ROMA | PALAZZO DI ROCCAGIOVINE | 27 GENNAIO – 15 LUGLIO 2022
Intervista a GIOVANNA CARUSO FENDI di Maria Vittoria Pinotti
Secondo la visione dello scrittore di fantascienza Stanisław Herman Lem esiste una tecnica con la quale affrontare la continua dematerializzazione del mondo attuale, ovverosia la fantasmica: un processo secondo cui la nostra attuale società contemporanea si identifica come una formidabile erogatrice di fantasmagorie, idee che non hanno a che fare con la realtà naturale, invero con una verità chimerica ed utopica. Tale visione, pronta a persuadere ogni nostra immaginazione con un fermento novatore, trova inaspettatamente principio nel cuore del centro storico della città di Roma, laddove, come un diaframma riflessivo, si presenta l’esperienza di FOROF sito negli spazi dello storico Palazzo di Roccagiovine, nelle immediate adiacenze della Colonna Traiana. Il luogo espositivo, fondato da Giovanna Caruso Fendi, conserva gli ambienti ipogei contraddistinti da marmi colorati della pavimentazione dell’antica Basilica Ulpia, assieme ai resti dell’abside orientale. Il luogo risulta pregno di ogni possibile stratificazione culturale, fungendo, nel contempo, come modello verso una imprenditoria sensibile, capace di far combinare presente e passato secondo un processo virtuoso, lungi dal voler decontestualizzare il contesto storico e culturale di partenza. Tale realtà che lega archeologia ed arte contemporanea si presenta al pubblico per la prima volta con un progetto inedito intitolato LOVOTIC, appositamente ideato dai Soundwalk Collective, con Charlotte Gainsbourg feat Lyra Pramuk, Atom™, Paul B. Preciado e Willem Dafoe, a cura di Threes Productions e fruibile dal 27 gennaio al 15 luglio 2022.
A ben guardare questo modello culturale, cifrato da una inedita esperienza artistica, affiora un particolare rapporto con il tempo, inteso non come circostanza di rottura, bensì quale transito liquido ed occasione d’incontro con espedienti inconsueti, poiché gli spazi del palazzo vengono interpretati secondo un particolare connubio in cui il tessuto archeologico si integra all’arte contemporanea senza creare elementi di disturbo. Tutto ciò non sarebbe stato possibile se i lavori di restauro eseguiti al piano ipogeo, che al momento del rinvenimento era sommerso d’acqua, non fossero stati eseguiti con professionalità e a regola d’arte nel riuscito tentativo di rispettare a pieno il sito; interventi volti anche ad intendere in maniera inedita la soglia relazionale tra l’ambiente, il visitatore ed i site specific oggetto delle ideazioni espositive. In questo modo qualsiasi opera allestita presso lo spazio rimane un’azione ermeneutica, un atto di apertura verso differenti vagli interpretativi, caratteristica quest’ultima, che si delinea chiaramente dalle parole della fondatrice che seguono in questa intervista. Assieme a tale peculiarità ne emerge un’altra, ancora più tangibile, che caratterizza da sempre l’attività della fondatrice: l’essere indicibilmente legata ai valori che sostengono la creatività contemporanea in tutte le sue forme, frutto di una chiara presa di coscienza verso un’arte chiamata a sfiorare la condivisione comune. Un’ottica ed una interpretazione che volge verso la concezione di un’arte non più parcellizzata, bensì capace di scorrere in parallelo con gli altri settori multidisciplinari. Nel caso di FOROF le azioni di tutela, valorizzazione e promozione, si uniscono ad un energico phatos verso le alterità artistiche contemporanee, così da porre la Caruso Fendi come figlia di una affezione intellettuale verso il sapere che la porta a considerare tale progetto come materia vergine e base d’avvio su cui iniziare a lavorare.
