CULTURA RELOADED: PAROLA AI DIRETTORI*
Intervista a ROBERTA CREMONCINI di Roberto Lacarbonara
Uno scrigno prezioso, una vera e propria isola dell’arte italiana nel grande arcipelago delle arti visive londinesi: la Estorick Collection of Modern Italian Art. Nato dalla volontà e dalla ricercata collezione del sociologo e scrittore americano Eric Estorick (1913-93), il Museo situato nel quartiere di Islington, in Canonbury Square, vanta una raccolta di capolavori di pittura, scultura e grafica di autori italiani degli anni ‘40-‘50, da Boccioni e Balla – vera folgorazione per i coniugi Estorick che a partire da questi artisti avviarono una costante indagine lungo le suggestioni del Futurismo – a Carrà, De Chirico, Guttuso, Manzù, Marini, Modigliani, Morandi, Rosso, Sironi e numerosi altri.
La piccola Fondazione londinese parla in buona parte italiano. La direttrice Roberta Cremoncini è al timone del Museo dal 2001, dopo un’esperienza di assistente curatore dal 1997, ancor prima che l’Estorick aprisse le porte al pubblico dei visitatori con le prime mostre del 1998, Estorick Collection Opening Launch Grosvenor Gallery e Balla and Futurist Italy.
Uno spazio interamente dedicato all’arte italiana a Londra è un punto privilegiato per raccontare il nostro Paese ma anche per misurare l’interesse e la curiosità verso l’arte moderna italiana. Cosa si osserva da questa prospettiva?
Il ruolo della Estorick Collection è diventato negli anni molto importante e strategico. Prima di tutto come volàno per la ricerca e la valorizzazione di segmenti artistici che solo vent’anni fa non godevano dell’attenzione oggi acclarata, come nel caso del Futurismo e delle Avanguardie nazionali cui abbiamo da subito dedicato ampio spazio. E ciò proprio in virtù della nostra collezione che Eric Estorick mise assieme cercando i capolavori tra i suoi contemporanei. Naturalmente, della crescente attenzione verso l’arte italiana abbiamo giovato anche noi ma abbiamo saputo proporre anche autori meno popolari sebbene di indiscusso talento, sia nelle mostre prodotte nei nostri spazi espositivi sia nel mercato e nelle aste internazionali. Ricordo ad esempio una mostra del 2003 Painting Light: Italian Divisionism 1885-1910 che ispirò la successiva e unica mostra che la National Gallery abbia mai dedicato al Divisionismo.
Certo, gli spazi e le risorse sono limitati ma ci sono molti aspetti e temi che abbiamo voluto e vogliamo ancora affrontare.
Il corpus originario delle opere nel tempo è cambiato? La collezione Estorick si è arricchita di nuove acquisizioni?
No, per una serie di ragioni. Potrei dire che la collezione si è arricchita di visibilità, di prestiti e di scambi nelle varie occasioni espositive, ma non possiamo permetterci acquisizioni oltre al fatto che, sembrerà strano, ma non sapremmo “verso dove” muovere le scelte di acquisto. Se adottassimo un principio di “aggiornamento”, accludendo ad esempio autori contemporanei, rischieremmo di snaturare la collezione originaria. Stessa cosa se ci aprissimo ad autori ed opere degli anni ‘40 e ‘50. Ma, come dicevo, il problema non si pone: i fondi per comprare non ci sono, per cui la collezione resta integra e al completo così com’è!
In questi anni la tua direzione ha promosso progetti espositivi di altissimo prestigio, con autori molto celebri ed altri “minori” su cui avete correttamente investito, con lungimiranza e analisi filologica. Quali sono i supporti finanziari per sostenere tali progetti?
La Fondazione garantisce annualmente una base economica utile alla gestione dello spazio, del personale e dei servizi offerti al pubblico. Costruire una mostra è, invece, un’operazione più complessa e molto spesso il lavoro con partner, sponsor privati e collezionisti, è fondamentale al fine di rendere sostenibile ogni progetto. Le nostre entrate sono limitate: abbiamo una media di 20-25 mila visitatori annui. Per il resto cerchiamo di fare un ottimo lavoro con l’ufficio stampa e con le relazioni esterne. Ma avere un sostegno basilare costante è indubbiamente il privilegio principale per garantire la continuità.
Le mostre realizzate sono legate agli autori della collezione. Tuttavia non sono mancate aperture al contemporaneo…
Certo. E non mancheranno in futuro. Si tratta per lo più di mostre connesse alla storia e agli interessi dell’Estorick, ad esempio interventi site specific in dialogo con le opere piuttosto che ipotesi di allestimento in grado di rileggere in maniera alternativa e originale quanto già presente nel Museo. Abbiamo ospitato anche mostre sul cinema e sulla fotografia nonostante si tratti di linguaggi assenti nella collezione ma utili a leggere il clima artistico e culturale dei nostri riferimenti. Oppure pittori come Pizzi Cannella che ha di recente lavorato interagendo perfettamente con l’ambiente circostante.
