riassumendo il concetto motore dell’esposizione. Prima il fuoco ha disegnato i contorni della sagoma, poi esso è entrato nel corpo della figura accendendo man mano alcuni punti, per concentrarsi infine sulla zona del petto. La fiamma, poi, si è spenta piano, concludendo quel viaggio ciclico dove il principio e la fine si uniscono lasciando una scultura trasformata, mutata ma fedele a sé stessa. L’opera bruciata è stata poi inserita nel percorso di visita per essere ammirata dopo il passaggio.
Francesco Diluca. Archè
10 giugno – 16 settembre 2018
Museo Civico Archeologico Paolo Giovio
Museo Storico Giuseppe Garibaldi
Piazza Medaglie D’Oro 1, Como
Orari: da martedì a domenica ore 10.00-18.00 [chiuso lunedì]
Info: 39 031 252550
musei.civici@comune.como.it