BERGAMO | Traffic Gallery | 13 giugno – 11 luglio 2020
di MATTEO GALBIATI
Potrebbe sembrare irrazionale o, quantomeno, paradossale, sicuramente dissacrante, associare le “figure” dei maggiori protagonisti della musica Trap italiana alle più antiche e classiche modalità di rappresentazione dell’icona d’origine greco-bizantina. Eppure ci voleva la raffinata e pungente acutezza di Filippo Riniolo (1986) per avvicinare e fondere mondi (e modi) apparentemente così distanti e inconciliabili.
Nella personale Dell’eroina e dell’incenso, mostra con cui si sancisce la fine del lockdown per la Traffic Gallery di Bergamo, l’artista torna a manifestare la camaleontica versatilità delle sue capacità che, per ottenere ogni volta lo strumento di ricerca più adatto e utile, sanno spaziare attraverso tecniche diverse – si muove, infatti, con intelligente e coscienziosa disinvoltura dalla fotografia all’installazione, dalla performance al sound art, dalla pittura al video – per proseguire la sua riflessione e la sua analisi di temi legati alla nostra società e al nostro presente.
In un lavoro che avrebbe potuto avere sintomatiche eccedenze “pop“, la sagacità di Riniolo depista ogni deriva leggera innanzitutto facendo leva proprio sulla tecnica che coglie di sorpresa anche l’osservatore più distratto perché, ricorrendo alla qualità della pittura antica, dove non sono ammessi errori o imperizia, evidenzia come, attraverso la sapienza e la conoscenza della mano e del saper fare, sia la preziosità e il rispetto del tempo adottato a restituire un altro valore alla pittura stessa e, di conseguenza, ad incarnare, nell’immagine che raffigura, un senso e una logica differenti, altri rispetto la superficialità apparente dedotta dalla sua immediatezza.
La tempera all’uovo e la foglia oro (appresa da Riniolo in una residenza d’artista ad Istanbul), stesa e cesellata con la pietra d’agata, hanno costituito uno sforzo realizzativo peculiare e una temporalità assolutamente dedicata che attestano quella cura esclusiva che sa trasformarsi in narrazione. Sintomo di tale consapevole volontà, che inevitabilmente innerva ogni singola opera, è un pensiero concentrato, mai casuale o asservito ad un semplicistico decoratissimo formale auto-compiaciuto.
Le figure dei cantanti, che spopolano tra i più giovani e che conquistano platee sempre più allargate con un genere (il Trap) nato e riconosciuto come tale solo negli ultimi decenni, sono “elevate” e “santificate” da Riniolo facendo loro vestire, senza mai perdere i loro attributi connotanti di star (secondo una nuova definita iconografia contemporanea specifica), le vesti di santi, madonne, angeli, etc… abituali, nel loro profilo e atteggiarsi, proprio per le immagini delle più antiche e classiche icone.
Dreadlock, tatuaggi, fisici palestrati, occhiali da sole sono alcuni esempi di connotazioni in grado di restituire questa attualissima (nuova) agiografia che identifica l’analisi di un fenomeno della nostra contemporaneità, la cui chiave di lettura e di interpretazione viene (logicamente) immersa (e provata) dall’artista in un passato lontanissimo. Si combina, allora, il doppio valore del gesto di Riniolo che, in queste opere, sa miscelare, montandoli e smontandoli continuamente, i modi di una modernissima iconografia e quelli di una riflessa e dissacrante iconoclastia (i volti sono emblematicamente annullati e resi fantasmatiche silhouette vuote, in un processo di continua tensione tra opposte significazioni).
In questo dimorfismo artistico l’ampollosità del culto delle immagini, sdoganato nella cultura occidentale, come ci ricorda e sottolinea lo stesso Riniolo, dal lontano Concilio di Nicea del 786 (naturalmente d.C.) che ha permesso al Dio cristiano e ai suoi Santi di essere raccontato, tramandato e venerato attraverso volti e corpi, intaccando il primato della parola nella narrazione religiosa, riverbera nel divismo (divus = dio/divino in latino!) contemporaneo.
Compresi mondi e modi di tale raf-figurazione per noi si assottiglia allora il divario che separa quelle tavole, immerse nella luce delle candele e nel profumo d’incenso e custodite nelle vetuste iconostasi, limite tra il popolo dei fedeli e l’intellegibile spazio della liturgia, dalla moltiplicazione senza controllo agita (e voluta, ampiamente ricercata) con i vari social di oggi, Instagram in primis, dalle nuove divinità che dal palcoscenico dello spettacolo aspirano ad essere celebrate sull’altare della notorietà.
Sacro e profano, nuove e vecchie iconografie, iconoclastia e culto dell’immagine si combinano in un’assonante miscela di opposti e raffinati equilibri semantici tesi tra antico e contemporaneo. Una mostra colta e intellettualmente profonda che Filippo Riniolo, con il gallerista Roberto Ratti, in occasione dell’apertura riservata, hanno reso ancor più partecipata facendoci ammirare le icone (montate ad una certa altezza come tradizione vuole) al lume di candela. Abbiamo osservato i “nuovi santi” nella penombra e nella semioscurità per privilegiare, secondo una dialettica rigorosa, quel rapporto di temporalità sfalsata, ma sempre corrispondente, che avvolge l’intero progetto espositivo fin dal suo concepimento, nel pieno rispetto della sua dimensione di senso definitiva.
Filippo Riniolo. Dell’eroina e dell’Incenso
13 giugno – 11 luglio 2020
Traffic Gallery
Via San Tomaso 92, Bergamo
Orari: la fruizione della mostra avverrà rispettando le regole sanitarie dettate dal decreto ministeriale in vigore in quel dato momento. L’ingresso all’interno dei locali della galleria avverrà in maniera contingentata. In caso di chiusura per decreto ministeriale la mostra sarà visitabile esclusivamente online.
Info: +39 035 0602882
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