GALLARATE (VA) | Bemberg™
OROPA (BI) | Santuario di Oropa | 2 luglio – 18 settembre 2022
Intervista a DANIELE BASSO di Matteo Galbiati
In occasione del 90° anno di Bemberg™, marchio della multinazionale giapponese Asahi Kasei con sede a Gallarate (VA), e della grande personale Le pieghe dell’anima presso il Santuario di Oropa ad Oropa (BI), abbiamo incontrato Daniele Basso (Moncalieri, 1975), scultore i cui progetti hanno sempre cercato la sfida della specifica committenza come mezzo per una trasfigurazione di eccellenze particolari in valori universali proprio attraverso la presenza catalizzatrice dell’opera. La scultura di Basso vive di una riconoscibilità specifica che attiva, nelle intenzioni del suo esecutore, precisi temi che sono imprescindibile sorgente valoriale della sua espressività: abbiamo l’acciaio, traduzione della tecnologia umana e materia eterna e riciclabile all’infinito; le pieghe, con cui l’artista compone le opere, che conferiscono alla forma una proliferante sfaccettatura di piani metafora della complessità della realtà del mondo; le superfici specchianti, che rimandano all’autoaffermazione, ma accolgono e inglobano nell’opera anche lo sguardo e le riflessioni degli spettatori.
Il suo lavoro di ricerca identifica nelle sculture momenti di significazione potenti, che, tanto nella piccola quanto nella grande dimensione, non prescindono mai dal voler trascinare il pensiero oltre il limite della loro identità apparente. L’opera rompe la continuità dello spazio, frange la temporalità della quotidiana abitudine e diventa un “contrattempo” di senso con cui misurarsi. Le immagini cui ricorre sono immediate e dirette, riconducibili alla comune conoscenza e, per questo, sempre pronte ad un dialogo franco e avvincente, purché se ne condivida la pari predisposizione al confronto e all’ascolto. La semplicità del messaggio non viene mai meno alla complessità di rimandi e aperture che ne amplificano la portata e cercano, nell’universalità del principio, il termine ultimo di questa loro umana condivisione. La schiettezza, sincera e autentica, si ritrova nelle parole dell’artista il cui carattere e umanità sono l’anima stessa delle sue creazioni. Riportiamo un breve estratto della lunga e appassionata conversazione che abbiamo avuto con lui nelle due occasioni che lo vedono protagonista:
Come è nato il rapporto con Asahi Kasei? Come hai seguito le progettualità con i tuoi committenti per celebrare il 90° anno di Bemberg™? Perché ricorrere proprio all’arte per festeggiare questa importante ricorrenza?
Da diversi anni ho un progetto che si chiama Arte/Azienda/Territorio nel quale esploro le frontiere dell’arte che interagisce con le imprese. Noi siamo quello che facciamo e il lavoro è parte integrante della nostra identità. Parimenti i territori in cui viviamo – spesso – sono noti nel mondo per le aziende che ospitano. Questo crea relazioni inaspettate tra le persone, le imprese e i luoghi, basate sui valori che il “saper fare” locale genera. Valori e messaggi che in origine sono stati il sogno di un bimbo, a cui, crescendo, ha saputo dare corpo nel progetto imprenditoriale. A me interessa capire e portare all’evidenza, attraverso le emozioni dell’arte, questo sogno. L’anima unica di ogni iniziativa, che per natura radica la sua energia nella potenza creativa dell’uomo. Questi aspetti diventano i valori intangibili del brand che per mezzo dell’arte trasformo in simboli e metafore tangibili e condivisibili. Per esprimere un pensiero di riconoscenza reciproca tra azienda e stakeholders. Definendo una linea comune su cui si può ricostruire un dialogo, ritrovare il senso e il significato del lavoro stesso, fino all’identità prima personale e poi collettiva. In definitiva genero simboli in cui riconoscersi… Ho lavorato con grandi aziende come Coca-Cola, Costa Crociere, Ski World Cup Alta Badia, Andrea Bocelli, Versace, Aurora, Tecnomar for Lamborghini 63…, per citarne alcune, che nell’occasione dell’anniversario mi hanno commissionato opere capaci di racchiudere i loro valori strategici per condividerli.
