Intervista a Paola Casorati di Francesca Di Giorgio
Ad aprirci le porte della casa di Felice Casorati, nel cuore di Torino, al fondo di un cortile di via Mazzini, è Paola, moglie di Francesco Casorati, scomparso nel 2013, e che dal padre Felice ha ereditato il talento in pittura.
La facciata della palazzina interna al cortile, di stile neoclassico, dove al piano terra ha sede casa Casorati si fa notare per il carattere dell’architettura e per i suoi colori, un bianco e blu insolito per un’abitazione torinese, scelti da Francesco nel 2005 quando si decise la tinteggiatura del cortile.
«Dopo la guerra – racconta Felice Casorati nel 1962 in un’intervista audio – sono venuto a Torino perché mi sembrava la città più adatta allo sviluppo della mia arte. Questa città quadrata, ordinata, mi sembrava che era proprio il posto dove io dovessi vivere ed ho per fortuna trovato una casa, ed è sempre stata quella sin da allora, che io amo moltissimo, silenziosa, è a piano terreno, piccolo giardino, un cortile, dove io sto con i miei cani, […] ed io vivo tranquillo, non sento automobili, non sento i tram, non sento nulla […] e la pittura proprio mia, veramente mia, è incominciata allora con il quadro L’Attesa, il Tiro a segno, La donna e l’armatura, Silvana Cenni, la mia vera pittura è cominciata allora, forse quella pausa lunga (della guerra) mi ha giovato in un certo senso, mi ha fatto fermentare germi che erano ancora in me e che non potevano avere sviluppo altro che, forse, in mezzo a questi dolori, la morte di mio padre […]».
All’interno, il basso fabbricato che dà nei cortili popolari di via della Rocca (gli unici cortili ed edifici popolari in una via di palazzi nobiliari e alto borghesi), acquistato da Felice Casorati nel 1937, fu da lui trasformato in uno studio per la moglie e madre di Francesco, Daphne, diventato poi di Francesco sino alla sua morte. Lo studio di Felice, nella parte centrale, oggi adibita a giardino, andato bruciato a seguito di un bombardamento nel 1942, non fu più ricostruito nel dopoguerra da Felice, ormai con un suo studio all’Accademia Albertina, una parte degli spazi era dedicata gli allievi e una a deposito per quadri e gessi. Di tutti questi spazi esistono le famosissime foto scattate dal grande Giuseppe Pagano nel 1940 e in parte sono pubblicate in cataloghi su Felice e tutte in catalogo della Fabbri editori, per la mostra all’Accademia Albertina del 1985 Felice Casorati 1883-1963, a cura di M. Mimita Lamberti e Paolo Fossati. «Documenti eccezionali e foto splendide», sottolinea Paola Casorati.
Nell’ottobre scorso per volontà della famiglia Casorati, dell’amministrazione comunale di Pavarolo e con il sostegno della Compagnia di San Paolo vi è la riapertura dello Studio di Felice Casorati a Pavarolo (TO), con una mostra sulle Opere grafiche, a cura di Francesco Poli. Si esaudisce così un desiderio del figlio Francesco.
In una intervista rilasciata nel 1961, Daphne Maugham Casorati racconta: «Un giorno, durante una passeggiata in un paesino di campagna, a Pavarolo, vidi una casa che mi piacque e, quasi per scherzo, dissi a Felice: “Comprami quella casa”. Lui la comprò». Sino ad allora, pur amandosi da tempo, Daphne e Felice vivevano, a Torino, in case separate e proprio la decisione di comprare quella casa li portò a unirsi in matrimonio e a iniziare, dal luglio del 1931, la loro vita insieme.
Da allora il paese di Pavarolo diventerà l’amatissimo luogo di villeggiatura e poi, durante gli anni della guerra, rifugio permanente dell’intera famiglia: della madre di Felice, delle due sorelle e del figlio Francesco, nato nel 1934. Andare d’estate a Pavarolo o solo nel fine settimana, era per tutti una grande gioia e Felice, in taccuini personali dei tardi anni ’50, quando annota “Domenica a Pavarolo con Daphne” aggiunge ogni volta “bellissimo”. Qui trovava una serena calma e la gioia, per lui avanti negli anni, di vedersi accanto, pieno di allegra vitalità, il figlio Francesco con i suoi giovanissimi amici pittori, Nino Aimone, Romano Campagnoli, Mauro Chessa, Francesco Tabusso, Marcolino Gandini. Lo scopone serale con Cagnassone padre e figlio concludeva una felice giornata.
