BRESCIA | Luoghi vari | In progress
Intervista a Fausto Salvi di ALICE VANGELISTI
In un momento anomalo e insolito per la vita sociale di ciascuno individuo, anche il mondo dell’arte ha subito pesanti ripercussioni, con musei e spazi espositivi sempre più vuoti e desolati dalle continue aperture e chiusure imposte dai decreti ministeriali. Ma nonostante ciò la necessità di continuare a fare arte – e interagire con essa – resta la stessa. Così nasce a Brescia, il progetto di CULTURA IN-ATTESA che porta tra le strade della città l’arte contemporanea in spazi insoliti e non convenzionali. In questo modo, la fruizione è possibile anche senza necessariamente entrare in un luogo e il pubblico può finalmente ri-incontrare l’arte contemporanea. Abbiamo intervistato Fausto Salvi, ideatore di CULTURA IN-ATTESA, approfondendo con lui i contenuti e i significati del progetto che prende vita tra le vie della città di Brescia lungo tutto il corso del 2021.
CULTURA IN-ATTESA nasce già come idea nel 2020, ma è in questo 2021 che trova una sua dimensione di attuazione. Come si è sviluppato nel tempo questo progetto e quali sono i punti chiave che lo caratterizzano?
Il progetto si fa strada verso la fine del 2020 come inevitabile reazione a una condizione di blocco pressoché totale delle attività che costituiscono il tessuto culturale di una nazione, di una società civile. Ragionando sulle ripercussioni di quel periodo, che ora pare lontano, quasi volutamente rimosso dalla memoria, mi chiedevo quali e quante conseguenze avrebbe generato un’assenza di questa portata. Un così preoccupante silenzio, che probabilmente non si è mai verificato in precedenza, se non durante gli anni di rivoluzioni sociali quali possono essere i conflitti armati, non può non comportare dei cambiamenti. La preoccupazione sale soprattutto se ci si concentra sulle giovani generazioni, quella fascia d’età ancora non completamente formata e quindi più indifesa rispetto a un pericolo così invisibile quanto dannoso, costituito dalla mancanza di proposta culturale. Oltre a questa motivazione macroscopica, c’è da considerare l’aspetto che più direttamente coinvolge gli operatori di tale enorme settore, dagli artisti a tutte le persone che compongono il gigantesco indotto di attività fondamentali per la realizzazione di arte di qualsiasi genere. Dalle arti visive alla musica, dal teatro alla danza e alle performances. Convegni, conferenze, fiere, mostre, concorsi, spettacoli, concerti, eventi di qualsiasi tipologia semplicemente cancellati a tempo indeterminato.
Da dove nasce l’ispirazione per la progettazione di CULTURA IN-ATTESA?
Nasce da un bisogno. Nasce dalla frustrazione dovuta all’impossibilità di capire quando tutto ciò che stava accadendo sarebbe passato. Nasce dall’assenza di motivazioni valide per continuare una ricerca. Nasce dalla necessità di completare lavori e continuare collaborazioni e progetti. Nasce dal fatto che molti artisti vivono esclusivamente di quello che di artistico e culturale fanno. Nasce dalla difficoltà intrinseca di questa professione che consiste nel creare qualcosa che le persone ancora non possono percepire come costruttivo e necessario in quanto non ancora né richiesto né realizzato. Nasce dalla necessità di continuare a ricercare sotto la lente speciale e spesso premonitrice dell’arte.
Molto curioso è il titolo del progetto… Parlami un po’ delle diverse sfumature che esso assume.
In attesa/ Inattesa: una parola con due significati ben precisi, considerando il periodo che risale ormai a più di 18 mesi fa. L’attesa durata mesi ha portato una grande preoccupazione legata alle possibilità oggettive di continuare a lavorare. Per alcuni è stato l’inesorabile ago della bilancia che ha convinto o forzato a prendere una decisione ineluttabile, facendo perdere così la possibilità a interessanti artisti di portare avanti la propria ricerca, la propria carriera. Parlo soprattutto, in quanto più fortemente travolti dalle restrizioni di quel momento (vedi che inevitabilmente se ne parla al passato?), per musicisti e operatori del teatro e dello spettacolo. Con la scelta naturale e obbligata di appoggiarsi a un ambito alternativo agli spazi preposti per offerte artistiche e culturali, ho inserito la “variabile sorpresa” pensando ad allestimenti artistici, fruibili in ambiente esterno e quotidianamente frequentato dalle persone dove, a prescindere dai decreti e dalle limitazioni agli spostamenti, il pubblico ha avuto la possibilità di scoprire opere d’arte nella maniera meno aspettata. Apparendo in una forma meno “privilegiata” le opere si offrono a una fruizione meno elitaria e molto più vicina a un uditorio potenzialmente illimitato, eludendo la trappola dovuta alla scelta di “ammirare” o meno una realizzazione artistica. La cultura e l’arte sono necessarie alla vita di tutti i giorni. E questo vale per chi ne è naturalmente o professionalmente attratto come per chi non ne è affatto interessato.
