MILANO | Galleria Giovanni Bonelli | 16 aprile – 23 maggio 2015
Intervista a MARCO MAZZONI di Matteo Galbiati
In occasione della sua mostra personale Home, che costituisce, come accennato dal titolo, una sorta di ritorno a “casa” per l’artista dopo le esperienze internazionali tra Europa e America, abbiamo posto alcune domande a Marco Mazzoni (1982). Compone questa esposizione, presso la Galleria Giovanni Bonelli a Milano, un nucleo davvero ricco e complesso di suoi disegni oltre ad un’installazione che ha pensato appositamente per questa occasione, testimonianze tutte che ci proiettano nella dimensione più profonda della bellezza delle sue narrazioni.
Lasciamo la parola a Mazzoni che ci accompagna nella scoperta dell’anima della sua ricerca:
Dopo diverso tempo trascorso all’estero rientri in Italia con una mostra personale, cosa rappresenta questo progetto per te? Come l’hai pensato?
Un ritorno a casa… Un momento in cui ho potuto finalmente esporre le mie ultime cose senza preoccuparmi del passaporto e del viaggio… Oltre al fatto che è una delle poche mostre che anche i miei genitori hanno visto, dato che non vogliono prendere l’aereo. Essere vicini mi ha dato la possibilità di vedere la mostra crescere con più tranquillità e con maggiori possibilità dal punto di vista installativo.
Home quindi lo senti come un ritorno a casa, alle tue origini?
In qualche modo ho sempre portato le mie origini nelle mostre che ho fatto, molti soggetti traggono ispirazione dalla mia radice sarda, dai racconti che sentivo dalle mie zie, dalle storie narrate sulle mistiche sarde…
Che esperienza hai maturato realizzando le mostre in Europa e America? Come hanno influito sulla tua ricerca, quanto ha contato la dimensione del “viaggio”?
Il viaggio conta poco, anche perché mi sposto mal volentieri, ho l’angoscia degli aeroporti e non vivo bene fuori dal mio studio e dalla mia casa, con le piccole abitudini che ritengo fondamentali per il mio equilibrio mentale. I pochi viaggi, quelli impossibili da posticipare o da cancellare, sono brevi e girano attorno al giorno dell’inaugurazione e alla sperimentazione dei cibi della zona, dal pudding di Bristol al burrito di Los Angeles. Ho però potuto conoscere artisti e persone fantastiche e con mentalità interessanti, ed è con loro (cioè anche grazie al loro contributo, che si trova nel libro) che ho sviluppato il progetto di Milano.
Quali sono, quindi, i contenuti di questa mostra e cosa presenti? Su quali coordinate deve indirizzarsi lo sguardo dello spettatore?
Parte tutto dalla piccola casetta all’interno della galleria, vorrei che si comprendesse la solitudine forzata, ma anche il piacere del raccoglimento, il resto viene da sé, mi sono esposto, e vorrei che si sentisse l’odore del raccoglimento che serve per disegnare.
Il mondo vegetale nel tuo lavoro diventa presenza di una ricca simbologia e diviene metafora costante di altro: che storie raccontano le tue immagini?
Le piante sono tutte mediche, uso come soggetti fiori come lo stramonio proprio per cercare di raccontare l’esperienza delle mistiche che abbiamo avuto anche in Italia: donne che, prima dell’avvento della chiesa come istituzione, governavano le realtà locali basandosi sul rispetto della natura e della comunità.
Alcune opere sono affascinanti disegni su Moleskine, quasi a comporre le pagine di un diario… Ancora i segni di un tuo vissuto personale che si correla con lo sguardo dell’altro?
È una specie di Diario di appunti, il procedimento è differente, parto da qualche segno e poi è un continuo inseguire errori che faccio. Uso gli animali come metafora, ma con questo lavoro mi sento più libero di rappresentare le cose che vedo e i personaggi che mi affascinano, come nel caso di Funeral For A Friend dove cerco di evidenziare come un funerale sia, in verità, un’esposizione di vivi e il morto sia solo un pretesto.
Ci sono anche una ventina di nuovi lavori in cosa consistono?
Sono le ultime opere preparate tra il 2014 e il 2015, la linea comune in tutte è quella del “sistema famiglia”, con le sue sfaccettature, le sue imposizioni e la sua necessità di esistere, una rappresentazione di come abbiamo bisogno di altri esseri umani nella nostra esistenza anche se ciò implica provare dolore o dover cambiare alcune cose di se stessi.
Abbiamo poi la Home appositamente allestita al centro della galleria. A cosa rimanda quest’opera? Di quali valori si fa portavoce? Quali contenuti racchiude e rivela?
Ho spostato il mio studio in galleria, volevo si vedesse da dove parto, cosa ho intorno e che sensazioni provo. Volevo far vedere i piccoli paciughi su carta che mi servono come partenza, in pratica è il via del monopoli.
Come il tuo vissuto, che si traduce in visioni nelle opere, può influenzare e determinare l’esperienza di chi le osserva? Come ci si relaziona con la poesia delle immagini?
Non c’è una chiave, spero che ogni persona che veda la mostra si immagini quello che preferisce.
Quale compito deve avere oggi l’arte e, in modo particolare, quella figurativa? Su che contenuti deve muoversi?
L’arte non deve avere un compito. Caricarsi aspettative sulle spalle è stato deleterio nei confronti del pubblico, è come chiedersi quale compito deve avere oggi la letteratura, un libro ha un contenuto potente quando c’è qualcosa da raccontare che viene letto da persone che hanno bisogno di quel racconto. Stessa cosa l’arte figurativa: ogni persona avrà “bisogno” di un suo contenuto, e l’opera che lo rappresenterà si rivolgerà al pubblico sensibile a quel contenuto.
In cosa ti vedremo impegnato nei prossimi mesi?
Sto progettando con un mio amico (Paolo) una favola nera fatta più o meno di una ventina di tavole che dovrei esporre a New York il prossimo anno, parla dell’incubo di un bambino nell’affrontare la crescita e la solitudine… E non finirà bene.
Marco Mazzoni. Home
a cura di Alberto Mattia Martini
16 aprile – 23 maggio 2015
Galleria Giovanni Bonelli
Via L. Porro Lambertenghi 6, Milano
Orari: da martedì a sabato 11.00-19.00
Info: +39 02 87246945
info@galleriagiovannibonelli.it
www.galleriagiovannibonelli.it