MILANO | LOOM GALLERY | Fino al 31 dicembre 2021
di ILARIA BIGNOTTI
Vola alta, parola, cresci in profondità, tocca nadir e zenith della tua significazione, giacché talvolta lo puoi…
Se sostituissimo “parola” con superficie – e non me ne voglia Mario Luzi, che anzi è stato immediatamente richiamato alla mia mente davanti all’intelligente installazione delle due monumentali opere scultoree e delle due Superfici di Enrico Castellani, in mostra alla Loom Gallery sino alla fine dell’anno – avremmo la perfetta, lirica e puntuale descrizione del sottile, e profondo gioco di tensioni che scaturiscono dai quattro elementi disposti nello spazio.
Alla parete due superfici triangolari, bianche, che dalla base al vertice, e viceversa, accolgono un’ossatura che emerge e spinge, mentre la luce si addensa ed espande nella ritmata successione sulle due parti in cui ciascuna è suddivisa dalla lama estroflessa centrale, si solidificano e rispecchiano in due grandi opere scultoree di forma piramidale, poste di fronte, realizzate con moduli lignei, corde e tiranti ed elementi a contrappesare gli equilibri messi in atto.
2×2 piramidi mentali che si dischiudono allo sguardo e in un certo senso fanno a loro volta da doppio specchiante alle capriate bianche e vetrate con la luce spiovente della galleria.
Il bianco abbacinante, il caldo del legno, le linee dei rilievi che secano le superfici di foggia triangolare, delle corde che zenitali trascorrono e misurano il vuoto delle forme scultoree.
Tutto accade nella prima navata, alla destra della porta di ingresso.
Nella navata centrale il vuoto.
Nella navata di sinistra il tavolo e una cartelletta nera che contiene documenti iconografici e fotografici: la locandina di una mostra che vede Castellani e Manzoni alla Galleria La Tartaruga, 1961: tre cerchiolini e alcuni triangolini anneriti condensano il linguaggio dei due artisti.
Una fotografia che trasforma i rilievi e gli affondi della tela dell’artista in una marea, grazie all’occhio di Giorgio Colombo.
Gli fanno eco i nostri, di occhi, che prensili rincorrono i documenti e le sculture, le superfici e anche il vuoto bianco di novembre.
Non a caso Tommaso Trini, autore d’eccezione del saggio dedicato al progetto, dice che siamo davanti a “corpi estro/intro/flessi”, corpi che diventano medium “dell’osservare aptico, quando pare di toccarli con gli occhi e farli risuonare”.
Nicola Maffessoni (co-fondatore di Loom Gallery) mi dice che Castellani era appassionato di barca a vela, e quelle sculture le fece costruire in Argentario.
Quelle sculture che dal 1999 non erano più state esposte, e sono state per questa mostra restaurate attentamente.
Allora pensi a quanto la vita di un artista lo abbia portato a fare queste opere e non altre: le vele nel mare, la luce che si infrange sull’albero nell’aria. Il tentativo di una perfezione che prima di essere concettuale è ingegneristica: o meglio, due aspetti che non possono essere disgiunti.
Poi pensi che Castellani nel 1958 dipingeva aculei che solcavano la superficie della tela e che l’anno dopo la solcavano davvero, la estroflettevano fisicamente: nascono le Superfici.
E forse allora l’incresparsi delle onde, il problema della luce e dell’aria, e l’uomo che doma l’acqua e tira la vela è lo stesso problema dell’artista che misura la luce e il vuoto, che stende la tela, ne verifica la resistenza e così fa una ricerca che da fisica diventa ontologica.
La mostra alla Loom Gallery è da vedere. Lo è ancor più perché chi l’ha prodotta, in dialogo stretto con la Fondazione Enrico Castellani, è un gallerista che appartiene alla mia generazione: che a scuola ha studiato questi maestri, e che ha il coraggio, e anche ancora il giusto rispetto, di metterne in luce ciò che meno si conosce.
Gliene siamo grati.
Enrico Castellani. Le superfici e i fondamenti
a cura di Tommaso Trini
in collaborazione con Fondazione Enrico Castellani
Fino al 31 dicembre 2021
LOOM Gallery
Via Lazzaretto 15, Milano
Info: +39 339 50 36 557
ask@loomgallery.com
www.loomgallery.com