GUALTIERI (RE) | Palazzo Bentivoglio | FINO AL 14 NOVEMBRE 2021
Intervista a NADIA STEFANEL e a MATTEO GALBIATI di Maria Chiara Wang
‘Abituare i nostri occhi a guardare oltre’, così le opere di Antonio Ligabue poste in dialogo con quelle di 11 artisti contemporanei sul tema della figura, ci invitano a superare le diffidenze nei confronti dell’arte del presente e a coglierne il valore. Nadia Stefanel e Matteo Galbiati, curatori della mostra Ligabue, la figura ritrovata. 11 artisti contemporanei a confronto, a partire da un nuovo corpus di opere di Antonio Ligabue selezionato da Francesco Negri, riaprono le porte del Salone dei Giganti di Palazzo Bentivoglio a Gualtieri (RE), con due nuclei espositivi che riflettono le due anime di Ligabue: una più aggressiva, feroce e rabbiosa, l’altra più delicata e sensibile. L’esposizione è, inoltre, l’occasione per affrontare temi differenti come quello del collezionismo, della conservazione e del restauro, del confronto tra generazioni di artisti, dell’importanza di tornare a fruire dell’arte dal vivo, in presenza, e molto altro ancora.
Ligabue, la figura ritrovata è la prima mostra nella storia della Fondazione Museo Antonio Ligabue di Gualtieri (RE) ad aprire le porte al mondo dell’arte contemporanea: Nadia, puoi illustrarci le motivazioni che hanno portato a questa scelta innovativa?
Nadia Stefanel: Per 29 anni ho vissuto a Gualtieri, mi sono laureata in Conservazione dei Beni Culturali con la tesi in Storia dell’Arte Contemporanea dal titolo Antonio Ligabue: il progetto e l’opera con il Prof. Arturo Carlo Quintavalle, quindi, ripartire da ‘il Toni’, ma proponendolo secondo una visione inconsueta, in una chiave diversa rispetto al grande lavoro realizzato in passato, era doveroso. Era necessario, infatti, cercare di far interagire questo artista e uomo così scomodo – non allineato né allineabile, stravagante, insofferente al conformismo, libero da vincoli e suggestioni di scuole o correnti – con la contemporaneità dell’arte di oggi, aprendo le porte del Salone dei Giganti in Palazzo Bentivoglio, sede del Museo a lui dedicato, anche al confronto con le giovani generazioni di artisti. L’intento è quello di stabilire un legame fra la poetica di Ligabue e quella degli 11 artisti contemporanei in mostra, che permetta di conoscere meglio il già noto, di sostenere la rete, di incentivare i contatti e le relazioni, anche economiche, e di abituare i nostri occhi a vedere oltre, nell’ottica di un’Arte universale che, da sempre, aiuta a resistere anche in periodi come quelli in cui verte la cultura oggi.
Su vostro suggerimento, alcune delle 16 tele di Ligabue ricevute in prestito per la mostra sono state sottoposte ad un restauro conservativo: di che tipo di intervento si tratta?
N.S.: Da sempre le opere d’arte sono soggette ad un inevitabile invecchiamento. Con il passare del tempo la superficie pittorica dei dipinti, di quelli ad olio in particolare, si sporca a causa del deposito della polvere e delle materie organiche presenti nell’aria degli ambienti in cui vengono custoditi. L’intensità dei colori scuri e la brillantezza di quelli chiari vengono così compromesse; le tinte ingialliscono, le sfumature diventano impastate, i contorni dei soggetti e delle pennellate offuscati. Ciò vale in special modo per i dipinti di Ligabue sui quali egli aveva distribuito, in abbondanza, una vernicetta per fare risplendere i colori degli olii, colori che, invece, il tempo e la scarsa qualità della vernice stessa hanno reso velati e scuri. In questi casi si suggerisce al collezionista dell’opera di farne pulire la superficie ad olio con acqua e pennelli, com’è avvenuto nel caso di Leone e leonessa del 1932-33, presente in mostra, che ora splende per i dettagli ritrovati e per la delicatezza delle sfumature.
In tanti anni di esperienza, che livello di sensibilità e di attenzione alla preservazione e alla giusta esposizione delle opere avete riscontrato nella rete dei collezionisti con i quali avete costruito un rapporto di stima e di fiducia?