I lavori degli artisti infatti sono installati in luoghi della città insoliti e si crea così una fruizione delle opere diversa da quella a cui siamo abituati: qual è la risposta in tal senso da parte del pubblico?
Pochi giorni dopo aver installato la prima opera in un cortile del centro storico ho avuto la prima risposta positiva. Dalla semplice e spontanea reazione di una signora che si è trovata davanti a una scultura collocata in uno spazio dove solitamente non vi era mai stato nulla. Ringrazio pubblicamente questa anonima visitatrice per le sue parole di sollievo, di felicità per la sorpresa e dalla sensazione da lei provata (e verbalizzata) di una ventata positiva, di un primo segnale di ripresa e di reazione costruttiva. Questa è stata la prima prova tangibile e certa che la strada intrapresa era – ed è – quella giusta. CULTURA IN-ATTESA nasce e continua come proposta a lungo termine, che è poi la strada più difficile e impegnativa da affrontare. Per ogni opera aggiunta al ventaglio di luoghi non ci sono stati eventi che ne abbiano sancito né l’inizio né la fine. Gli allestimenti si sono preparati e poi comunicati per essere poi lasciati un tempo sufficiente per poter essere goduti liberamente, senza prenotazioni o altro. Siamo troppo permeati dalla necessità che le cose debbano accadere in tempi brevi e che debbano avere un ritorno “importante” per essere considerate interessanti. I tempi sempre più rapidi e incalzanti che scandiscono le nostre giornate spesso ci precludono la possibilità di soffermarci, con modalità non programmate, per godere di una scoperta piacevole. Soffermarsi per osservare una scultura o un dipinto, una fotografia o un’installazione nelle vetrine di un bar, nell’entrata di un edificio, nel cortile di un palazzo storico, rende, senza ombra di dubbio, la quotidianità più completa e il percorso giornaliero spesso reiterato più interessante.
Gli artisti coinvolti creano così anche un legame con la città: come avviene la selezione delle opere e degli spazi?
Questo è un progetto che ha radici spontanee e caratteristiche di auto-produzione in assenza di finanziamenti. Sono andato di porta in porta raccontando le motivazioni del progetto, facendo leva sulla sensibilità dei miei interlocutori circa le problematiche che ho elencato in precedenza. Devo dire di aver trovato terreno sensibile che, per ragioni di vario tipo, si è offerto allo scopo, accettando di far parte di questa iniziativa. Anche grazie a queste persone, come anche tutte quelle raggiunte telefonicamente, ho riscontrato una grande apertura e disponibilità e, devo aggiungere, pure una sorta di sollievo per il semplice fatto che finalmente qualcuno volesse prendere il famoso toro per le corna e affrontare fattivamente la situazione stagnante. Non eravamo soli in questo sentire, nel nostro evidenziare una situazione di pericolo dovuto alla chiusura dei canali culturali. Non c’è stata una vera e propria selezione delle opere. Io mi sono trovato in questa veste di ideatore, organizzatore e promotore del progetto (io vivo del mio lavoro di artista ceramista e di nessun’altra attività “paracadute”, tutti i canali espositivi e di vendita sono quindi fondamentali per la mia economia) ma volendo evitare di rivestire la vera e propria figura del curatore (figura che per forza di cose mi mette di fronte a un conflitto d’interesse e che dovrà esserci nell’eventualità che il progetto si trasformi in qualcosa d’altro). Le opere esposte possono essere state realizzate molti anni prima, come pure pensate e interpretate site-specific. La motivazione del progetto non richiedeva un lavoro necessariamente nuovo e realizzato appositamente. La cosa importante è che ci fossero opere d’arte tridimensionali di cui finalmente godere dal vero. Il potenziamento esplosivo della sfera digitale, delle call, delle chat, delle video conferenze, delle video esposizioni e delle mostre virtuali hanno offuscato la nostra percezione su cosa è reale e cosa non lo è. Il materiale di cui sono fatte le opere d’arte ha un proprio linguaggio e offre una gamma di sensazioni che non è possibile trasmettere in altro modo se non nella realtà. Le persone vanno costantemente educate a una quotidianità migliore di quanto generalmente non sia e questa azione deve partire da un lavoro costante e quasi sotterraneo di avvicinamento alle arti. Nel nostro specifico caso il termine evento non trova spazio, in quanto la necessità del progetto è esattamente difforme dal significato di questa parola. Non si tratta di operazione commerciale mascherata da culturale (come è stato velatamente esternato da alcuni) ma di sincera intenzione di far passare questo messaggio di lentezza come valore aggiunto.