La casa, pur grande, non consentiva a Casorati di avere uno spazio ampio e luminoso per dipingere e si fece così costruire, attiguo a questa, un piccolo edificio di una sola grande stanza, con vista su quelle ordinate colline che ritroviamo in tanti suoi quadri. Quel luogo un po’ separato e segreto di Felice, diverrà, dopo la sua morte nel ’63, per quasi vent’anni, lo studio di Daphne e, successivamente, per tenerlo in vita, abitazione di amici cari a Francesco. Col passare del tempo, tuttavia, nacque vivissimo in lui il desiderio che lo studio del padre e della madre divenisse in futuro uno spazio, aperto al pubblico, da destinare alla realizzazione di progetti culturali di alta qualità. Di tale suo desiderio parlò al Sindaco della precedente amministrazione, Sergio Bossi, più volte, l’ultima in un loro incontro avvenuto pochi giorni prima della morte.
La figura femminile è una costante nell’opera di Casorati…
In tutta l’opera di Casorati, sin dagli esordi. Si pensi alla presenza di vecchie, bambine, adolescenti nei primi importanti dipinti del periodo napoletano e poi veronese. Ed è un ritratto femminile, Ritratto di Signora o Il ritratto della sorella Elvira, a segnare il debutto di Casorati alla Biennale di Venezia, nel 1907. Elvira, la sorella di ben otto anni più di Felice, colta per aver fatto il liceo classico, pittrice di piccole nature morte su poveri cartoni (Francesco la ricorda dipingere ogni giorno a Pavarolo), dall’accentuato naso aquilino e dal portamento fiero, sarà la modella-musa ispiratrice di tanti dipinti del fratello. Ritratta a tutte le età, modella di se stessa o anche in sembianze maschili come nell’importante tempera del 1919, L’uomo delle botti o nella maschera muta in Mattino o Colazione del 1919. Anche la madre, amatissima come rivelano le parole scritte su di lei da Felice nelle lettere all’amica Tersilla Guadagnini, e non solo, poserà più e più volte per il figlio, in diverse fasi della sua vita.
Dal 1928 si aggiungerà un’altra figura femminile, amata, nei quadri di Casorati, Daphne: tre sono i ritratti di lei più famosi, uno di questi, quasi matissiano, splendido, lo si è potuto vedere grazie alla importante mostra del 2014-2015 organizzata dalla Fondazione Ferrero, fatto arrivare dall’Institute of Arts di Detroit.
Daphne, ricordata da Carlo Levi alla scuola di pittura di Casorati, «Alta, chiusa, pallida, piena di riserbo e di una bellezza che, per venire dall’interno, dalla limpidità del sentimento, pareva più profonda e misteriosa. Diversa, tra le altre allieve, seria nel lavoro, semplice, fedele alle cose amate e a stessa», entra nella vita di Felice cambiandola profondamente, come il suo lavoro che «diventò più sereno, più sicuro, più calmo».
Daphne Maugham, nata a Londra, ma vissuta a Parigi, frequentò prestigiose scuole, tra il 1914-1916 l’Académie Ranson con maestri quali Paul Sérusier e Maurice Denis, nel 1916 l’atelier di Mela Muter, infine tra il 1918-1921 l’Academie Notre-Dame des Champs di André Lhote; a Londra, nel 1922 la Slade School of Art, London University, e tra la fine del 1925-26 sino al 1930, a Torino, la nota Scuola di Felice Casorati in via Galliari 33.
La sua posizione nei confronti della guerra ha fatto parlare di un Casorati antifascista…
Felice Casorati, al suo arrivo a Torino, entra in contatto con il giovanissimo Piero Gobetti, collabora alla sua attività editoriale, diventando anche socio della casa editrice. Il suo nome è tra quelli dei firmatari di un ordine del giorno che compare sulla nuova rivista “La rivoluzione liberale” nell’aprile del 1922: un appello ai giovani intellettuali per un impegno diretto a sviluppare un lavoro di ricerca teorica coerente alla linea democratica liberale della rivista. Il 6 febbraio sarà arrestato (e dopo pochi giorni rilasciato), insieme a Gobetti e al tipografo Pittavino. Il suo studio viene perquisito e vengono sequestrati vari documenti. Scrive Francesco Poli: «Pur rimanendo fino alla fine amico di Gobetti, Casorati assumerà una posizione molto prudente e distaccata da ogni diretto coinvolgimento politico. Il suo rapporto con il fascismo sarà, negli anni successivi, molto diplomatico, senza frizioni tali da compromettere la sua partecipazione alle maggiori manifestazioni artistiche ufficiali, dalle mostre del Novecento alle partecipazioni a Biennali e Quadriennali».