Nel caso di Asahi Kasei, tramite un amico del Rotary Massimiliano Peletta, ho conosciuto e raccontato la mia storia a Ettore Pellegrini, direttore marketing Bemberg™ Italia, marchio di Asahi Kasei… E l’alchimia è nata! L’arte è diventata l’unica maniera plausibile per esprimere nella concretezza i valori fondanti del sistema umano di Bemberg™. Non solo obiettivi commerciali e strategie, ma emozioni e scelte prese da uomini su precetti morali, etici e valoriali che hanno distinto l’azienda nel tempo. Infatti l’opera racconta la capacità di Bemberg™ di costruire relazioni di partnership che durano da decine di anni. Basate sul rispetto personale, sulla fiducia e sulla volontà di crescere insieme.
Che percorso creativo hai seguito per arrivare all’opera finale? In cosa consiste e che connessioni ci sono con il materiale prodotto dall’azienda? Ce la descrivi brevemente?
L’opera, che si chiama Vibrante Leggerezza, rappresenta i due estremi della stessa fibra che si librano nell’aria in un turbinio, come facessero un ballo. Un ballo che esprime la dinamicità del mondo, ma soprattutto la complicità necessaria per costruire la bellezza insieme, che, però, presuppone il rispetto rigoroso dei ruoli e la totale fiducia reciproca. Sono le basi concrete per una bella partnership.
Due estremi che poi rappresentano anche le due entità maschile e femminile della moda, dove il prodotto trova la sua naturale via di affermazione. All’inizio è stato fondamentale definire il valore più forte da esprimere. Quella parola ripetuta spesso nei discorsi, più o meno consciamente, che non trova espressione tangibile nel prodotto e nella comunicazione, ma che è chiaro a tutti che sostiene l’intera credibilità dell’azienda nel mondo. La scelta della metafora del ballo poi è stata un’intuizione. Come sempre accade, quando si entra nella profondità della materia, è la materia stessa che ti suggerisce la soluzione. D’altronde come diceva Brancusi: “Nell’arte la semplicità è complessità risolta!”
Come interpreta l’essenza del marchio e del suo prodotto e a chi è destinata?
Il progetto Vibrante Leggerezza per il 90° anniversario di Bemberg™ esprime l’importanza per l’azienda di consolidare i rapporti, per crescere insieme, facendo della stabilità nelle partnership un valore di sistema da difendere e perseguire; proprio in questa ottica sono state realizzate delle vere e proprie opere numerate. Per esprimere nell’oggetto, oltre al valore simbolico, anche un valore nel tempo e nel mercato legato all’artista. Vibrante Leggerezza è un’opera in edizione di 25 pezzi, che verranno consegnati ad altrettanti protagonisti del sistema umano Bemberg™ quali componenti fondamentali di questa rete e ambasciatori dei suoi valori fondanti nel mondo.
Hai già collaborato con aziende importanti: come riesce un artista a non tradire la sua ricerca pur rispondendo a committenze così particolari e “orientate”? Come si evita l’effetto “spot”?
Io credo che il lavoro su commissione sia sempre stato alla base delle grandi progettazioni. Senza un mecenate che sostiene, al di là della passione, anche economicamente un progetto culturale e d’arte ambizioso, molte delle più belle opere che la storia ricorda non sarebbero mai venute alla luce. Il segreto per me è nell’autenticità del pensiero e nella capacità di cogliere aspetti particolari che possano ambire a diventare suggestioni o riflessioni universali. Non si tratta di eseguire un progetto, ma d’interpretare un sistema che deve essere d’eccellenza in partenza. Di trasformare cioè i limiti del sistema in opportunità. Spesso si scoprono cose che gli stessi protagonisti non sanno di avere o di essere. A questo aspetto creativo, molto destabilizzante per il committente, anche se mette in discussione ogni volta la reale esecuzione dell’opera, non ci si deve mai sottrarre. Per me rappresenta la vera sfida. Spiazzare chi ho di fronte per poi condurlo in una dimensione, che è quella dell’arte, alternativa, per vedere le cose da prospettive diverse. Se questo non accade, allora non ci sarà l’opera, o non sarò io l’artista giusto per quelle realtà. Occorre accettare la sfida e mettersi in gioco definitivamente. Solo nel pieno della crisi si ha l’opportunità di vedere la soluzione migliore.
In occasione della presentazione ho notato una sinergia peculiare con i vertici aziendali… Ci sono altri progetti in vista? Hai qualche idea? Puoi farci qualche anticipazione?