N.S.: Per alcuni artisti non viventi il rapporto a posteriori con i collezionisti che li hanno amati e comprati è decisamente importante, nel caso di Ligabue soprattutto. Electa nel 2002 ha pubblicato il catalogo generale delle circa 700 opere di Ligabue, curato da Sergio e Francesco Negri, padre e figlio, da sempre attivi nel salvaguardare l’Arte ‘del Toni’, sia dal punto di vista del lavoro di archiviazione, sia mediante l’impegno nel ‘tenere pulito’ il mercato delle opere di Ligabue dagli innumerevoli falsi, tutt’ora in circolazione. La fiducia dei collezionisti, guadagnata grazie alla serietà e alla professionalità del lavoro svolto, dimostrataci nell’aprire le loro case e nel prestarci i dipinti per periodi anche lunghi, è la base su cui costruire progetti nuovi.
Il contributo dei collezionisti è fondamentale quando si tratta di una mostra incentrata sul pittore ‘emiliano’, poiché la sua vastissima produzione è disseminata nel territorio: puoi parlarci di questa peculiarità delle opere di Ligabue? Inoltre, quali criteri avete applicato durante la fase di selezione dei lavori da esporre?
N.S.: Ligabue ha dipinto, disegnato, modellato la terra del Po dal primo momento che arrivò a Gualtieri fino alla morte. Ha lavorato moltissimo soprattutto perché riteneva le sue opere una possibile merce di scambio da barattare in cambio di un pezzo di pane o di un piatto di minestra. Inoltre, condusse una vita come imprigionato in un labirinto dell’esistenza, fra fatiche, solitudini, inquietudini, ossessioni, ricoveri e annientamenti, che trovarono quiete solo in quelle atmosfere fantastiche dipinte, nelle quali il colore era un mezzo per esercitare un influsso diretto sull’anima. Pittura, quindi, come faro per uscire da tutto. Si parla, perciò, di una produzione vastissima, buona parte della quale, però, è stata distrutta da coloro che non ne avevano capito la grandezza. Chi, invece, ne comprese lo spessore, comprò le opere facendone tesoro, grazie anche al contributo dei critici e dei galleristi che, nel tempo, ne hanno fatto innalzare moltissimo il valore.
In questa circostanza, abbiamo desiderato costruire per la Fondazione Museo Ligabue, con la consulenza di Francesco Negri, una mostra di dipinti o disegni che non fossero stati esposti nell’ultimo periodo, e che non fossero, quindi, impressi nella memoria visiva recente, anche se presenti in quantità più ridotta. L’olio Leonessa con zebra del 1958-59, ad esempio, è una prima assoluta per Gualtieri, non essendo stato presente nemmeno nell’antologica del 1975.
Le opere degli artisti contemporanei in mostra divergono per stili e per media, oltre che per tecniche utilizzate, li accomuna invece il tema della figura, sia essa espressa come lineamenti umani o come profili della natura. Sulla base di quali valutazioni è stata operata la scelta degli artisti e delle loro opere?
N.S.: La Fondazione ha sempre avuto e ha ancora il compito di valorizzare e implementare la conoscenza dell’opera di Antonio a 360 gradi, in Italia e all’estero, ma a questa ‘mission’ abbiamo voluto unire la consapevolezza che quel tipo di attività di sostegno culturale fosse strategica non solo nella direzione dell’approfondimento, della ricerca e dello studio della vita e dell’Arte di Ligabue, ma anche verso un confronto con il presente, con l’Arte del XXI secolo. Abbiamo quindi sondato il tessuto artistico per cercare quelle relazioni che potessero arricchire il nostro focus principale sul pittore, aprendo in parallelo la conoscenza anche ad artisti viventi legati a quel mondo, con la volontà di proiettare – dopo un periodo così lungo di fermo pandemico – il nostro sguardo al futuro, nella speranza di un dopo migliore.
Il progetto di Ligabue, la figura ritrovata. 11 artisti contemporanei a confronto è nato con questo intento, impegnandoci in una sfida di analisi artistica. Assieme a Matteo Galbiati, co-curatore della mostra, abbiamo selezionato alcune opere di artisti contemporanei dell’ultima generazione che potessero confrontarsi con l’espressività forte della pittura ‘del Toni’ e dei suoi temi e che rispondessero meglio alla necessità di evidenziare le due anime di Ligabue. Ne è nato un elenco di 11 artisti, con riconosciute professionalità e curricula espositivi anche all’estero. La base della mostra rimane Ligabue, ma viene in qualche modo attorniato da artisti che hanno saputo accogliere la proposta, l’hanno sostenuta comprendendo quanto l’Arte di Antonio possa essere anche contemporanea, soprattutto per la libertà e la sicurezza di esecuzione, senza pentimenti o titubanze, un modus operandi istintivamente guidato da una ricca fantasia visionaria, che lo ha portato alla immediata realizzazione figurativa, senza abbozzi preliminari, facendo scaturire la figura dipinta o la scena dalle nebbie contorte della sua mente.