Quello che non vogliamo è creare un “ghetto italiano”, ovvero scegliere di ospitare autori contemporanei solo perché di nazionalità italiana.
Quindi anche mostre legate ad autori e ricerche europee…
Certamente! Ad esempio abbiamo dedicato spazio al confronto tra Futurismo e Vorticismo, o tra avanguardie in Italia e in Russia. Una bellissima mostra ha affrontato una ricerca molto curiosa come quella sulla manipolazione fotografica e sul fotomontaggio in Europa. L’idea di fondo è fare ricerca, sia in senso verticale – approfondendo temi, periodi e autori – sia in senso cronologico, cercando di leggere le evoluzioni di un’idea nel tempo e nello spazio. E, come dicevo, anche lo spazio dedicato alla fotografia è stato importante, ad esempio con la mostra di Giorgio Casali, Vittorio Sella, i Fratelli Alinari ed altre.
Estorick Collection è una realtà che nel tempo si è affermata anche fuori dal Museo, con altri progetti e collaborazioni esterne?
La nostra realtà si è affermata con continuità e credibilità ben oltre le pareti del Museo. Questo è fondamentale per poter ambire a progetti così complessi la cui ragione principale sta nei rapporti diretti e di fiducia con altre istituzioni. Questo è un aspetto direi strutturale. Basti pensare che la nostra collezione, ancor prima di essere aperta al pubblico qui a Londra, è stata esposta nella Galleria Nazionale di Arte Moderna a Roma. Così abbiamo consolidato ottimi rapporti con la GNAM con cui ancora oggi si collabora costantemente, soprattutto nei prestiti, sia in entrata sia in uscita. Stessa cosa con il Palazzo Ducale di Genova che ci ha ospitati diversi anni fa.
Normalmente, tra le tante proposte di collaborazioni e scambi con l’esterno, decidiamo sempre di muoverci in direzione di quei progetti che diano prestigio e garantiscano visibilità alla nostra collezione.
Da poco tempo si è concluso un progetto molto originale e articolato che è sfociato in una mostra. Di che si tratta?
La mostra More than meets the Eye: New Research on the Estorick Colletion è la conclusione di un progetto di collaborazione con FUTURAHMA. From Futurism to Classicism (1910-1922), che ha portato in effetti un modo innovativo di guardare le opere d’arte. È nato da un progetto di ricerca triennale multidisciplinare, che coinvolge storici dell’arte, restauratori, fisici e chimici. In collaborazione con Università di Pisa, Scuola Normale Superiore di Pisa, CNR di Perugia e CNR di Milano, un gruppo di ricercatori ha studiato a fondo le tecniche pittoriche del Futurismo e della Metafisica ma anche del cosiddetto “ritorno al classico”, integrando lo studio delle fonti scritte con l’esame delle opere e dei materiali d’atelier conservati in archivi e musei. La rivoluzione futurista era nata sul fertile terreno delle ricerche sulla luce e sul colore avviate dal Divisionismo in un momento cruciale della storia dell’arte, caratterizzato da rapide e radicali innovazioni, anche nel campo delle tecniche pittoriche. L’adozione di materiali industriali, di recente introduzione, si intrecciava infatti con il mantenimento o il recupero di procedimenti e materiali tradizionali. Analizzarli esteticamente oltre che scientificamente è stata la scommessa di questo progetto. A noi è toccato il compito di renderlo manifesto con una mostra che ha chiuso la programmazione del 2015.
I prossimi eventi previsti per il 2016?
Al momento stiamo ospitando una mostra su un autore che ha vissuto vicende alterne nel corso degli anni e che a Londra è ancora poco conosciuto: Giacomo Manzù. Disegni e sculture ricostruiscono il ruolo di questo artista nel Novecento, oltre che fondamentale per la nostra collezione.
E c’è già molta curiosità anche per una mostra in collaborazione con il MART di Rovereto che approfondirà i temi dell’Astrazione Oggettiva, uno dei maggiori movimenti artistici del Nord Italia nel secondo dopoguerra. La mostra, già ospitata al Mart lo scorso anno, sarà da noi tra aprile e luglio.
*Intevista tratta da Espoarte #91
Estorick Collection of Modern Italian Art
39a Canonbury Square, Londra
In corso:
Giacomo Manzù. Sculptor and Draughtsman
in collaborazione con Galleria d’Arte Maggiore G.A.M.
Nico Vascellari: Intervention
Fino al 3 aprile 2016
In programma:
Astrazione Oggettiva. The Experience of Colour
in collaborazione con Mart – Rovereto
13 aprile – 26 giugno 2016