In realtà di idee ne ho diverse, soprattutto con un’azienda così “pura” per quanto riguarda i rapporti umani… idee che sappiano esprimere a pieno il valore della riconoscenza verso il sistema azienda, ma anche più banalmente verso il territorio che la ospita, ma non posso ancora anticipare nulla. È tutto in una fase ancora molto concettuale e queste operazioni fino alla loro realizzazione sono davvero sempre molto precarie. Poi di base, in un sistema che spesso vende l’orso prima di averlo preso, preferisco parlare di quanto è già stato fatto – che è moltissimo – e poi se ci saranno novità sarete di certo tra i primi a saperlo!
Altro importante progetto, su cui ti sei speso molto, è la tua personale Le pieghe dell’anima al Santuario di Oropa. Un’occasione davvero importante per un’altra ricorrenza importante…
Il Santuario di Oropa è per me un luogo magico, dove si respira una forte spiritualità. Da biellese e da cristiano mi sono recato in questo luogo più volte nei momenti più intensi della mia vita, ed ha sempre rappresentato uno spiraglio di luce in cui scorgere soluzioni concrete alle sfide della vita. Quando Don Michele Berchi, il Rettore, ha accolto senza riserve la proposta di esporre le mie opere, con la curatela di Irene Finiguerra, è stato davvero un enorme onore. È nata una mostra che è un percorso a tappe basato sul dialogo: in prima battuta con noi stessi, che dobbiamo essere disposti a metterci in discussione per affrontare un percorso spirituale tra le pieghe della nostra anima; poi della mostra stessa con il Santuario, la cui destinazione di fede conferisce alla mostra una profondità straordinaria; poi delle opere con i luoghi specifici che le ospitano, da cui derivano significati ed emozioni uniche; ed infine tra Oropa e la città di Biella, dove possiamo incontrare altre mie opere in Prefettura (che si apre all’arte grazie al Prefetto Franca Tancredi), al Chiostro di San Sebastiano del Museo del Territorio, in Biblioteca Civica, a Palazzo Ferrero, a Palazzo Gromo Losa, in Piazza Curiel e poi ancora a Sandigliano al Relais Santo Stefano, a Campiglia Cervo al La Bursch e a Vigliano Biellese da Yukon. Trasformandosi in vera e propria mostra diffusa sul territorio.
Come ti sei relazionato a questo luogo di fede, spiritualità e pellegrinaggio strutturando un percorso su più livelli e con significati precisi per ogni “tappa”? Quali opere ci sono? Ci accompagni nella visita?
Dopo essere state in piazza a Lajatico da Andrea Bocelli e poi in Piazza dei Priori a Volterra nel 2019, lo scontro metaforico tra due opere contiene metaforicamente la mostra al Santuario di Oropa: la prima è Boogyeman (l’uomo nero), ai cancelli bassi, di spalle all’entrata come un pellegrino che accede coi noi nel Santuario, metafora delle paure che dobbiamo imparare ad amministrare e delle emozioni che provano a bloccarci in vita, inducendo immobilità fisica e spirituale, a cui si contrappone la seconda opera, le ali di Ikaros, ultima della mostra, che si staglia imponente e salvifica nello sfondo della Basilica Superiore, metafora del desiderio di volare oltre, per raggiungere nuovi livelli di conoscenza, consapevolezza e coscienza, verso l’essenza della vita stessa. Questo diventa l’asse di contenimento della mostra, che, al livello della Basilica Antica e della fontana del Burnel, al primo piano nella Biblioteca, nel Museo dei Tesori e degli Appartamenti Reali nella Galleria degli ex-voto e di Sant’Eusebio, mette in scena 7 opere che parlano di come amministrare le paure, di coraggio, ricerca, spiritualità, fede, conoscenza, identità, costruzione del sé, potere, saggezza, orgoglio, dignità, etica, morale, riconoscenza, valori del territorio e della montagna. Le opere sono: Cristo Ritorto, Achill, Nike di Samotracia, Venere di Milo, ReLeone e Blue Vierge. La mostra è un’intensa e faticosa riflessione sulle debolezze e le aspirazioni umane, sulla paura che è disagio, ma che attraverso il coraggio diventa attivatrice di cambiamento e creatività. Dal buio si vede la luce, verso il futuro che siamo chiamati a costruire per noi e per gli altri. Un percorso anche fisicamente in salita, senza abbandonarsi alla paura, per stimolare le persone ad innalzarsi culturalmente, moralmente e spiritualmente, come individui e come società. In un momento difficile per l’umanità come quello che stiamo vivendo, la mostra propone un messaggio di coraggio, fede e dignità, che da Oropa si allarga nel mondo intero. Per prendere atto che siamo noi i protagonisti del nostro tempo, e che abbiamo l’opportunità di fare meglio e di più, per la natura, per i nostri figli ed i nostri nipoti. Gettando il cuore oltre le difficoltà. Verso il senso più alto dell’esistenza. E dove, se non ad Oropa, si può ritrovare il senso stesso della vita e noi stessi?
