REGGIO EMILIA | Ex Caffarri | In permanenza
REGGIO EMILIA | Chiostri di San Pietro | Fino al 9 febbraio 2025
di MATTEO GALBIATI
Diamo per scontato che il colore si veda e si percepisca, ma non che si possa sentire. Certo, si sente seguendo le sue infinite suggestioni, ma può anche essere sentito come silenziosa variazione musicale. Tono dopo tono, accento dopo accento, sfumatura dopo sfumatura, ogni cromia può intonare ed essere interprete di una sua sonorità esclusiva andando poi a concertare una composizione che vale, nel pensiero e nell’animo, il peso di un suono mai udito prima. Una vibrazione che tocca lo sguardo e produce, a volte, un inspiegabile incanto.
Maestro del prodigio della semplicità schietta di un colore che, dato seguendo il ritmo di geometrie astratte o delle superfici architettoniche su cui si deposita in un susseguirsi di sottolineature delle proprie componenti connotanti, sapendo far risuonare il tutto sfumando immagini, parole, musica, …, è senza dubbio David Tremlett (St. Austell, Cornovaglia, 1945). L’artista britannico nel corso di una carriera esemplare, concentrata e coerentissima, ancora attivo e generoso per progetti e impegni, ha dimostrato il valore di un’estetica della purezza originaria del colore, distillata sempre da una ricerca intrisa di tutte le esperienze da lui vissute nel tempo e in giro per il mondo. Elemento di cui si è servito come dispositivo immaginifico e come strumento attivo per arricchire il suo personalissimo linguaggio pittorico. Pur scegliendo da tempo il prevalere della dimensione site-specific, esperita intensamente grazie ai suoi celeberrimi wall drawings, la sua pittura, che vive, appunto, di un legame fondante con il luogo, palpita davanti a un’osservazione più sentita e meno rappresentata, poiché anela ad avere una dimensione universale.
Non occorrono strumenti raffinati per entrare in ascolto delle sue opere, Tremlett rifugge gli eccessi di un concettualismo esasperato perché, se è pur vero che sa accostarsi alla Pittura sempre con la magniloquenza e il rispetto dell’erudito, altrettanto vera è la sua missione demiurgica verso ogni possibile osservatore. Pochi altri artisti contemporanei riescono nel difficile compito di essere, da pittori, così genuinamente “alla portata” di un pubblico ampio e assai diversificato: il suo colore è, in primo luogo, carico di energie che si alimentano proprio di ogni tensione umana e sono il miglior viatico per un viaggio negli spazi di un’immaginazione che sconfina nella memoria di ciascuno.
Danza allora l’artista con il colore e, risuonando nella semplicità del suo variare le impronte cromatiche, fa dell’immediatezza l’ausilio più efficace per suggerire la complessità del mondo e il modo in cui con esso noi tutti ci misuriamo.
Di innegabili relazioni appassionate è frutto – lo si sente e vive stanza dopo stanza – la magnifica mostra Another Step che, negli ambienti del Complesso Monumentale dei Chiostri di San Pietro a Reggio Emilia ci lascia immergere in un’attentissima selezione di circa settanta opere di varie tipologie, a coprire un arco temporale che inizia negli anni Sessanta e arriva ai giorni nostri. Si percepisce l’intesa, l’ammirazione, la stima, ma possiamo dire anche la freschezza dell’entusiasmo e l’affettuosa complicità che hanno regolato gli scambi tra la curatrice Marina Dacci – indubbio il trasporto quasi solennemente rituale con cui ha organizzato tutto e ha scelto con cura le opere “migliori” per questo progetto dallo studio dell’artista – e Tremlett che, dal canto suo, si è affidato alla conoscenza della critica italiana per seguire la puntualità degli accordi che si possono apprezzare nell’esposizione accolta nello storico palazzo emiliano. Qui pare non occorrano itinerari precostituiti, non servano inutili e distraenti didascalie, perché, secondo una lettura delineata per elementi chiave, quello che ci offrono è quasi un rituale iniziatico, per chi non si è mai approcciato con serietà alla sua opera, oppure è un’intensissima riscoperta, per chi già è avvezzo alla sua poesia cromatica. Lasciando in second’ordine il rigore e l’intransigenza logica, nel percorso generato è viva unicamente la forza del colore, l’autenticità espressiva con cui parla, si dichiara, rappresenta, idealizza e suona nel corso del tempo e dei luoghi.
Ogni scelta, ogni forma ad essa imposta, ogni abbandono e ogni ritorno, certificano e qualificano l’orientamento determinato con cui si è sempre speso Tremlett nell’esercizio pittorico fondato sul valore, quasi trascendente, di ogni singola cromia. Voluta come una delicata scrittura musicale, in mostra le opere fluttuano nell’aria, si espandono e si contraggono, producono silenzi e inattese melodie, sempre si scandiscono in sequenze di mirabile raffinatezza: s’incontrano segni scritturali o forme pronunciate, estensioni monocrome e spartiti costruttivi l’essenza stessa del colore. Sull’irregolare coerenza delle pareti questi intrecci lirici enfatizzano i colori dei capolavori esposti che si passano reciprocamente le proprie consegne.
