ROMA | MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo | Fino al 16 ottobre 2022
di BEATRICE BENEFORTI
La galleria n.3 del MAXXI di Roma è letteralmente piena delle fotografie – principalmente in bianco e nero – di Daido Moriyama e di quelle del suo maestro Shomei Tomatsu che fanno emozionare per la loro intrinseca semplicità di rappresentazione. Due punti di vista e due approcci diversi quelli dei due fotografi in mostra: se lo sguardo di Tomatsu è sempre rivolto a scene socialmente e politicamente sconvolgenti, quello di Moriyama si concentra sui risvolti, sulle contraddizioni e sui compromessi della vita quotidiana.
Ma qualcosa che accomuna le fotografie di una vita dei due grandi artisti in mostra, c’è. Nei loro scatti c’è sempre Tokyo, c’è sempre la gestualità della vita, l’eros, il proibito, l’abbandono, i colori dei fiori che sembrano i soliti colori di alcuni tetti intorno.
Il visitatore che entra al MAXXI, che sale le scale e si ritrova davanti a un corridoio con una parete colorata di giallo su cui sono state allestite le prime fotografie a colori dell’esposizione, potrebbe anche commuoversi se si sofferma davanti, per esempio, alla fotografia scattata a un letto sfatto dietro a due tende arancioni lasciate ai confini delle pareti. Davanti al letto e alle due tende il visitatore può osservare due pantofole, un secchio forse vuoto e una poltrona di pelle nera e poi potrebbe allontanarsi e confondere i grani bruciati della pellicola retro illuminata con dei brillantini e, se facesse un altro passo indietro, noterebbe che la composizione è incorniciata di giallo e che la mostra potrebbe anche finire lì.
Perché la mostra, quasi esclusivamente in bianco e nero, parte con questa fotografia a colori, incorniciata di giallo e sovrapposta ad altre fotografie a colori?
Perché, quindi, davanti a questa foto – che non è la prima della parete – potremmo tranquillamente ritrovarci in lacrime? Sarà colpa dei grani retro illuminati che sembrano brillantini?
Questa immagine racconta luoghi non occidentali, luoghi diversi e lontani da noi, eppure è lì fatta apposta per tormentare il senso di leggerezza e di piacevole stupore che si ha quando si entra in un museo. Questa immagine ricorda la brutalità della sveglia, della vita che va avanti, del rigore che serve per non cadere nel baratro (ecco, forse, a cosa serve il flash) e che ti obbliga a rifare il letto quando stai per lasciare la camera da letto.
Dal primo sguardo veloce e casuale si avverte la presenza dell’umano in quel luogo, non solo di chi ha rifatto il letto e se n’è andato ma anche del fotografo che vi è entrato e ha scattato a colori e, senza accendere la luce, con il flash.
Solitamente il flash può far diventare una fotografia intima e delicata, pubblica e brutale, ma questo pezzo di vita è tutto questo insieme e anche altro: è memoria? Questo dipende dalla storia che il visitatore porta con sé nelle stanze della mostra.
Cani randagi e calze a rete, fiori e fumogeni in una parete interamente dedicata a Shinjuku (noto distretto dei divertimenti di Tokyo) dove gli occhi dei due maestri si interessano, allo stesso modo, alla vita che si è creata in questa parte celata della città.
Una parete in bianco e nero con fotografie che si ripetono per ripetere i gesti del quotidiano.
Un atto di iterazione che, al contrario della natura rassicurante del gesto rituale, non rassicura affatto ma che riporta l’attenzione del visitatore alla franchezza della vita che va avanti.
Si può dire che la mostra non è solo un racconto della vita più o meno conviviale di Tokyo ma sembra più di entrare in una narrazione di due storie d’amore che i maestri hanno e hanno avuto per i luoghi dove si sono mossi durante la loro vita.
Nei video proiettati in due sale della mostra, si vedono Moriyama e Tomatsu mentre parlano dei loro lavori o mentre scattano fotografie ad alberi in fiore e il visitatore può essere sorpreso da come possa, tanta naturalezza, confluire in due corpi in movimento, spinti esclusivamente dall’amore.
Moriyama dice: “Non è noiosa la vita se non ci si innamora? Se non ci si innamora di un essere umano, ci si deve innamorare di qualcos’altro. L’innamoramento non deve essere necessariamente proteso verso un essere umano, può essere raggiunto in modo più ampio, con l’essere innamorati di tutte le cose esistenti nel mondo…”
Daido Moriyama con Shomei Tomatsu. TOKYO REVISITED
a cura di Hou Hanru, Elena Motisi
Fino al 16 ottobre 2022
MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo
galleria 3, Roma
Info: www.maxxi.art