MILANO | Movimento Arte Contemporanea | 30 marzo – 1 giugno 2012
intervista a DOMENICO GRENCI di ALICE ZANNONI
Dal 30 marzo al 1 giugno la galleria Movimento Arte Contemporanea ospita Solitudini di Venere, mostra personale di Domenico Grenci che presenta un raffinato coro di eleganze femminili colte nell’intima bellezza del proprio essere.
Alice Zannoni: Cominciamo dal titolo della mostra “Solitudini di Venere”: cosa ci introduce del tuo lavoro?
Domenico Grenci: Venere è la dea della bellezza e rappresenta un’idea astratta di bello, esattamente come nei volti dei miei lavori in cui sono dipinte modelle non riconoscibili, con fisionomie proprie, ma asettiche e raccolte nella proprie solitaria presenza; ogni volto è una dea della femminilità. Ogni volto è una Venere. Da qui la frizione tra il plurale delle “Solitudini” e il singolare di “Venere”: le modelle hanno un proprio carattere e non dialogano tra loro, non c’è iterazione tra un’opera ed un’altra: la pluralità delle solitudini è data dal carico emozionale della percezione totale della mostra.
Mi parli di “fisionomie asettiche”, e dunque impersonali, ma allo steso tempo di “carattere proprio delle modelle”: come concili questo ossimoro?
Cerco le mie modelle tra i volti della moda, per esempio in riviste o nelle pubblicità, proprio perché la donna di moda non esprime sensazioni, è assolutamente neutra per il semplice fatto che il soggetto non dovrebbe rappresentare l’abito ma essere solamente un supporto, un manichino. Ci sono delle foto in cui traspare una fisionomia che mi colpisce, al di là della freddezza algida che una modella si porta addosso, allora ne studio il volto e scaturisce il lavoro.
Il mio lavoro ricostruisce la complessità emozionali di questi “oggetti umani”, trasformandoli in soggetti con un proprio carattere.
Quindi i tuoi volti non esistono nella realtà, per questo li definisci dee astratte?
Si, esatto: sono volti associabili a persone esistenti ma non sono ritratti di persone che conosco, questo mi lascia la libertà di interpretare e attribuire ad ognuna di loro un pensiero e una personalità altra. Funziona come Bacon, o meglio è il procedimento contrario: Bacon ritraeva persone che conosceva e nella sua trasfigurazione pittorica le uccideva, io invece strutturo quello che non so della persona a partire da qualcosa che mi appartiene.
Perché Bellezza e Solitudine assieme?
Per spiegartelo ti cito un passo di Boudelaire che puoi trovare ne “Il pittore della vita moderna“: “La donna è proprio nel suo diritto e anzi compie una sorta di dovere quando si studia apparire magica e soprannaturale…”. In fondo le donne da me rappresentate fanno parte di quella misteriosa aurea di solitudine che è presente nel loro essere anonime e che le rende bellissime.
Parli del mondo della moda, ma i tuoi lavori non sembrano paragonabili alla mondanità patinata e “Pop” delle riviste. Mi spieghi meglio?
Il paragone sta nel processo di costruzione del progetto: come uno stilista io prendo ciò che mi è offerto dalle immagini e lo reinterpreto sulla base delle mie sensazione. “Pop” è il fine del mondo della moda ma quando nasce un nuovo stile non lo è, anzi è qualcosa di genuino, generato più altro dal senso originario della parola “popular”.
Se penso alla solitudine non me la immagino colorata ma monocromatica, esattamente come le tue opere che riflettono lo stato d’animo raccolto per la cromia senza fibrillazioni. Come lavori?
Uso principalmente il bitume e il carboncino: il primo per la versatilità: più lo maltratti (con i solventi) più risponde bene; il carboncino, invece, mi serve per dare i lineamenti principali del soggetto e per delineare le “zone di lavoro”.
Per la prima volta i lavori che esponi hanno un alone di colore: cosa ti ha spinto a usarlo?
Non ho mai usato il colore nella mia pittura; l’introduzione della sanguigna rappresenta un’apertura a qualcosa di nuovo. Il rosso non è mai invadente e conserva, comunque, il carattere della solitudine.
Unica concessione al decorativismo, in alcuni tuoi lavori pittorici, è l’utilizzo di drappi che affianchi alla pittura in perfetto dialogo. Perché?
Non faccio molti lavori di questo tipo perché i tessuti che cerco sono rari, particolari e difficili da trovare come per esempio manufatti tessili di epoca vittoriana, kimono del primo Novecento, paramenti sacri, abiti di scena storici…
I volti delle mie opere non lasciano trasparire nulla, o poco, della quotidianità e la stoffa diventa lo strumento per affermare la personalità del soggetto attraverso la decorazione che conserva nelle sue trame una storia. Nel dittico il racconto emozionale si arricchisce.
Domenico Grenci nasce ad Ardore, in Italia, nel 1981. Vive a Bologna, Italia.
Si è laureato presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna nel 2007. Ha partecipato a diversi premi: Premio per l’incisione “Morandi” (2005), Premio SAMP (2006) con l’acquisizione da parte della Fondazione CARISBO, Celeste Prize (2007); Goldener Kentaur: European Academic Award a Monaco, (2007 primo premio) , “Maggio Fiorito” di Cento a Ferrara (2008 primo premio) e premio Nazionale delle Arti di Catania. Dal 2008 le sue opere sono in mostra permanente nella sala dalla sede mondiale di Tetrapack a Modena. Il recente invito ad esporre alla 54 ° edizione della Biennale di Venezia, in Arsenale, Tese di San Cristoforo, conferma l’importante lavoro di questo giovane artista italiano.
Domenico Grenci. Solitudini di Venere
Movimento Arte Contemporanea
Corso Magenta 96, Milano
Inaugurazione giovedì 29 marzo ore 18.30
30 marzo – 1 giugno 2012
Orari: da lunedì a venerdì 14 -19. Ingresso libero
Info: +39 02 436246 – info@movimentoarte.it