Signora Paola, i suoi primi ricordi di Felice Casorati?
Amavo questa casa come un mito, perché così l’amava mia madre e, quando venivo, bambina, mi colpiva la presenza dell’ombra che sembrava avvolgere la grande sala severa con la scala e i mobili neri e le pareti grigie; il cane che mangiava accanto a Casorati, seduto su uno sgabello; la vivacità e la simpatia di Pina; la voce calma di Daphne quando, con pronuncia inglese, inascoltata, rimproverava Francesco, se troppo scomposto a tavola; la mimica delle mani e della faccia di Felice (che poi ritroverò in Francesco) quando raccontava barzellette.
Come ha preso forma l’Archivio Casorati?
L’archivio, dal punto giuridico, è nato nel giugno del 2003 per volontà di Francesco, ma, dopo la morte di Felice, fu Daphne a seguire la preparazione della monografia curata da Carluccio su Casorati, a trascrivere a macchina tutte le lettere inviate dal 1907 al 1914 da Casorati a Tersilla Guadagnini, documento di eccezionale importanza per ricostruire quell’arco temporale antecedente alla guerra; a classificare le sue incisioni, i disegni e i libri della biblioteca, svolgendo il tutto con un’energia e un’intelligenza pratica sorprendente. Continuò a dipingere, ma, per fare spazio, tolse dal telaio gran parte dei suoi dipinti, mettendoli in un baule. Dopo la sua morte nel 1982, sarà Francesco, tornato nella casa di via Mazzini, a rintelare, restaurare e verniciare le tele arrotolate nel baule, trovato per caso. So che per lui fu un amoroso commovente lavoro. La classificazione delle foto dell’opera di Casorati, dei cataloghi, degli articoli usciti su quotidiani e riviste, di gran parte dei documenti fu fatta da Giorgina Bertolino che, con Francesco Poli, cureranno la pubblicazione del catalogo generale. Tutto ciò che ancora restava e resta da fare non solo relativamente a Felice, ma anche a Daphne e a Francesco, ho provveduto e provvedo a portarlo avanti io, curando in particolare la conservazione, ma la vita in generale, la mia in particolare, non è abbastanza lunga per portare a termine questo immane lavoro. Questa enorme casa, ora più archivio che abitazione, frequentata da studenti per tesi o ricercatori, è un mondo nel mondo e un po’ ci si perde.
Quali materiali ritiene siano più sorprendenti?
Quelli che oggi chiameremmo album fotografici e che, invece, sono raccolte di cartoline con riproduzioni di opere d’arte del passato: dipinti, sculture, mosaici ecc… Venivano raccolte da Elvira e messe in questi album, documenti fondamentali per ricostruire il rapporto di Felice con l’arte antica. Se pensiamo alla recente mostra di Boccioni a Milano, ora al Mart, si parte proprio dalla documentazione che lui ha raccolto. Si potrebbe pensare a una mostra a partire da questi album, sono come un “piccolo museo”. Casorati da Firenze, da Roma e da tutti i luoghi che visitava, mandava indicazioni ai familiari perché le tenessero da parte e ad Elvira diceva “Mi serviranno”. Gli amici stessi hanno contribuito dando le loro cartoline.
Quali sono invece le mostre che hanno contribuito a fare nuova luce?
Mi limito a citare le due ultime, recenti: quella alla Fondazione Ferrero del 2014-15, Felice Casorati Collezioni e mostre tra Europa e Americhe, e quella a Padova, Il giovane Casorati – Padova, Napoli, Verona. La prima ha esposto opere di Felice Casorati conservate in musei esteri, europei e americani, quindi nuova e importante; quella di Padova, ricostruisce i suoi anni giovanili, con anche dipinti sinora sconosciuti e con la pubblicazione in catalogo di documenti e alcune lettere di Felice Casorati a Lionello Fiumi, e una a Pietro Capoferro, suo compagno all’università, inediti, a mio vedere, di grande interesse.