Con quale criterio è stato realizzato l’allestimento? Ovvero, come è stato concepito il percorso espositivo e in base a quale parametri sono state accostate le opere contemporanee sia tra loro sia rispetto a quelle di Ligabue?
N.S.: Confrontarsi con le misure del Salone dei Giganti (34 mt di lunghezza, 17 di altezza e 16 di larghezza) – splendido esempio di salone dei ricevimenti, affrescato con la Gerusalemme Liberata tra il 1619 e il 1623, e arricchito nel 2015 con un allestimento site specific realizzato dall’archistar Mario Botta – è sicuramente impegnativo, come lo è anche la grande diagonale nera di pannelli che taglia il salone per 25 mt.
Abbiamo, quindi, deciso di creare due sezioni che partissero dalle due anime di Ligabue: una più aggressiva, feroce e rabbiosa, l’altra più delicata e sensibile, nella quale le atmosfere lasciano intravedere una certa serenità.
I soggetti ‘del Toni’, infatti, abbracciano sia le dolci scene agresti (in mostra Tacchini con paesaggio 1934-35; Aratura 1944-45; Daini con paesaggio 1952), sia le allucinanti rappresentazioni di lotta e violenza (in mostra Leone con leonessa 1932-33; Leonessa con zebra 1958-59; Lotta di galli 1958-59), tematiche contrastanti tra loro come il giorno e la notte, dipendenti da fenomeni patologici che si manifestavano in lui in modo sconvolgente ed improvviso.
Da questa suddivisione principale di Ligabue sono stati creati i due nuclei espositivi degli artisti contemporanei: accanto alle lotte e agli animali feroci sono stati accostati gli artisti che realizzano il farsi concreto della pittura nell’energia epidermica, carnale e fisica del colore (Andùjar, Baricchi, Grassi, Pinelli, Pometti); accanto alle scene serene di animali, artisti che pongono l’accento sul potere trasfigurante dell’arte, che coglie l’immagine nell’istante in cui diventa memoria, sogno, miracolo, apparizione (Bertaglia, Lombardi, Ochoa, Parisi, Tentolini, Vicari).
Matteo, alla luce di quanto detto, che considerazione d’insieme proporresti di questa importante mostra?
Matteo Galbiati: La mostra costituisce, come ha già sottolineato anche Nadia Stefanel, un’occasione e un impegno per noi curatori, per la Fondazione, per il Comune e per gli artisti, ma anche per il pubblico. Un’occasione perché non è così frequente poter far dialogare e interagire i linguaggi più attuali della nuova generazione di artisti con quelli di un grande maestro storico in modo così libero e aperto, come abbiamo potuto fare in questa mostra. Lo spunto, seguendo il doppio registro emotivo in cui abbiamo suddiviso le opere di Ligabue, è stato proprio quello di generare delle connessioni basate su affinità e convergenze, vicinanze empatiche e istintive che collegassero l’espressività del maestro di Gualtieri con quella degli artisti che abbiamo selezionato. Desideriamo che questo fluire libero di “impressioni” nasca tanto dal confronto tra opere, quanto dalle pause di riflessione che si possono (devono) fare sui singoli autori, proponendo a chi guarda un piccolo riassunto, un focus, composto da più lavori di ciascuno di loro; in tal modo offriamo la possibilità di osservare in maniera più ampia, su pareti personalmente dedicate, l’essenza del loro dipingere. Del resto questa mostra è dedicata alla figura, al colore, alla pittura. È un’occasione per riconnettere elementi della storia e dell’attualità, per tessere le trame di un legame tra Ligabue – vissuto ai margini della società e dell’arte e tardivamente compreso e celebrato – e il nostro tempo, generando quel confronto con l’altro che in vita aveva tanto cercato e che gli è mancato. Vogliamo che i temi e il sentire emergano in tutta la loro validità senza tempo, pensiamo che certe emozioni non possano spegnersi mai nell’arte e, a dimostrazione di questo valore, abbiamo voluto questi giovani artisti che per noi costituiscono un esempio della potenza narrante nell’oggi.
