VERONA | Studio la Città | Fino al 18 novembre 2017
intervista a EMIL LUKAS di Lucia Longhi
Emil Lukas è in mostra per la seconda volta quest’anno con Studio la Città. Dopo The End of Utopia, doppia personale a Venezia con Jacob Hashimoto, l’artista americano torna in mostra a Verona con una mostra che comprende i famosi thread paintings, ma anche nuove evoluzioni dei Pillows, dove affida alla più piccola quantità di materiale la funzione di determinare la forma e l’identità della scultura. E ancora, con la suggestiva Impact Lense e i misteriosi Puddles, Lukas ci invita nuovamente a un salto vertiginoso nella consapevolezza dei limiti visivi. Lo abbiamo intervistato per approfondire i procedimenti della sua pratica, che sfida le proprietà dei materiali e il nostro senso della percezione.
Parlando dei tuoi dipinti con i fili, una volta hai detto: “Non so cosa sto facendo. Non voglio sapere cosa sto facendo, perché altrimenti non ci sarebbe motivo di cercare”. In effetti, i tuoi movimenti intorno alla tela richiamano uno stato quasi di trance, una sorta di stato di meditazione, una danza rituale che, pare, potrebbe non avere controllo, né conclusione.
Allo stesso tempo, ogni gesto che determina la scelta e la direzione del filo è il risultato di una ragionamento preciso, una decisione razionale. Nella ricetta per questi lavori, quali sono le dosi di impulso e di ragionamento?
Un impulso è quello di usare colore per costruire opacità con il più piccolo segno possibile, di accumulare colore per controllare la quantità di luce che torna all’occhio. Simultaneamente, creo un’atmosfera unendo pittura e superficie. Sì, c’è un ragionamento preciso e una decisione nella disposizione del filo, a volte l’intenzione è di chiudere lo spazio, altre di lasciarlo aperto, stratificare oppure no, attrarre o respingere. Queste sono decine di migliaia di domande che trovano risposta nel gesto meditativo di posizionamento di ogni filo.
La prospettiva è il comune denominatore dei tuoi lavori. Sembra quasi che la adotti per il suo potenziale magico e suggestivo, piuttosto che per le sue proprietà scientifiche. La prospettiva è nata per dare stabilità e realismo alle immagini. Ho la sensazione che tu la utilizzi nel modo opposto: per destabilizzare lo spettatore, per dare un senso di vertigine. Impact Lens, una sorta di alveare caleidoscopico fatto di centinaia di tubi, è un tentativo di amplificare il senso di percezione dello spettatore, o piuttosto di distorcerlo?
Una delle intenzioni originali era di costruire qualcosa che rivedesse il concetto di prospettiva con un punto di fuga, in cui le linee convergono e/o si propagano da un solo punto. Con Impact Lens queste linee sono le linee dello sguardo attraverso i tubi, che giocano con chi osserva e chi è osservato, forse con il fronte e il retro delle centinaia di occhi di Panoptes. Forse più che amplificare o distorcere il senso della percezione, si tratta di prendere atto delle nostre limitazioni visive, quella sensazione in cui sai che c’è qualcosa, anche se non la puoi vedere direttamente.
Puddle significa pozza, pozzanghera, un vuoto che raccoglie un liquido. Normalmente non ne vediamo il retro. Nei tuoi Puddles, invece, tu mostri il positivo e il negativo dello stesso materiale: le tele che vengono spinte, o tirate, e il risultato di questa azione. Quanta importanza ha il tempo in questo processo? Dovremmo vederle come la rappresentazione di un gesto rapido, fulmineo, o piuttosto di un’azione lenta?
Entrambi i processi: veloce quanto la pittura che vola attraverso l’aria e lenta quanto l’evaporazione. Il tempo non è un elemento isolato. Il tempo si combina con il clima, l’umidità, l’aria corrente e la temperatura. Rispetta il volume dato dalla gravità, la spinta, la saturazione.
Spesso metti in evidenza il contrasto tra diverse dimensioni. Mi viene in mente quando nel 2012 hai riempito gli spazi della galleria Studio la Città con la grande installazione Curvature, in contrasto con piccoli calchi di cuscini. I Pillows che sono in mostra adesso sono di nuovo molto piccoli: la responsabilità della forma della scultura è affidata a una piccolissima quantità di gesso. Ti stai dirigendo verso oggetti di piccole dimensioni? Quanto le dimensioni influenzano il tuo lavoro? Puoi parlarmi in particolare di questi nuovi Pillows?
I Pillows provengono da un interesse per la curva naturale, la curva della pressione, dell’elasticità, della gravità. Queste curve rivelano informazioni importanti su cosa è accaduto. Aggiungere o rimuovere qualche goccia di gesso cambia la forma e la personalità di ogni cuscino; la differenza nella quantità di gesso aggiunta è il più piccolo elemento misurabile. Certamente, come dici, la dimensione merita attenzione. Infatti, le forze applicate alle strutture cambiano drasticamente se la scala di misura cambia, e questo è qualcosa con cui lavorare, e non da contrastare. Questa è la ragione del contrasto nell’installazione Curvature del 2012.
Alcuni tuoi lavori sono molto interattivi, allo spettatore viene richiesto di essere non soltanto un osservatore ma anche un interlocutore consapevole, che deve interagire, muoversi, scoprire fisicamente i tuoi oggetti da diversi punti di vista. Pensi che i tuoi lavori abbiano un’interazione stabilita (come se ci fossero delle “istruzioni per l’uso”)? O piuttosto concedono connessioni spontanee?
Continuo a lavorare con idee che non mi abbandoneranno e che continuano a esercitare fascino su di me. Di solito non pianifico l’interazione che il visitatore avrà con l’opera, penso che sia un risultato della ricerca e della produzione nel tempo.
EMIL LUKAS
12 ottobre – 18 novembre 2017
Studio la Città
Lungadige Galtarossa 21, Verona
Info: studiolacitta.it