Parlami un po’ degli artisti che si sono susseguiti finora e degli spazi cittadini che li hanno momentaneamente ospitati…
Quasi tutti gli artisti da me radunati, eccetto tre che vivono a Milano, sono persone che vivono a Brescia. Le difficoltà degli spostamenti ha imposto che si creasse un gruppo quasi totalmente bresciano, senza la vera necessità di formare una compagine locale che non rientra negli obiettivi del progetto, in quanto qui si tratta di combattere una mancanza pericolosa a livello sociale, non di campanilismo locale. Gli spazi messi a disposizione dai privati ai quali mi sono rivolto sono i più disparati: un chiostro mai veramente considerato del centro storico con annesse attività commerciali, un bar pasticceria, il cortile di uno studio di progettazione, le bacheche esterne di un caffè, un bellissimo androne di un edificio contemporaneo, la vetrina di un ristorante e via dicendo. Spazi pubblici che sono fruibili dal cittadino di passaggio, che danno la possibilità di godere di un’opera d’arte senza averlo preventivamente deciso. Qui sta l’importanza del progetto, in questa determinante piccola variante. Gli artisti sono persone che stimo e che conosco. Le loro opere spaziano dalla scultura alla pittura, alla fotografia, alla grafica, all’installazione e sono artisti che hanno una loro carriera ben definita e portano avanti progetti personali e di gruppo, lavorando anche con gallerie e collezionisti. Il progetto è stato un detonatore importante anche per la maggior parte di loro, che li ha scossi dal torpore che quasi inevitabilmente ci ha sovrastato, considerato il lungo periodo di inattività e di attesa dal quale si veniva.
CULTURA IN-ATTESA continuerà anche nei prossimi mesi. Puoi anticiparci qualche novità in arrivo?
Continua ed è tutt’ora attivo, seppur in cambiamento. Il periodo estivo, questo liberi-tutti agostano, la sensazione che il problema del Covid sia alle spalle, il ritorno ai precedenti e soliti ritmi hanno limato un po’ le asperità che rendono interessante il progetto che, come già detto, si prefigge un risultato solo e unicamente sul lunghissimo periodo. Fin dall’esordio CULTURA IN-ATTESA si propone come progetto auto-prodotto che deve adattarsi alle variazioni dei permessi imposti dai decreti. Quindi si è adeguato alle possibilità espositive dei vari periodi. Con la decisione di mettere fisicamente in mostra le nostre opere (e se si pensa a marzo 2021 posso serenamente affermare che siamo stati tra i primi in Italia a esporre fisicamente le opere d’arte) si è forzata un po’ la mano ma senza infrangere nessuna regola. La necessità e la voglia di generare un impulso positivo ha superato il timore di fare un buco nell’acqua o di attirare critiche di sorta. Col passare dei mesi le necessità e le motivazioni sono lentamente cambiate lasciando però inalterata l’impronta iniziale che rimane l’essenza del progetto: rendere più accessibile l’arte e la cultura, soprattutto al di fuori delle sedi canoniche di fruizione. Nei prossimi mesi, quelli che ci separano da un evento (e qui è il caso di dirlo) in programma che sancirà la fine del progetto a 12 mesi dal suo inizio, si continuerà la rotazione delle opere, possibilmente restringendo la cerchia di spazi espositivi per concentrarci in quello con maggiori potenzialità. Potrebbero aggiungersi nuovi artisti come potremmo perderne altri, ma questa elasticità del non-progetto rimane fedele al dinamismo, obbligato dalle regole restrittive di prima, che a me piace molto. Le modalità espositive di diffusione sociale e le dinamiche indipendenti che ci contraddistinguono sono piaciute anche a chi ha suggerito di inserirci nella rosa di proposte destinate al progetto Bergamo-Brescia Capitali della Cultura 2023. Stiamo lavorando a un possibile seguito, a un’idea che può nascere grazie alla spinta di questi mesi e già se ne vedono le tracce.
CULTURA IN-ATTESA
un progetto di Fausto Salvi
Artisti (presenti, passati e futuri): Milena Berta, Roberto Ciroli, Giovanni Dallospazio, Francesco Dimaio, Patrizia Fratus, Armida Gandini, Alberto Goglio, Silvia Inselvini, Eros Mauroner, Stefano Mazzanti, Remo Rachini, Caterina Perinetti (Peri Neri), Fausto Salvi, Livio Scarpella, Stefano Seraglio, Rita Siragusa
Luoghi vari (presenti e passati): Cortile Loggia delle Mercanzie, Rawness Scents, Dejoma Flower Design, Kuro Shop, Studio di progettazione Frugoni, Pasticceria San Carlo, Trattoria Al Fontanone, Tostato Specialty Coffees, Punto ottico/Humaneyes, Palazzo Fuksas/D_Vision Architecture
Brescia
Info: Instagram @cultura.in.attesa