Opere come La Porte dans arrière (1969), To Charlie (Original collage for Charlie’s Maze) (1974), Alberta Acres (1980), Language (India) (2009) – per citarne solo alcune e non togliere il piacere di lasciarsi sorprendere andando a visitare Another Step – appaiono negli otto ambienti del percorso allestivo come novità attese, come l’esaudirsi di una premonizione che l’arista consegna al visitatore e su cui lo erudisce sensibilizzandolo. La volontà è sincera fin nel suo sguardo, che è sempre stato in ascolto del mondo e dei suoi stimoli e, ancor oggi, non manca mai di rinnovare le emozioni ricavate prima e dettate poi.
A Reggio Emilia lascia, infatti, in eredità Interno, un piccolo wall drawing, che rischiara di tonalità azzurre una nicchia nel muro, aprendo, di fatto, uno spiraglio su una dimensione che non pertiene più la sensibilità ordinaria, ma è varco verso un confine ulteriore. È l’ideale collegamento, sempre pregno di armoniosa concretezza, una finestra sull’idea di arrivare, poco più in là, ai margini della città, alla vera opera chiave di questa sua nuova esperienza italiana – sappiamo bene come Tremlett ami l’Italia e abbia, nel nostro paese, lasciato il suo iconico “segno” dipinto in più contesti – che è The Organ Pipes (Le canne dell’organo), enorme intervento site-specific a celebrazione del quale è stata concepita la stessa mostra ai Chiostri.
Questo lavoro tocca tredici silos per mangimi della Ex Caffarri, un’enorme area industriale dismessa e già oggetto da tempo di un importante (e lodevole) lavoro di recupero con progetti di rilevanza socio-culturale. Questa struttura, compresa la facciata dell’edificio annesso, è una considerevole superficie su cui l’artista ha voluto agire per riprovare a connettere il colore al ritmo del circostante, cercando l’equilibrio di una sonorità visiva che fosse armoniosa e rispettosa dei luoghi, ma non eclettica o, peggio, soverchiante questo preciso contesto.
Dipingere per Tremlett è un fatto fisico assimilabile a quello dello scultore, così ha ridato vita al luogo non disponendo unicamente colore su una superficie, ma considerando sempre la concretezza tangibile di queste strutture tanto particolari. Ora, uscendo dall’anonimato in cui versavano, superate diffidenze e curiosità iniziali, da presenze “ostili” i silos si sono trasformati in un catalizzatore d’attenzione che, elemento prezioso in quanto legittimo moto di orgoglio per i cittadini che abitano il quartiere, assume così un altro carattere e restituisce uno statuto nuovo alla propria essenza. È innegabile quanto The Organ Pipes sia un nuovo punto di attrazione iconico.
Tutto è, di nuovo, nella misura del rispetto di chi ci vive e del visitatore, abituale e occasionale, che, alla fine, con le sue sensazioni diventa il vero protagonista-destinatario di quelle passioni di cui l’artista è mandante. Si ritrova evocato un insolito legame con il territorio, con la Natura che è attorno, con gli spazi liminali della città che, adesso, non guarda più al centro storico come contesto polarizzante. L’impianto industriale è metafora di un organo dentro una grande cattedrale, da cui, però, non si sprigionano più note intonate, qui è un altro suono l’agente di senso: è il suono articolato del colore a dettare il proprio ritmo e a inscriverlo in quell’intorno che l’artista sollecita e chiama musicalmente di nuovo in causa.
Ancora una volta Tremlett agisce attraverso un’alchimia speciale del suo colore, capace di trasformare un luogo in un’esperienza che non solo si lega a quelle specificità che in un determinato ambiente si possono cogliere, ma soprattutto è in grado di far affiorare dalla memoria anche sedimentate esperienze che subito si legano ai suoi cromatismi, amplificando la sonorità visiva di ogni suo intervento. In questo senso possiamo andare oltre; in questo senso la sua “pittura” è sempre soglia e mai schermo, è principio e mai fine.
David Tremlett. The Organ Pipes
intervento artistico permanente
Ex Caffarri
Reggio Emilia
David Tremlett. Another Step
a cura di Marina Dacci
promossa da Comune di Reggio Emilia, Fondazione Palazzo Magnani
con la partecipazione di Galleria Studio G7
progetto finanziato grazie ai Fondi Europei della Regione Emilia-Romagna
libro Ori-editori contemporanei bilingue italiano-inglese con testi di Luca Massimo Barbero e Marina Dacci
11 ottobre 2024 – 9 febbraio 2025
Chiostri di San Pietro
via Emilia San Pietro 44/C, Reggio Emilia
Orari: giovedì 10.00-13.00 e 15.00-19.00; venerdì, sabato, domenica 10.00-19.00; aperture straordinarie 26 dicembre, 2 e 6 Gennaio 10.00-19.00; 1 gennaio 15.00-19.00; chiuso il 25 dicembre; ultimo ingresso mezz’ora prima dell’orario di chiusura
Ingresso intero €12.00; sostenibile €13.00; ridotto €10.00; studenti (19-26 anni) €8.00; ragazzi (6-18 anni) €5.00; biglietti famiglia € 14.00-32.00; gratuito Amici della Fondazione Palazzo Magnani, bambini di età inferiore ai 6 anni, accompagnatori di persone con disabilità, giornalisti iscritti all’albo con tessera di riconoscimento, soci della Collezione Peggy Guggenheim, Amici di Palazzo Strozzi, Amici di Camera, soci ICOM
Info: www.palazzomagnani.it