MILANO | Palazzo Reale | Fino al 26 gennaio 2025
di MATTEO GALBIATI
Con Munch. Il grido interiore, straordinaria mostra monografica interamente dedicata a un’esplorazione davvero totale della parabola umana, artistica, estetica e intellettuale di Edvard Munch (Ådalsbruk, 1863 – Oslo, 1944), Palazzo Reale di Milano conferma ancora una volta la capacità di attivare proficue collaborazioni con grandi istituzioni museali internazionali che portano, appunto, al felice risultato di eventi espositivi significativi e rilevanti come questo.
Grazie, quindi, alla produzione dell’istituzione milanese con Arthemisia e alla necessaria partecipazione del Museo MUNCH di Oslo, cui si devono i prestiti di oltre 100 capolavori del maestro norvegese, è stato possibile riportare a Milano – a quasi 40 anni di distanza da una storica mostra accolta sempre da Palazzo Reale – il fascino senza tempo della sua pittura con tutte le suggestioni che è capace di generare il suo inconfondibile linguaggio pittorico.
L’itinerario affrontato ripercorre tutte le fasi salienti della sua vita, mettendo in risalto un parallelo scorrere tra gli aspetti privati, umani e intimi e la loro lettura/traduzione impressa attraverso il carattere peculiare di una Pittura che è stata capace di attivare, in anticipo, la forza di certi temperamenti avanguardisti, soprattutto espressionisti, di cui Munch è stato voce singolare ed esemplare.
Il ricco percorso nelle sette sezioni – Allenare l’occhio, Fantasmi, Quando i corpi si incontrano e si separano, Munch in Italia, L’universo invisibile, Di fronte allo specchio (Autoritratto), L’eredità di Munch – copre l’intera cronologia dell’artista e lascia susseguire documenti, disegni, carte, stampe e numerosi dipinti tra cui capolavori indiscutibili che sono diventati nei decenni non solo tra le più rappresentative opere del maestro, ma vere e proprie icone dell’arte internazionale: così nelle sale dell’istituzione milanese possiamo contemplare dipinti del calibro di Visione (1892), Il bacio (1897), Malinconia (1900-01), La morte di Marat (1907), Autoritratto a Bergen (1916), Notte stellata (1922–1924), Le ragazze sul ponte (1927) e non possiamo non citare la superba litografia (1895) del celeberrimo L’Urlo.
Sono questi alcuni esempi di quello che questo progetto espositivo ci consente di osservare e ammirare in un itinerario che, quindi, favorisce innanzitutto la conoscenza attenta e l’approfondimento più consapevole di un artista che è entrato nell’immaginario di un pubblico ampio ed eterogeneo, il quale, con questa mostra può avvicinarsi alla sua storia ben oltre i canoni stereotipati entro cui ne si confina abitualmente la conoscenza. Lo sguardo ammirato del visitatore può immergersi nella varietà dei suoi capolavori percependone l’essenza vera, respirando – senza restare deluso o sovrastato – la gamma intensissima e l’infinita variabile di sfumature di quei sentimenti di cui ogni dipinto è sempre intriso.
Si rimarca, quindi, l’importanza decisiva delle emozioni – positive o negative – che avevano per Munch una necessità inevitabile e che si sono tradotte in un colore mai banale, mai ovvio o scontato, ma sempre guizzante, instabile, risonante, a tal punto denso di energie sensibili da non riuscire, in moltissimi casi, nemmeno a mettere a fuoco completamente i suoi soggetti. Sia i volti che i paesaggi restano scolpiti in un colore la cui densità fisica è la superficie che fa solo trasparire il principio di quel vortice che trascina il nostro sguardo ammirato nell’abisso dell’interiorità e dei suoi travagli.
È interessante questa empatia risoluta che si instaura con le sue opere, le quali, benché composte attraverso l’asprezza di un segno assolutamente individuale nella sua iconicità, rendono manifesto come l’artista sia sempre riuscito a coniugare il suo stato interiore e le proprie vicende umane particolari con il sentire del mondo cui tutti noi apparteniamo. Le ombre di un passato travagliato, una salute piuttosto cagionevole, dolorose tragedie familiari, una hanno profondamente inciso sul pensiero, l’animo e la mente di Edvard Munch e tutto questo senso di “disagio” lo ha spinto a superare gli ostacoli di una singola interiorità travagliata, con le sue pene e le sue angosce, le sue oppressioni e le sue paure, esorcizzando tutto con la pratica artistica per rendere il suo “grido” un eterno “tormento” umano incarnato nell’universalità della Pittura.
C’è una ragione profonda, quindi, per cui si ama ancora così tanto una pittura particolarmente “difficile” e “dura” come quella di Edvard Munch, perché a distanza di numerosi decenni dalla sua attualità – realista, simbolista, espressionista che fosse – siamo ancora in grado di percepire l’efficacia viva del suo insegnamento: ancora oggi, infatti, ci fa guardare dentro la sua memoria individuale, personale, particolare, per spingerci poi a decifrare altre sensazioni dalle sue visioni pittoriche. L’evidenza del segno del suo colore, ben al di là del tempo circoscritto, è diventato il vero mezzo per tradurre e riflettere la sua pittura nell’universalità di quegli sguardi che ammirano questi capolavori.
Munch si rivolge all’altro lo interroga, lo anima, gli propone gli elementi più banali della vita per poi entrare nel profondo con il suo spiazzamento percettivo che dilata e astrae le immagini dalla loro epoca. Trasfonde un uso del colore che è necessariamente più intimo e drammatico e, per questo, di grande valore psicologico per il pubblico che, osservandolo, anche nel presente, è in grado di sentirne la voce. Del resto la sua Pittura è sia fisica che mentale e, profondamente sincera nell’istinto e nell’intuizione, è capace di restituire con un’intensità, unica ed eterna, le emozioni più profonde dell’animo umano.
Munch. Il grido interiore
a cura di Patricia G. Berman in collaborazione con Costantino D’Orazio per il supporto nella redazione dei testi di approfondimento in mostra
promossa da Comune di Milano – Cultura
con il patrocinio di Ministero della Cultura, Reale Ambasciata di Norvegia a Roma
prodotta da Palazzo Reale, Arthemisia
in collaborazione con il Museo MUNCH di Oslo
progetto di allestimento BC Progetti di Alessandro Baldoni, Giuseppe Catania, Francesca Romana Mazzoni con Maria Marangi
allestimento Handle Art & Design Exhibition
14 settembre 2024 – 26 gennaio 2025
Palazzo Reale
Piazza Duomo 12, Milano
Orari: martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica 10.00-19.30; giovedì 10.00-22.30 (la biglietteria chiude un’ora prima); aperture straordinarie martedì 31 dicembre 2024 10.00-14.30; mercoledì 1° gennaio 2025 14.30-19.30; lunedì 6 gennaio 2025 10.00-19.30 (la biglietteria chiude un’ora prima)
Ingresso (con audioguida inclusa) intero €15.00; ridotti da €13.00 a €6.00; biglietto Famiglia 1 o 2 adulti + bambini (da 6 a 14 anni): adulto €10.00, bambini €6.00, gratuito minori di 6 anni
Info: +39 02 892 99 21
www.arthemisia.it
www.palazzorealemilano.it