Reggio Emilia | Spazio U30Cinque | 20 aprile – 17 giugno 2018
Intervista a DANIELE DE LUIGI di Chiara Serri
Ad un mese dall’apertura ufficiale di Fotografia Europea, una delle sedi espositive che sta riscuotendo maggiore interesse a Reggio Emilia è il nuovo Spazio U30Cinque, messo a disposizione da una società cooperativa e individuato dall’Assessorato alla Creatività giovanile del Comune di Reggio Emilia come sede per tre diverse mostre, accomunate dalla giovane età dei fotografi, ma anche dalla convergenza degli stessi attorno a tematiche sociali, tra azione e immaginazione, per stimolare un pensiero critico sulla contemporaneità. Ne parliamo con Daniele De Luigi che, oltre ad essere il curatore delle tre mostre e del progetto nel suo insieme, è anche curatore della Galleria Civica di Modena – Fondazione Modena Arti Visive che, proprio in questi giorni, ospita A cosa serve l’utopia, esposizione collegata a Fotografia Europea.
Nell’ambito di Fotografia Europea, stanno suscitando particolare interesse le tre mostre ospitate all’interno di Spazio U30Cinque, sia per la novità della sede che per l’attenzione rivolta ai giovani fotografi…
Si tratta di tre mostre che sicuramente si presentano con un carattere di vivacità e freschezza, in cui ciascuno degli artisti – 13 in tutto – ha avuto uno spazio relativamente piccolo ma utilizzato con grande cura. L’insieme delle mostre funziona molto bene, c’è una bella armonia, perché emergono sensibilità affini tra i giovani artisti. La sede espositiva, un open space affacciato su piazza Scapinelli, credo aiuti questa integrazione. È uno spazio di proprietà di Tecton, una volta era la Casa dello studente: è stato recuperato e l’Assessorato alla Creatività giovanile ha avuto il grande merito di intercettarlo, noi lo abbiamo un po’ ridisegnato per adattarlo alle esigenze delle mostre e delle opere.
Qual è l’origine delle tre mostre? Gli artisti coinvolti?
Hanno origine da progetti piuttosto differenti, benché tutti promossi dal Comune di Reggio Emilia con l’Associazione GAI. Activism è il risultato di un bando nazionale, Giovane Fotografia Italiana, le cui candidature sono state vagliate da una giuria internazionale che ha scelto Marina Caneve, Alice Caracciolo e Cemre Yesil, Valeria Cherchi, Tomaso Clavarino, Lorenza Demata, Carlo Lombardi e Zoe Paterniani; Saggio sulla cecità nasce da un progetto di residenze internazionali promosso da BJCEM per Mediterranea, la Biennale dei Giovani Artisti tenutasi nel 2017 a Tirana, in cui tre artisti di tre paesi europei (l’italiana Federica Landi, il francese Emeric Lhuisset e la portoghese Ana Catarina Pinho) hanno lavorato su un tema condiviso; Energia Potenziale invece è frutto di una residenza artistica promossa dal MiBACT sui luoghi urbani in trasformazione, quindi un progetto sul territorio, che ha visto il duo Calori&Maillard focalizzarsi sull’area delle ex Officine Reggiane.
Quali sono le peculiarità dei singoli progetti? E il filo conduttore che lega le tre mostre? Ci sono temi trasversali che possono farsi specchio della contemporaneità?
Activism è composta da sette progetti indipendenti che sono stati messi in dialogo nello spazio espositivo sulla base di un tema che è una declinazione del tema generale di Fotografia Europea (RIVOLUZIONI. Ribellioni, cambiamenti, utopie, ndr) e rappresenta quindi una panoramica interessante su come gli artisti emergenti utilizzino l’immagine fotografica oggi in Italia. In Saggio sulla cecità invece gli artisti hanno sviluppato le loro ricerche attraverso continui scambi e confronti tra di loro e con i curatori, affrontando insieme le problematiche che il tema poneva, sia da un punto di vista dei contenuti sociali e politici (l’identità del Mediterraneo, la questione dei migranti e dei rifugiati), sia da quello del ruolo dell’immagine fotografica. Energia potenziale è ancora diverso, qui la fotografia è stata usata per registrare azioni performative attentamente studiate dalle due artiste, che hanno avuto il grande merito di portare una prospettiva del tutto inedita sulla storia e l’identità di un luogo che aveva già ricevuto tantissima attenzione. Nonostante queste differenze, le connessioni ci sono su temi come l’immigrazione, o il rapporto tra immagine e potere, in generale nella volontà di usare l’immagine non come strumento narrativo semplice ma come elemento di un discorso visivo complesso che stimoli il pensiero critico sulla contemporaneità.