Quali aspettative nutrite nei confronti di tale progetto?
M.G.: L’aspettativa è quella che il pubblico possa lasciarsi affascinare dalle opere degli 11 artisti contemporanei accogliendo il valore dell’arte del presente verso la quale, o per non conoscenza o per pregiudizio, la gente nutre ancora molta diffidenza, ma attesta anche tanta curiosità. Noi vogliamo far leva su questa curiosità per dimostrare che il presente non è solo mercato, moda o la fiera delle vanità, vogliamo che la loro presenza sia specchio di un valore estetico ed etico, d’impegno e fermezza nella vocazione artistica, capace di emozionare, stupire, interrogare ed essere dentro alla storia, passata e attuale. Ligabue è ormai conosciuto, amato apprezzato per tutte quelle contrastanti tensioni che lo rendono unico, eppure abbiamo l’ambizione che possa essere riletto e rivisto con un’inattesa attualità generata proprio dal confronto che abbiamo messo in campo, senza prevaricazioni e senza eccessi, vogliamo una lettura lineare e senza paradossi. Crediamo in un dialogo di riflessioni, intese sia come considerazioni che come rispecchiarsi reciproco del proprio sentire.
Le opere esposte vogliono essere un campione, certamente parziale e non esaustivo, del desiderio di comunicare attraverso l’immagine, esattamente come faceva Ligabue, per il quale l’arte e la pittura erano l’unico modo per rivolgersi al mondo. Quello che cerchiamo di dimostrare è che la figura è ritrovata quando non viene solo osservata e guardata, ma anche ascoltata e sa toccare nel profondo. Vogliamo che i visitatori sappiano accogliere qualche elemento che porteranno con sé come memoria, la suggestione di qualcosa che si muove nell’animo grazie alla forza distillante dell’arte.
Qual è il significato più ampio ricoperto dalla mostra, alla luce del periodo che il mondo dell’arte ha vissuto nell’ultimo anno abbondante e che sta ancora vivendo?
M.G.: Certamente la mostra, per la situazione dettata dalla pandemia globale, ha subito degli adattamenti; abbiamo dovuto rimandare l’apertura diverse volte, perché volevamo assolutamente – alla luce di tutto quello che abbiamo detto – che potesse essere aperta in presenza: non si poteva, inaugurare in modo virtuale una mostra che parla di figura ritrovata. Era necessario che tutti noi ci ritrovassimo anche come persone. Ovviamente abbiamo dovuto e dobbiamo rispettare delle restrizioni come il contingentamento delle persone all’interno della mostra, ma questo non ci ha impedito di inaugurare con l’abbraccio di un numeroso pubblico presente. Abbiamo sentito il valore di essere una comunità attiva e inclusiva, desiderosa di guardarsi negli occhi, di parlare, di stare vicina grazie all’occasione di una mostra, all’occasione di quell’arte e di quella cultura che per lungo tempo ci sono state negate. L’arte ha permesso di ritrovarci per tornare a respirare la bellezza.
Ligabue, la figura ritrovata. 11 artisti contemporanei a confronto
A cura di Nadia Stefanel e Matteo Galbiati
Con la consulenza scientifica di Francesco Negri
Artisti: Antonio Ligabue e Evita Andùjar, Mirko Baricchi, Elisa Bertaglia, Marco Grassi, Fabio Lombardi, Juan Eugenio Ochoa, Michele Parisi, Ettore Pinelli, Maurizio Pometti, Giorgio Tentolini, Marika Vicari.
15 maggio – 14 novembre 2021
Fondazione Museo Antonio Ligabue
Palazzo Bentivoglio
Piazza Bentivoglio 36, Gualtieri (RE)
Orari di visita (solo su prenotazione): sabato ore 10.00-13.00 e 15.00-19.00, domenica e festivi ore 10.00-19.00
Il biglietto di ingresso a Palazzo Bentivoglio è comprensivo dell’accesso alla mostra
Intero Euro 5,00, ridotto Euro 3,00
Catalogo Vanillaedizioni
Info: +39 0522 221853, M +39 349 2348333
info@museo-ligabue.it
www.museo-ligabue.it