MILANO | Montrasio Arte | 18 febbraio – 9 aprile 2016
di KEVIN McMANUS
Esporre l’arte ambientale in una galleria privata può sembrare, in linea di principio, un colossale paradosso. Un lavoro che nasce precisamente, e a tratti dichiaratamente, per portare la pratica artistica fuori dagli ambiti specifici e istituzionali, fuori da quel “Sistema” che costituiva il grande nemico dell’epoca su cui si concentra un primo fondamentale nucleo delle opere esposte da Montrasio (dal 1968 alla metà degli anni settanta). In particolare, poi, Dennis Oppenheim appare oggi come l’artista più “politico” nella cerchia dei land artist americani del tempo: più legato ai contesti specifici in cui operava, più versato nell’esprimere la carica poetica, talvolta lirica, ma anche politica dell’arte ambientale rispetto, ad esempio, alla riflessione più strettamente linguistica e filosofica di Smithson.
Proprio per questa ragione il paradosso dell’arte ambientale in galleria è, come detto, solo apparente; e proprio per questa ragione Oppenheim lavora attivamente in questo tipo di spazio. Non certo per contribuire alla metabolizzazione di quest’arte “fuori” nel “dentro” degli spazi del sistema, ma piuttosto per far risuonare questi spazi in un modo alternativo, non familiare, per certi versi perturbante. La galleria, cioè, è attivata proprio in quanto spazio chiuso e limitato, non solo architettonicamente, ma a livello sociale-concettuale: in Oppenheim il limite è accettato proprio per denunciarlo, per rivelarne la natura. Come in Branded Mountain (1969), che a parte lo studium di mostrare simbolicamente la portata quasi cosmica della sopraffazione della natura da parte dell’uomo, mostra un punctum di critica allo spazio istituzionale messa in atto nel cortocircuito tra l’assenza della fotografia e la presenza estremamente corporea, letteralmente pesante della pelle marchiata: rovesciando il luogo comune strutturalista-modernista, è la realtà nella sua evidenza immediata a generare straniamento, rispetto alla familiarità dell’immagine remota. Proprio questa sembra essere la posizione dell’artista americano nei confronti dello spazio galleristico-museale: uno spazio fatto apposta per l’autosufficienza dell’arte modernista, ma che di fronte a un rinnovato rapporto diretto con il mondo non può che riportarne frammenti, o più spesso rappresentazioni in absentia. E così i Ground System, qui rappresentati da un esemplare del 1968, sembrano al tempo stesso esprimere il desiderio di intervento sul territorio (un intervento alla Oppenheim, certo, ma anche alla Heizer) e parodizzare la sua riduzione a maquette, a progetto in scala.
La riduzione in scala e la parzialità della documentazione, benché quest’ultima avvenga spesso con interventi fotografici di grande bellezza, queste sono le due tipologie attraverso le quali Oppenheim esalta e critica la natura stessa dello spazio-galleria, come nel più recente, surreale e sardonico Village Around Piss Lake (1993). Spetta alla galleria, dunque, accettare e valorizzare tanto l’esaltazione quanto la critica. Ed è quello che fa Montrasio Arte, con un allestimento essenziale e logico, entro il quale i 15 lavori esposti, pur mantenendo la propria autonomia (sarebbe impensabile fare altrimenti, visto l’arco cronologico coperto dalla mostra), vanno anche a costituire una sorta di installazione complessiva, che nella sua coerenza valorizza la sintesi architettonica della galleria, comunicando al tempo stesso quell’elemento di disturbante spaesamento che per Oppenheim è connaturato a questa relazione pericolosa tra spazio tradizionale e pratiche artistiche di rottura.
Dennis Oppenheim. Early Works and Installations
18 febbraio – 9 aprile 2016
Montrasio Arte
via di Porta Tenaglia 1, Milano
Orari: da martedì a venerdì 11.00-13.00 e 14.00-18.00
Ingresso libero
Info: +39 02878448
milano@montrasioarte.com
www.montrasioarte.com