ROMA | CityLab 971 – BIANCOFIORE Studio | FINO AL 13 GIUGNO 2024
di MATTEO DI CINTIO
Nell’Epoca delle vulnerabilità, per riprendere il titolo di un recente saggio di Gioele Cima, il discorso psicologico ha fatto breccia negli anfratti dei più disparati ambienti sociali e culturali, sedimentando parole specifiche e un vago, quanto precario, ideale di benessere. Fra i termini che si sono imposti nel chiacchiericcio quotidiano possiamo riscontrare la denominazione borderline, usata quasi fosse l’epiteto vincente da infliggere ad un malcapitato qualunque, colpevole per la propria esuberanza o supposta fragilità emotiva e caratteriale. In realtà, la “stabile instabilità” del disturbo borderline, messo in luce dallo studio dello psicoanalista Otto Kernberg, promette una complessità psicopatologica che va ben oltre l’uso superficiale delle diagnosi e che richiede una presa di coscienza teorica ben fondata. Potremmo dire ad esempio – e ciò ci tornerà utile ai fini del nostro discorso – che lo stesso termine borderline s’inserisce in una tradizione nosografica angloamericana, mentre in Francia si predilige il costrutto stato limite per identificare un funzionamento psichico che si pone al bordo (appunto!) di due strutture quali la nevrosi e la psicosi. Dissociazioni e profondi stati di angoscia sono due delle sintomatologie più diffuse nell’ambito clinico di tale disturbo.
Perché tale preambolo ai fini di una recensione d’arte? Ci sembra opportuno evidenziare che il giovane artista romano Valerio Volpato (classe 1995), alla prova della sua prima personale Strato Limite presso CityLab 971, abbia qualcosa da dire (anche se non è un intento programmatico) rispetto ad una sintomatologia borderline che percuote e infrange gli equilibri vitali e che orienta in maniera nefasta il disagio contemporaneo. Ma nel dirne qualcosa, nel provare ad argomentarne qualcosa, l’artista non ci restituisce una “patografia” del proprio lavoro artistico, una “diagnosi” pittorica allucinata e alienata (per quanto una certa emotività perturbante aleggi per tutta la mostra), bensì un saperci fare, un collaborare con l’azione disadorna dell’angoscia.
Fatte tali premesse, che svelano un po’ le carte su ciò che è il cuore del nostro discorso, proviamo a restituire in che modo l’artista in questione collabori con l’angoscia. È lo stesso Volpato ad informarmi del fatto che da una prima e irrinunciabile formazione musicale è arrivato da autodidatta alla pittura per una necessità comunicativa più intuitiva e diretta con il pubblico. La simbolizzazione dell’angoscia nel campo del visivo si confà meglio ad un udito non propriamente abituato agli stridii e alle dissonanze del noise. Ma, come scrivevo poc’anzi, l’impatto sonoro è una materia irrinunciabile per Volpato, il quale, al vernissage, ha presentato una performance musicale istrionica e debordante, basata sulla dicotomia fra lo sciame rumoristico provocato da un mixer in cortocircuito (No Input Mixer) e la riproduzione di tracce più armoniche ed eteree. Sostenendosi su una tradizione musicale che occhieggia al noise orientale di Merzbow o Masonna, l’artista romano trasforma il mixer in un modulare bizzarro, impantanato in un impasto sonoro graffiante e cupo. La stessa cupezza la si riscontra nelle opere pittoriche presenti nello spazio espositivo.
Ciò che colpisce – ed è un punto di forza del lavoro – è la messa in campo di una stratificazione di materiali che fa da supporto-tela al gesto pittorico. Anche in questo caso osserviamo una dicotomia, o meglio un “sostare al limite” fra l’accaparramento materialistico e lo slancio asciutto e vibrante della linea di vernice nera, quasi volesse quest’ultima riprodurre la dissonanza improvvisa di un suono oscuro. La pittura s’incista su una superficie debordante, prodotta dall’affastellamento di materiali inusitati e plastici, che provengono dall’industria aerospaziale, automobilistica e navale. Il richiamo ad Alberto Burri o ad alcune sperimentazioni dell’Informale e dell’Arte Povera è evidente, ma ciò che si staglia come novità assoluta è l’insistenza vivida di una materia inedita, che sembra prelevata da un futuro lontano e distopico. Torniamo quindi a quel “saperci fare” con l’angoscia. La poetica di Volpato, articolabile grazie all’utilizzo di questo nuovo materiale, produce una “traslitterazione” di significanti: dallo stato limite del disagio borderline si passa allo strato limite dell’azione artistica, dove per “limite” intendiamo quel processo di bordatura che enuclea e contiene la densità della rappresentazione astratta della paura. Adoprarsi nell’arte per contenere la materia viscosa dell’angoscia, come fa Valerio Volpato, è vivere la pulsione dinamica e ossessiva della stessa, senza però rimanerne vittima.
Valerio Volpato
STRATO LIMITE. Deframmentazione della paura e del suo ricordo
23 maggio – 13 giugno 2024
BIANCOFIORE – CityLab 971
Via Salaria 971, Roma
Info: https://www.citylab971.it/
CityLab 971 è uno spazio poliedrico dedicato all’innovazione culturale, sociale e tecnologica. Cuore di un progetto che nasce con l’obiettivo di rigenerare una porzione di territorio attraverso la riqualificazione della struttura situata in via Salaria. Accogliendo e sviluppando le idee di imprese e privati, CityLab 971 promuove il coinvolgimento attivo dei cittadini, avviando un processo di rigenerazione urbana e educazione al riuso creativo: “Sfruttare ciò che è andato perso per dare una nuova speranza a ciò che esiste nel presente”.
Con oltre 20.000 mq di spazi, CityLab 971 è il fulcro di un progetto culturale ambizioso che fonda le sue basi sulla rigenerazione. La struttura, recuperata con particolare attenzione agli elementi di archeologia industriale, instaura un dialogo partecipativo con il territorio. Il progetto si distingue per i suoi spazi dedicati alla cultura contemporanea, sostenendo realtà che alimentano il substrato creativo urbano, fungendo da catalizzatori accessibili e innovativi.
L’obiettivo principale è creare una piattaforma di dialogo tra artisti emergenti e meno, le cui ricerche possano generare linfa vitale per il contesto urbano e fungere da connettori. CityLab 971 si propone come luogo di condivisione e punto di riferimento, un’agorà dove far circolare idee e stimolare il pensiero.