Non è un caso che l’esposizione LOVOTIC tragga origine non solo dal luogo, da cui, come detto, trae linfa vitale, ma anche dal complesso storytelling che immagina l’arrivo, tra i reperti archeologici, di tracce di vita da un lontano 2030. Così, nel percorso espositivo si sviluppa una narrazione multipla, per immagini e parole mormorate, di una realtà tanto futura quanto fantasmatica senza alcun limite all’utopia, che si pone come suprema istanza a cui riferirsi. Questi peculiari paradigmi, che spezzano le classiche regole di fruizione espositive, mantengono viva l’immaginazione dei visitatori, giacché dal 2030 ci giungono solo minuti ed astrusi indizi: lastre di vetro che simulano sessi e muliebri ibridi, un bizzarro uovo in marmo africano che pare sia stato rinvenuto da una cavità naturale del pavimento della basilica, lastre di ottone e placcate in oro con particolari impronte digitali. In questo modo con Lovotic è facile pensare che non è necessario essere dei profeti per immaginare un futuro utopico, è sufficiente, invece, avere delle idee che reinventano la normale “liturgia espositiva” con un networking di sapienze ed esperienze. Ed è anche per questo motivo che nel percorso espositivo nulla è lasciato al caso: il pubblico, infatti, è accompagnato dalle suadenti sonorità delle guide che illustrano ogni sfumatura delle cavità spaziali del sito archeologico, a cui viene adattato il corposo storytelling. Pertanto, non c’è da stupirsi che una tale affascinante e suggestiva prospettiva, puntuale binomio di archeologia ed arte, generi un percorso unico, curato nei minimi particolari: dai profumi, alla progettazione delle luci, sino all’acustica, sempre ben modulata, rabdomantica e coinvolgente al tempo stesso.
Le chiederei di chiarire l’aspetto dello storytelling che accompagna i visitatori di LOVOTIC. Accurate sfumature narrative si avvitano attorno al corpo archeologico del Palazzo di Roccagiovine. Siete riusciti a creare un racconto fluido in cui il visitatore si libra sfruttando sensi impalpabili, come l’olfatto, udito e vista. Quanto è importante lo storytelling fantastico ed utopico per la riuscita dell’intero progetto? Sarà una costante che si ripeterà anche negli episodi futuri?
L’aspetto narrativo e dello storytelling è uno degli elementi centrali del progetto LOVOTIC di Soundwalk Collective. L’album nasce da scambi di suggestioni, testi, parole tra Stephan Crasneanscki e Charlotte Gainsbourg, che sono anche presenti in mostra a livello installativo come scritte sui muri dello spazio. Rappresentano delle suggestioni narrative ai contenuti della mostra, diventando quasi poesia concreta. C’è poi il testo di Paul B. Preciado che con una narrazione speculativa ed immaginaria ci fa leggere la mostra mettendoci nei panni di un osservatore futuro che ritrova i frammenti delle opere. Lo storytelling quindi va di pari passo con un’esperienza più libera, sensoriale ed esperienziale, che invece ti dà la musica. Sono due aspetti a mio avviso ben bilanciati. Nei prossimi progetti sicuramente verrà rinnovato il dialogo tra il sito archeologico e l’arte contemporanea, anche in modi differenti, spero che la costante sia di rinnovare questo rapporto in modo inedito ogni volta.
FOROF è sinonimo di una sostenibilità etica verso i beni culturali: si inserisce sulla scia del paradigma in cui il privato apre la propria sfera al pubblico. Quali sono stati le motivazioni che l’hanno indotta a fare tale scelta?
Quando è stata costituita la Fondazione Alda Fendi – Esperimenti da mia madre, insieme a me e mia sorella Alessia, lo spazio dove ora si trova FOROF ne è stata la prima sede. Con la ristrutturazione, ormai più di 20 anni fa, sono emersi i primi ritrovamenti della Basilica Ulpia. Grazie alla collaborazione con l’allora Soprintendente La Regina, la Fondazione ha potuto collaborare e finanziare il rinvenimento e i lavori di scavo, riportando alla luce il sito archeologico. L’obiettivo è ancora quello di tutelare, conservare e valorizzare il sito archeologico. Si tratta di un bell’esempio di come il privato può collaborare con istituzioni pubbliche al fine di valorizzare parte di un patrimonio storico che altrimenti non potrebbe essere reso pubblico.