[tratto da Espoarte #95]
Felice Casorati. Opere Grafiche
a cura di Francesco Poli
Studio Felice Casorati
Via del Rubino 9, Pavarolo (TO)
Fino al 25 giugno 2017
Orari: il sabato dalle 15.00 alle 19.00 e la domenica dalle 10.00 alle 19.00, nei fine settimana dell’1-2 e 8-9 aprile, 6-7 e 20-21 maggio, 10-11 e 24-25 giugno. Ingresso libero.
PROGRAMMA:
domenica 2 aprile, dalle 10.00 alle 19.00, con il laboratorio creativo en plein air, tenuto dal pittore Alberto Castelli, dal titolo “Come dipingere il paesaggio con la tecnica dell’acquerello”, ispirato ai paesaggi delle colline di Pavarolo e al “Ritratto a Daphne Maugham” di Felice Casorati. En plein air sarà anche l’estemporanea di pittura del paesaggio dal titolo “Pavarolo e le sue colline”, domenica 11 giugno (approfondimento nel seguito del comunicato).
sabato 8 aprile, alle 18.00, nello Studio Casorati l’incontro-conversazione tra il critico e docente d’arte Francesco Poli e il pittore e critico d’arte Pino Mantovani, sulla produzione calcografica e litografica di Felice Casorati.
domenica 7 maggio, due appuntamenti alle 11.00 e alle 16.00, con il laboratorio creativo gratuito per bambini dal titolo “Il viaggio del segno”, tenuto da Chiara Casorati.
domenica 21 maggio, in occasione della Giornata nazionale dell’Associazione dimore storiche italiane, alle 11.00 e alle 15.00, passeggiata culturale guidata nel borgo di Pavarolo fra i panorami che hanno ispirato le opere di Felice Casorati e Daphne Maugham.
sabato 10 giugno, dalle 10.00 alle 19.00, il corso di pittura riservato ai giovani di Pavarolo, fra i 18 e i 35 anni, tenuto dalla pittrice Giulia Gallo. L’atelier è organizzato dalla Copat, società che collabora da anni con diverse realtà museali sul territorio nazionale e gestisce, alla Pinacoteca dell’Accademia Albertina di Torino, il progetto della “Scuola di Pittura”, aperta ad un pubblico dai 18 anni in su, a seguito di un’idea dell’allora direttore, Guido Curto, e del desiderio di creare seminari di avvicinamento alla pittura e di approfondimento delle tecniche avendo a disposizione giovani artisti formati all’Accademia.
domenica 11 giugno, dalle 10.00 alle 19.99, l’estemporanea di pittura del paesaggio en plein air dal titolo “Pavarolo e le sue colline”, progetto voluto dal critico d’arte Francesco Poli, con la volontà di rilanciare un metodo pittorico in voga soprattutto nel Sette-Ottocento europeo, grandemente utilizzato in Francia dagli impressionisti e in Italia dai Macchiaioli e anticipato dai pittori romantici inglesi. En plein air consiste nel dipingere all’aperto, per cogliere le sottili sfumature che la luce genera su ogni particolare o, come dicono alcuni artisti, per mettere su tela la vera essenza delle cose. Si tratta di un’iniziativa aperta a tutti, sia a pittori professionisti che già dipingono en plein air sia a chi vuole avvicinarsi a questo metodo, ma anche a pittori dilettanti che amano ritrarre la natura e il paesaggio. A fine giornata ci sarà l’esposizione di tutte le opere e i lavori migliori verranno premiati da una giuria di professionisti.
Inoltre nelle domeniche 14 maggio, 11 giugno e 9 luglio, dalle 10.00 alle 17.00, si svolgerà un laboratorio di autobiografia e filosofia “Raccontare e pensare insieme”, organizzato dall’associazione culturale Sapere Plurale (www.sapereplurale.net).
Le iniziative si svolgono nello Studio-Museo Casorati di Pavarolo (TO), in via del Rubino 9, e in altri siti del Comune di Pavarolo. I luoghi esatti, così come le modalità di iscrizione agli eventi, sono disponibili sui siti internet www.comune.pavarolo.to.it e www.pavarolo.casorati.net.
Il programma primaverile-estivo 2017 dello Studio-Museo Casorati di Pavarolo è stato reso possibile dalla collaborazione fra l’Amministrazione comunale di Pavarolo, l’Archivio Casorati, l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino e con il supporto della Compagnia di Sanpaolo.