Hai definito il piccolo crocifisso blu come la tua opera più importante e carismatica, e, a dispetto delle dimensioni (33 centimetri n.dr.), la più forte e potente. Cosa ha di così esclusivo? Ce ne racconti le sue esclusività?
Sull’altare per la cerimonia della Centenaria Incoronazione della Madonna d’Oropa nel 2021, oggi nella collezione permanente del Santuario sull’altare del sacello che ospita stabilmente la statua della Vergine nera, è il frutto di una riflessione sul significato del simbolo. Oggi, tempi in cui dobbiamo proteggerci dalle troppe immagini che scorrono alla velocità di un click, anche i simboli non hanno più tempo di esprimere compiutamente i propri valori. Per sottrarli all’indifferenza e all’abitudine, allora, occorre il coraggio di reinterpretarli in modo che continuino a parlare alla contemporaneità. Cristo Ritorto allora perde la croce e rimane Dio nella figura dell’uomo, che è visibile per la prima volta da due punti di vista diversi: il piano delle spalle, che offre resistenza al cambiamento, rivolto alla navata centrale, ed il secondo il piano dei piedi, ritorti in maniera innaturale verso l’apertura laterale del sacello, a indicare la necessità di cambiare per continuare a comunicare. Inoltre nel nome “ritorto” c’è il riferimento al saper fare d’eccellenza biellese, l’imprenditoria tessile, diventando metafora del territorio e delle sue genti che ad Oropa, al Santuario e alla Vergine nera, si rivolge sempre con affetto e devozione. Un’opera tutto sommato piccola, ma a mio veder dai significati e dalle implicazioni enormi su temi centrali della nostra esistenza come la spiritualità e la fede.
Questa mostra che si lega strettamente al luogo e rispetta un percorso di fede preciso, ha generato, però, anche diverse polemiche, attacchi e malumori (con strascichi di scaramanzie fuori dal tempo e superstizioni populiste). Cosa vuoi rispondere a questi detrattori?
Nulla… Spero abbiano modo di vedere la mostra e mi auguro si soffermino a leggere quanto indicato come ragioni delle nostre scelte. Ritengo sia una straordinaria occasione per riflettere e indagare alcuni aspetti dell’uomo e della contemporaneità. Oltre alla possibilità di approfondire anche diversi modi di affrontare un percorso spirituale e di fede. Sull’argomento ha scritto anche Don Giuseppe Tanzella Nitti, ordinario di Teologia Fondamentale alla Pontificia Università della Santa Croce: un testo intenso e ricco di spunti di riflessione. Consiglio anche questo, oltre alle parole del Rettore Don Michele Berchi.
Perché, alla luce di tutto questo, è importante la testimonianza dell’arte contemporanea in luoghi come questo?
L’arte è un linguaggio. Attraverso l’arte abbiamo esperienza dell’oltre. L’arte contemporanea indaga e interpreta il presente, e a volte immagina il futuro, e lo fa da un punto di vista dei valori fondamentali per l’uomo. Le emozioni che l’arte contemporanea suscita ci conducono in dimensioni alternative, e quando le esploriamo siamo più ricchi. Vivere un luogo importante come un Santuario anche attraverso un percorso d’arte contemporanea, ti offre l’opportunità d’intuire e intercettare aspetti altrimenti invisibili. Saper percepire la realtà fisica e spirituale nella sua molteplicità ci offre l’opportunità di capire meglio noi stessi, gli altri e l’ambiente in cui viviamo. È una opportunità di conoscenza, di confronto e crescita che va nell’indirizzo del dialogo e della condivisione, per apprezzare la molteplicità straordinaria della vita…
Che progetti hai in cantiere nell’immediato futuro? Ci anticipi qualcosa dei tuoi prossimi appuntamenti?
I progetti sono sempre tantissimi, davvero. Ho in programma due mostre per il prossimo anno e un paio di opere con collaborazioni importanti che, però, non posso ancora svelare… In merito invece alla mia ricerca, al momento sono affascinato dagli studi delle opere Frame, frammenti volutamente incompleti di opere più grandi, in cui si vede il complesso processo costruttivo dell’opera, e la cui forma si può completare con la fantasia. Come Nike di Samotracia e Venere di Milo, è un diverso modo di stabilire un dialogo tra opera e pubblico nel quale davvero credo moltissimo! Appena avrò le nuove opere finite vi chiamo subito!
