MODENA | BIBLIOTECA CIVICA D’ARTE LUIGI POLETTI | 13 FEBBRAIO – 11 GIUGNO 2016
intervista a FULVIO CHIMENTO di Chiara Serri
Nel luogo deputato alla storia dell’arte, la Biblioteca Luigi Poletti di Modena, una mostra dedicata all’arte di strada. Molta teoria, poca spettacolarizzazione per il progetto di Cuoghi Corsello e Dado che comprende oltre duecento pezzi – dai Quaderni di Villa Genziana alle trasformazioni della celebre Pea Brain, da Petronilla a Nonno Degrado, fino ai blackbooks e alle tavole del volume Lo stile secondo Dado, di prossima uscita – costituendo quella che Fulvio Chimento definisce come una sorta di “retrospettiva involontaria”. Incontriamo il curatore nei giorni in cui a Bologna prosegue il dibattito sulla Street Art, legato alla mostra di Fabio Roversi Monaco, agli “strappi” e alle auto-cancellazioni di Blu…
Il titolo della mostra – Ailanto. Ailanthus altissima – gioca sul parallelismo tra la crescita di una pianta invasiva non autoctona e la diffusione spontanea di alcuni linguaggi artistici in luoghi non ufficiali. Potresti chiarire la metafora?
L’ailanto è una pianta invasiva proveniente dalla Cina, introdotta in Europa nel XVIII secolo. Negli ultimi trent’anni, proprio come il writing, ha avuto una grande diffusione in Italia. L’ailanto cresce nelle fabbriche abbandonate, lungo i margini delle strade e delle ferrovie, ovvero nello stesso spazio scenico del writing, ma le affinità sono molteplici e sorprendenti…
Il riferimento è strettamente legato al writing?
L’ailanto è per me simbolo di una diversità artistica che si pone come alternativa all’arte “ufficiale” o a quella “storicizzata”, propensa quindi ad “ailantizzarsi”, a innestarsi e diffondersi rapidamente negli ambienti più disparati e a differenti latitudini. Credo che il parallelismo con l’ailanto sia calzante anche per quanto riguarda altri fenomeni, per esempio quelli legati alla new media art e al web, uno spazio di aggregazione reale che gli artisti vogliono mantenere libero e “selvaggio”, proprio come il writing in relazione allo spazio urbano.
Come si pongono questi linguaggi nei confronti del mercato?
Il writing e la new media art sono due tra le maggiori novità in campo artistico che si sono affacciate negli anni ’90. Parliamo di linguaggi differenti, ma che sono riusciti a mantenere una propria autonomia nei confronti del mercato, giocando costantemente sul limite tra legalità e abuso delle regole. Sono discipline che sono riuscite a resistere alle mode e ai tempi.
Qual è il rapporto tra Cuoghi Corsello e Dado?
È un rapporto di amicizia e di stima basato anche su un confronto serrato e su punti di vista talvolta antitetici: credo sia anche questa la forza di Ailanto. Il lavoro di Dado ha un forte impianto teorico e razionale, mentre Cuoghi Corsello sono più liberi e fantasiosi. Da un lato le opere su carta di uno dei maggiori writer italiani, dall’altro la poetica della strada che emerge in modo magico e prepotente dalle foto, dai taccuini, dai libri d’artista, dai disegni di Cuoghi Corsello, che hanno vissuto undici anni in fabbriche occupate trasformando questi ambienti in veri e propri musei, delle “astronavi” per il decollo dei loro progetti artistici. Ailanto è una mostra molto generosa (su un pc sono stati caricati oltre 7000 scatti fotografici, alcuni dei quali inediti, che documentano gran parte della loro produzione artistica dalla fine degli anni ’80 fino a quella più recente), una specie di “retrospettiva involontaria” sul percorso di questi tre artisti.
Quando avviene l’incontro tra Dado e Cuoghi Corsello?