La vincitrice della prima edizione del Premio per la Giovane Fotografia Italiana è Marina Caneve. L’origine del suo progetto? Le motivazioni della scelta?
Marina Caneve è di Belluno ed è cofondatrice di una piattaforma di ricerca dedicata ai temi delle catastrofi e dei cambiamenti territoriali in relazione alla memoria collettiva e alla politica. Il lavoro Are they rocks or clouds?, dedicato alle Dolomiti e ai processi di conoscenza del rischio idrogeologico, per cui la giuria, composta da Federica Chiocchetti, Walter Guadagnini e Stefania Scarpini, la ha premiata, nasce da questo background personale e professionale. Se posso, vorrei citare per esteso la motivazione della giuria: “Caneve ha interpretato il tema del premio senza retorica, realizzando un’opera che è al contempo studio del paesaggio, ricerca antropologica e indagine geologica. L’opera di Caneve è una restituzione lucida del territorio antropizzato, una narrazione stratificata che combina immagini sospese nel tempo – cristallizzate dallo sguardo delicato dell’autrice – e materiali d’archivio, memorie individuali e collettive della catastrofe. Catturando il clima di attesa e vulnerabilità in cui vive chi abita luoghi a rischio, Caneve invita a una riflessione sulla fragilità ambientale”.
Cos’è Giovane Fotografia Italiana? Quale è stata la sua crescita e sviluppo nel tempo?
È un progetto importante a cui tengo molto e che è cresciuto negli anni grazie al supporto costante del Comune di Reggio Emilia e del GAI che lo hanno istituito nel 2012. Inizialmente consisteva nella selezione di alcuni giovani fotografi per uno slide show all’aperto, oggi è diventata una mostra nel circuito ufficiale di Fotografia Europea dotata di un rimborso per gli artisti, da quest’anno di un premio e capace di attrarre uno sponsor privato come l’azienda Reire. Penso di poter dire che è ormai una delle principali vetrine della fotografia emergente italiana: gli artisti hanno l’opportunità di mostrare i propri lavori durante prestigiosi festival partner (il Festival Circulation(s) di Parigi e la Biennale di Fotografia di Brighton), di essere selezionati per eventi europei come la Biennale itinerante JCE, e anche di essere notati e acquisiti da collezionisti privati. Cito volentieri il caso di Donata Pizzi che sta facendo un lavoro meritorio sulle artiste fotografe donne italiane, soprattutto giovani.
Quali sono i dati di affluenza?
Dopo due settimane di apertura erano già state superate le tremila presenza, un risultato che non può che lasciarci molto soddisfatti.
Spazio U30Cinque, al termine di Fotografia Europea, sarà destinato all’arte?
Queste sono valutazioni che spettano ai proprietari dello stabile e all’Amministrazione comunale nel quadro complessivo degli spazi culturali della città, io posso solo esprimere un parere professionale dicendo che ne ha tutte le caratteristiche per ubicazione, struttura e dimensioni, e riportare l’auspicio in tal senso di molte delle persone che lo hanno visitato in questi giorni…
Azione e immaginario: Activism, Saggio sulla cecità, Energia Potenziale
a cura di Daniele De Luigi
Mostre promosse dal Comune di Reggio Emilia in occasione di Fotografia Europea
In collaborazione con GAI – Associazione per il circuito dei Giovani Artisti Italiani
20 aprile – 17 giugno 2018
Spazio U30Cinque
Piazza Scapinelli, Reggio Emilia
Orario: venerdì, sabato e domenica ore 10.00-20.00.
Ingresso libero.
Info: +39 0522 456249
cultura@comune.re.it
www.fotografiaeuropea.it
www.giovaniartisti.it