Opera per il 90° anno di Bemberg™
Bemberg™ by Asahi Kasei
via E. Cantoni 1, Gallarate (VA)
Info: +39 02 109210027
info@asahikaseifibersitalia.com
www.asahi-kasei.co.jp/fibers/en/bemberg
e
Daniele Basso. Le pieghe dell’anima
a cura di Irene Finiguerra
2 luglio – 18 settembre 2022
Santuario di Oropa
Via Santuario D’Oropa 480, Oropa (BI)
Orari: tutti i giorni 8.00-19.00
Info: +39 015 25551200
www.santuariodioropa.it
www.danielebasso.it
www.bi-boxartspace.com
Daniele Basso, nato nel 1975 a Moncalieri (TO), è un artista italiano noto per i lavori in metallo lucidato a specchio. Opere che inducono una maggiore coscienza di noi stessi nella ricerca della nostra identità. Ha partecipato a tre edizioni della Biennale d’Arte di Venezia, con mostre e opere in diverse parti del mondo, tra cui Carrousel du Louvre (Parigi), Università del Seraphicum (Vaticano), GNAM (Roma), Expo 2015 (Milano), World of Coca Cola (Atlanta), Officine della Scrittura (Torino), Museo del Parco (Portofino), Shoah Memorial (Milano) e in gallerie a New York, Dubai, San Pietroburgo, Tel Aviv, Monte-Carlo, Lugano, Milano, Torino e Bologna. Nel 2015 Coke Its Me (The Coca-Cola Company) e Gigant (SWC Alta Badia – Unesco Park Dolomites). Nel 2016 Aquamantio (MOSCA1916) a Biella. Nel 2017 Il Cavallino (70° Anniversario Ferrari) e i premi al 67° Festival di Sanremo, per Star Team Monaco (S.A.S. il Principe Alberto II di Monaco) e per Inter FC. Nel 2019 Main Artist al Teatro del Silenzio di Andrea Bocelli, regia Luca Tommassini. Nel 2020 con Andrea Bocelli su RAI 1 (Best of), le opere Gabriel e Gigant illuminate tricolore per il covid, case history alla 24ORE Business School e il monumento Discrimine Momentum (African Fashion Gate) a Villafranca Verona. Nel 2021 Pinocchio (Costa Crociere), VrummBangBull (Tecnomar for Lamborghini63), Cristo Ritorto sull’altare della Madonna d’Oropa, Bimbo Faber di CNA Biella diventa premio annuale, la partecipazione a SellaEnsamble, membro del cda dell’Associazione Biella Città Creativa UNESCO e speaker TEDx. Oggi le sue opere sono da Artion Gallery, Galerie Sept, Simon Bart, Hysteria Art, Laura Tartarelli Contemporary e Galleria Ferrero.
Bemberg™ by Asahi Kasei è un materiale di nuova generazione unico nel suo genere, ineguagliabile e originale realizzato dalla trasformazione smart-tech dei linter di cotone, materiale pre-consumo convertito attraverso un processo tracciabile e trasparente a ciclo chiuso. Prodotto in Giappone, Bemberg™ ha la certificazione RCS, Oeko-Tex Standard 100 e ISO 14001 a livello aziendale. Bemberg™ detiene il rapporto Innovhub-SSI più recente confermando che i suoi filamenti si disintegrano al 100% in valore entro i limiti specificati dalla UNI EN 13432, punto A.3.1 per la disintegrazione in processo di compostaggio. Bemberg™ ha testato secondo la norma EN 13432: 2000, allegato E, il compost ottenuto da questi filamenti e ha rivelato l’assenza di effetti di ecotossicità, secondo ISO 16929: 2013. Inoltre, i filamenti Bemberg™ sono risultati negativi per metalli pesanti e altre sostanze pericolose conformi ai test specificati dalla norma UNI EN 13432, per le sostanze elencate nella tabella A.1. Bemberg™ è antistatico e traspirante e la sua versatilità lo rende perfetto per il Guardaroba Moderno, dalla moda, athleisure fino al causal per tutti i giorni. Bemberg ™ è il marchio commerciale della fibra di cellulosa rigenerata Cupro, prodotta solo da Asahi Kasei. Bemberg™ è anche partner di C.L.A.S.S.