L’incontro tra Dado e Cuoghi Corsello avviene nel 1991 e, a soli due anni di distanza, Dado, all’epoca ventenne, prende parte alla loro mostra Bombing Party a Cusano Milanino (MI). Nel 1995 Dado espone per la prima volta in una galleria: Cuoghi Corsello lo invitano a partecipare alla loro personale dal titolo La Famiglia, che si svolge alla Galleria Cattelani di Baggiovara, in provincia di Modena (1995). Ailanto è dunque un nuovo capitolo di questo percorso.
Anche Blu frequentava Monica Cuoghi e Claudio Corsello negli anni delle fabbriche abbandonate?
Non ho riferimenti certi in relazione a Blu, che sicuramente per un periodo ha frequentato le loro fabbriche, ma tra lui e Cuoghi Corsello credo non sia mai nata una collaborazione. Ad ogni modo sembra curioso che Dado e Blu, forse i due più importanti artisti di strada che Bologna ha espresso negli ultimi anni, abbiamo avuto entrambi modo di avvicinarsi alle fabbriche di Cuoghi Corsello, anche se con tempistiche, linguaggi e modalità del tutto differenti.
A Bologna si è aperta da poco la mostra Street Art – Banksy & Co. L’arte allo stato urbano cui partecipano anche Cuoghi Corsello e Dado. Qual è la tua posizione nei confronti degli “strappi” e delle auto-cancellazioni di Blu?
Quanto agli “strappi”, ovviamente, il tema fa discutere, ma se vediamo il lato positivo diciamo che se questa tecnica l’avessero inventata secoli fa ora avremmo con noi opere di fondamentale importanza. Per tornare alle auto-cancellazioni di Blu, non le condivido. L’atteggiamento di Blu è eroico all’apparenza, ma nasconde un modo distorto di intendere lo spazio pubblico dell’arte: la strada è il luogo in cui deve emergere la problematicità del reale, e non un uno spazio deputato al consenso.
Cosa intendi per consenso?
Credo che Blu abbia ottenuto il massimo da questa vicenda: le sue opere strappate, che sarebbero andate perdute in quanto realizzate in fabbriche ora abbattute, fanno bella mostra in uno dei musei che condensa la storia di Bologna. Le auto-cancellazioni hanno fatto parlare ampiamente di Blu, con un sicuro ritorno anche per il mercato dell’arte: se le sue opere vengono scrostate aumenta esponenzialmente il valore dei bozzetti, ovvero la traccia di quei lavori urbani rimasti nell’immaginario collettivo. Una volta terminata la mostra sulla Street Art, i suo lavori rimarranno esposti insieme a collezioni nelle quali sono presenti anche i Carracci, Guido Reni, Arturo Martini e Donato Creti. Blu è quindi riuscito nell’impresa di entrare in mostra, conservando tuttavia intatta la sua immagine e ottenendo il massimo del consenso da parte della massa.
Come si può raccontare l’arte di strada?
Si può porre in risalto l’aspetto più spettacolare ed esteriorizzante, come a Bologna, oppure si può approfondire la teoria, la poetica e l’interiorità del linguaggio, come nel nostro caso. Fernando Pellerano sul Corriere della Sera ha parlato di Ailanto come di una mostra dedicata alla “Street Art su carta”. Ailanto è un’esposizione molto ricca, e probabilmente utile per comprendere anche ciò che in questi giorni sta avvenendo a Bologna.
Cuoghi Corsello e Dado, AILANTO. Ailanthus altissima
A cura di Fulvio Chimento
13 febbraio – 11 giugno 2016
Biblioteca civica d’arte Luigi Poletti, Palazzo dei Musei
Piazza Sant’Agostino 337, Modena
Orari: lunedì 14.30-19.00, da martedì a venerdì 8.30-13.00 e 14.30-19.00, sabato 8.30-13.00.
Info: +39 059 2033372
biblioteca.poletti@comune.modena.it
www.comune.modena.it/biblioteche/poletti