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TORINO | Gagliardi e Domke Gallery | 1 novembre 2018 – 12 gennaio 2019

Intervista a FABIO VIALE di Matteo Galbiati

Tra le mostre che Torino ci offre in occasione di Artissima va segnalata la grande personale di Fabio Viale (1975) da Gagliardi e Domke Gallery non solo perché vengono raccolte le opere più significative che hanno costellato la sua carriera, ma anche per il rapporto stretto che lega l’artista al gallerista Pietro Gagliardi. Con Fifteen, infatti, si celebrano i 15 anni di collaborazione tra Viale e Gagliardi a sottolineare una storia di reciproco successo e di visioni condivise: entrambi si contraddistinguono per la forte visionarietà e per la capacità di catalizzare l’attenzione del pubblico, coinvolgendolo in un empatico interesse verso la contemporaneità dell’arte nelle sue espressioni più innovative e, al contempo, tradizionali. Un linguaggio, come la scultura, le cui origini affondano nelle prime pratiche artistiche dell’uomo, in Viale si rende attuale grazie alla capacità di trasferirvi nuove significazioni rispettando la compostezza di vecchi modelli riabilitati ad un altro “oggi”: attraverso immagini conosciute, quotidiane e di illustre tradizione, l’artista spinge oltre l’iconografia iniziale caricandola e sovraesponendola al potenziale del lessico dell’attualità, con i suoi codici e le sue immagini. Nelle pieghe del marmo, dove passato e presente si confondono, il ruolo rivelatore di contenuti potenziali spetta ancora ad una meraviglia e ad uno stupore che oltrepassano simboli e certezze storicamente acquisite per incarnarsi in nuovi capolavori. In occasione di questa mostra abbiamo raccolto la testimonianza diretta di Fabio Viale:

Fabio Viale, Ahgalla II, 2008, white marble, 140x350x90 cm

Fifteen è la mostra che celebra i 15 anni di rapporto con la galleria Gagliardi e con il fondatore Pietro Gagliardi, come ci riassumi questi anni? Quali serie di lavori hanno segnato le tappe del vostro impegno lavorativo e culturale?
Quando ci siamo conosciuti c’era la stessa distanza d’età che c’è adesso, ma allora mi sembrava enorme. Rimasi colpito dal fatto che Pietro cercasse negli artisti una capacità di esprimersi che rendesse meno ostico al pubblico il contatto con l’arte contemporanea. Era una modalità di lavoro che avevo perseguito dall’inizio della mia carriera, quella di fare un cortocircuito fra la tecnica e, attraverso quella, la sorpresa. La sorpresa rende contemporaneo un lavoro. I lavori più significativi? La barca di marmo che galleggia (Ahagalla), gli pneumatici di marmo con anche l’inganno olfattivo (Infinito), le sculture che se non le tocchi sembrano di polistirolo (Gioconda), i tatuaggi (Kouros). Ecco, i tatuaggi sono forse la tipologia di lavoro che maggiormente parla dell’impegno lavorativo. Io avevo il mio daffare a realizzarli, ma Pietro si è “sbattuto” a portarli in giro per il mondo, fino a Miami, e so che per i pochi giorni di fiera non è uno scherzo.

In questi tuoi lavori recenti la presenza del tatuaggio è diventata una nota caratterizzante. Come si legge questo intervento che – soprattutto quando viene applicato a sculture che hanno tracciato una storia passata molto precisa – porta la “pelle” della scultura a definire una nuova identità del soggetto?
Bisogna sempre ricordare che noi amiamo il marmo candido, ma gli autori del passato spesso ricorrevano alla pigmentazione delle sculture per esigenze narrative. Nascevano per comunicare ai potenti e alla plebe della grandezza dei potenti, dovevano essere il più vicine possibile al racconto di un film che pure non c’era. Ecco, intervenendo sul marmo con i tatuaggi penso di arricchire la capacità di narrazione delle mie sculture, senza togliere nulla al marmo che è un materiale che adoro.