Io ora ho fatto la scelta di istituire una società benefit che al fianco di un profitto, che per quanto riguarda il mio progetto è solo di auto-sostentamento dell’attività, ha la finalità di supportare gli artisti nel loro percorso di crescita, offrendo al tempo stesso alla società civile nuove opportunità culturali e spunti di riflessione su temi contemporanei.
Palazzo di Roccagiovine è un luogo che riparte guardandosi “da dentro e dal fondo”. Nel caso particolare i lavori di restauro e risanamento ambientale hanno svelato un luogo che trova ragion d’essere nel frammento, il tangibile si lega all’intangibile secondo con un particolare rapporto con il tempo. A questo punto le pongo una domanda: come riuscire a calibrare queste due realtà, che rapporto ha inteso stabilire con il tempo, sia esso passato, presente e futuro?
FOROF si presuppone di creare un dialogo tra antico e contemporaneo, tra il sito archeologico della Basilica Ulpia e i progetti degli artisti che invitiamo a creare una mostra site specific. Nel caso di LOVOTIC, i Soundwalk Collective hanno creato uno spazio immersivo e a-temporale che potrebbe trovarsi nel futuro mostrandoti un passato non ben identificato. In questo senso, lo storytelling della mostra, di cui abbiamo parlato prima, e in particolare il testo di Paul B. Preciado, ci danno uno sguardo di interpretazione di quello che accade in mostra, mettendoci nella posizione di poter immaginare di osservare il nostro presente da un futuro non specificato. Con i prossimi progetti spero che questo rapporto con il sito archeologico sia rinnovato in modo inedito, così come il rapporto con il passato e la storia.
Con l’esperienza dell’apertura di Galleria Rhinoceros nel 2018 ed ora con Forof si percepisce come un mecenatismo illuminante possa giovare a Roma. Se dovesse volgere lo sguardo alle iniziative che attualmente stanno facendo brillare la città, in particolare riferimento alle iniziative di attori indipendenti dalla sfera pubblica, come valuta l’attuale scena artistica romana?
Personalmente una delle cose che mi piace di più fare è visitare gli studi degli artisti. Lo faccio molto spesso accompagnata e guidata da mia figlia Veronica, che lavora da tantissimi anni in questo settore e con cui condivido questa passione. Sono luoghi incredibili che possono darti uno sguardo intimo sulla produzione artistica. Dagli artisti nasce un po’ tutto questo discorso.
In generale, credo che ci sia bisogno di iniziative private, al fianco di quelle pubbliche. Così come di iniziative istituzionali al fianco di iniziative dal basso, di autorganizzazione, come i così detti artist-run spaces o gli spazi indipendenti più in generale. Mi sembra di notare, anche grazie ad iniziative di ricerca che ne hanno dato credito, come lo sono recentemente dimostrazione la mostra Materia Nova di Massimo Mininni o Vera il libro ricerca di Damiana Leoni, che siano fiorite tantissime iniziative artistiche negli ultimi anni. Spero che questo momento di fervore si possa stabilizzare e continuare per rendere Roma un luogo accogliente alla produzione artistica contemporanea. Certo questo può avvenire grazie ad un sostegno diffuso, sia privato che pubblico, sia individuale che collettivo.
LOVOTIC di Soundwalk Collective con Charlotte Gainsbourg feat. Lyra Pramuk, AtomTM, Paul B. Preciado e Willem Dafoe
a cura di Threes Productions
27 gennaio – 15 luglio 2022
FOROF
Foro Traiano 1, Roma
Orari e giorni di apertura: dal mercoledì alla domenica, dalle ore 11.00 alle ore 18.00, con ultimo ingresso ore 17.00
Info: info@forof.it
www.forof.it