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Impronte Contemporary Art
Milano

Disegnare Spazi
Intervista a Walter Guadagnini (di Elena Baldelli)

Una galleria che si mette a disposizione come un foglio bianco e otto artisti per disegnarla seguendo i propri mezzi espressivi. Ne vien fuori un percorso eterogeneo che dalla bidimensionalità delle opere di Roiter, Caccioni e Spaziani, sconfina nel tridimensionale di Benassi, Ter-Oganyan, Shuripa, Fishkin e Becheri; un percorso che, simbolicamente, parte dalla superficie, per poi inabissarsi. Ricordandosi sempre che di “disegno” si tratta, pur nelle molteplici accezioni che la parola può aver assunto nell’era contemporanea…


Elena Baldelli: Impronte Contemporary Art, una galleria che lavora sul contemporaneo + artisti nati negli anni ‘60-‘70, che hanno sviluppato la loro ricerca in un contesto culturale segnato dall’innovazione tecnologica. Perché incentrare una collettiva sul “disegno”?
Walter Guadagnini:
Perché negli ultimi anni il disegno è tornato ad essere un mezzo espressivo centrale nella poetica di molti artisti, anche di quelli che operano con i nuovi media. È l’indice di un bisogno di riflessione, di intimità, che forse indica anche un rifiuto dell’eccesso di spettacolarizzazione di molta arte contemporanea. Inoltre è bene precisare che da tempo ormai il concetto di disegno va oltre la definizione storica di opera a matita su carta, in questa mostra ci sono ragnatele, scritte sui muri, sculture….

Com’è avvenuta la scelta degli artisti?
Cercando di trovare dei punti di dialogo tra poetiche diverse, per mantenere da un lato la coerenza dell’insieme, dall’altro per evidenziare le singole personalità. E, come si diceva prima, anche per sottolineare come il disegno sia uno strumento estremamente caro ad artisti i cui percorsi e i cui interessi non sono certo assimilabili. Una metafora della mostra sono forse le “sculture” di Shuripa, frecce che puntano in diverse direzioni, racchiuse in un unico contenitore.

La galleria si occupa da tempo di artisti russi. Nella collettiva compare il binomio Russia-Italia, accompagnato da due modi differenti di disegnare spazi, influenzati da culture lontane per tradizione. Cosa raccontano gli “spazi” di questi artisti? Quali sono le diverse componenti nelle modalità di progettazione dettate da due vissuti differenti?
Credo che l’aspetto più evidente sia la maggiore introflessione degli artisti italiani e la maggiore estroflessione di quelli russi. È come se negli artisti russi ci fosse una esplicita volontà di aprirsi al mondo esterno, di dialogare con esso in maniera anche critica ma comunque diretta. Negli artisti italiani sembra prevalere il desiderio di riflessione, di trasformazione del vissuto in forma astratta, meno immediatamente riconducibile alle apparenze del reale.

Gli artisti in mostra non hanno una disciplina di riferimento ben specifica, ma spaziano dalla pittura alla scultura, dalla fotografia all’installazione, sino alla computer graphic e al video. Avete dato spazio anche alla componente grafico-progettuale del loro lavoro?
Non c’è una vera e propria progettualità in senso tradizionale. Se si cerca nel disegno il progetto per la cosiddetta “opera maggiore” qui non c’è, l’autonomia del disegno è rivendicata nella sua interezza. Certo, in artisti come Roiter, Caccioni o Shuripa si assiste alla presenza di motivi iconografici che sono da loro sviluppati anche in dimensioni più grandi e con differenti tecniche, ma non credo si possa parlare di progettualità vera e propria.

Com’è stato organizzato il percorso espositivo? Viene suggerito un itinerario oppure lo spettatore è lasciato “libero” e un percorso, inizialmente inesistente, nasce come spontaneo?
Non ci sono itinerari prefissati, lo scopo è quello di fare dialogare tra di loro le opere in ognuna delle tre stanze. In quella di entrata, i lavori di Ter-Oganyan, Shuripa e Fishkin evidenziano la grande varietà del concetto di disegno contemporaneo di cui si diceva, in particolare i primi due giungono a una sorta di pratica installativa con le loro opere, di grande impatto visivo. Nella seconda sala vi è forse il dialogo più stretto, quello tra Roiter e Caccioni, certo i due artisti più “classici” di questa mostra, che reinventano sul foglio il mondo e le sue apparenze, con un segno essenziale e molto pittorico. Infine nello spazio al piano inferiore si trovano a conversare Becheri, Spaziani e Benassi, in un sorprendente gioco di rimandi, si tratta dei lavori in cui più è evidente la componente riflessiva e che meritava uno spazio più intimo. Però, il gioco è infinito, in fondo Becheri lascia che sia il mondo a fare il “lavoro” per lui…

La mostra in breve:
Disegnare spazi
a cura di Walter Guadagnini
Impronte Contemporary Art
via Montevideo 11, Milano
Info: +39 02 48008983
www.impronteart.com
Fino al 24 dicembre 2010
In alto, da sinistra:
Andrei Roiter, “Globe 3”, 2010, acrilico su carta, cm 42×29,5
Stas Shuripa, “Arcani”, 2010, carta, plexiglas, cm 45x45x45
In basso:
Riccardo Benassi, “The drive paradox”, 2009, pad-printing su carta, cm 11×20
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