Fabio Viale. Fifteen, installation view, Gagliardi e Domke Gallery, Torino

Quali significati nuovi, altri, si impegnano a cercare le tue sculture? Cosa vuoi che trasmettano oggi tra cultura passata e innovazione futura, tra tradizione e new media?
Non voglio sentirmi impegnato a cercare significati nuovi. Sono soddisfatto se la gente si avvicina alle mie sculture in preda ad un equivoco rimanendo, così, molto tempo in contatto con esse a meditare. Rispetto poi ai miliardi di anni di esistenza dell’universo quella che viene definita cultura passata è in realtà contemporanea. All’ingresso della GAM di Torino trovi scritto: “Tutta l’arte è contemporanea”. Qualche maligno potrebbe pensare che lo abbiano scritto perché di arte del nostro millennio non ce n’è, ma il concetto è giusto.

Quali opere saranno presenti in mostra? Che percorso intendi proporre?
Ci saranno alcune opere che il mio gallerista ha collezionato dall’inizio della nostra relazione o che ha recuperato addirittura dal mercato (Aerei, Ahagalla, Flat Line per citarne alcune), e altre che mostrano la mia produzione più recente come Laocoonte, Stargate, Door Release.
Nei 700 metri quadri della galleria le proporrò miscelate fra loro, a sottolineare una trama costante nel procedere.

Per la mostra è prevista anche la performance di un’icona contemporanea come Young Signorino, come si concilia con il tuo lavoro? Cosa voler sottolineare con questo dialogo?
Riprendo alcuni pezzi di una recente intervista che dice: “Young Signorino è l’artista più discusso del momento e nessuno capisce perché. Contro di lui tuonano i benpensanti, le istituzioni, quasi tutti i media italiani e non solo, perché ormai ha valicato anche le Alpi. È un fenomeno di costume, fa parlare, arrabbiare, ingiuriare. Si è mai visto prima qualcosa del genere in Italia? Paolo Caputo, questo il suo vero nome, classe 1998, di Cesena, ha creato la personalità di Young Signorino e sostiene attraverso di essa di essere il Figlio di Satana… Anche lui diventerà Satana, crescendo, e si prepara già al peggio…”

Fabio Viale, Laocoonte, 2018, white marble and pigments, 198.5x134x87 cm

Trovo nell’agire di Paolo una capacità di provocare reazioni estreme da parte dei benpensanti. E tornando al passato, che sembra accompagnarci in questa conversazione e da cui sembra nascere il mio lavoro, mi vengono in mente le streghe bruciate sul rogo dai benpensanti come anche Galileo tacciato di eresia o semplicemente Celentano che prima era un molleggiato “non sense” e in seguito è stato accreditato come guru. Chi siamo noi per giudicare? (Sento mentre la dico che non è una frase mia, ma del Pontefice).
Tornando alla domanda: David era a sua volta un ribelle, la storia e il marmo ce lo hanno fatto ricordare con una retorica non indifferente. Ecco proprio questo David mi piace pensare che oggi, se fosse in vita, sarebbe anche lui un po’ Signorino. Nasce così “David Signorino” e racconta di un ribelle reincarnato in un altro ribelle.

Prossimi progetti?
Una mostra alla Tate Gallery di Londra, una al MOMA a New York, e poi al MAXXI di Roma, al Guggenheim di Bilbao, infine alla Biennale di Venezia. Però non ti dico quando.

Fabio Viale. Fifteen

1 novembre 2018 – 12 gennaio 2019
Inaugurazione sabato 3 novembre 2018 ore 20.00-24.00
performance Young Signorino  ore 22.30-23.00

Gagliardi e Domke Gallery
via Cervino 16, Torino

Orari: aperture speciali durante Artissima da giovedì a domenica 10.00-24.00; da martedì a venerdì, 15.30 – 19.30

Info: +39 340 1162988
info@gagliardiedomke.com
www.gagliardiedomke.com

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