ROMA | La Nuova Pesa | 23 ottobre 2019 – 10 gennaio 2020
di JACOPO RICCIARDI
A La Nuova Pesa la mostra Cuba introspettiva curata da Giacomo Zaza riunisce nove artisti cubani, nati tra il 1958 e 1985. È una mostra dall’aspetto documentario, foto, video, disegni, fumetti, installazioni, finti eventi, quadri, e l’insieme è senza abbagli o spettacolarizzazioni. C’è però un elemento energetico comune, che percorre tutte le opere di questi artisti, ed è il differente utilizzo del corpo come unico agente o reagente della loro formula artistica. Il corpo è inteso come un tamburo dove far percuotere lo squilibrio di una realtà socio-politica, dove la politica destabilizza l’essere sociale divorandolo e dimenticandolo, per annientare questo annientamento, per inibirlo e renderlo visibile. Gli artisti vanno in cerca di un corpo per trovare in esso una reazione e una risposta.
Nel video di Grethell Rasùa il corpo riattiva l’individuo sociale facendogli riutilizzare le sue feci: consumare se stessi per non consumare soltanto o essere consumati. Un’esposizione di gioielli apparentemente normali ma che nascondono nella fusione d’argento o oro sperma o altri frammenti del corpo delle persone a cui sono designati. In un video la cui musica è ossessiva l’artista lecca la parte alta spinosa di una pianta grassa: atto amoroso e punizione insieme (il primo per la seconda, o la seconda per il primo). Un’installazione pone sul tavolo di legno bianco una scritta di sangue fatta con un dito che comunica una catarsi esperienziale.
Levi Orta mostra dei ‘capi di stato-pittori’ attraverso la finzione dei loro dipinti ridipinti dall’artista, disposti accanto alle foto che li ritraggono a fianco ai loro quadri o nell’atto di dipingerli. Un video riprende le varie interviste in cui gli stessi capi di stato descrivono il loro essere artisti. Pittura, fotografia e video sono utilizzati in negativo, mostrando il vacuo che abita il potere.
Per Luis Gomez Armenteros l’assenza del corpo ad un banchetto, simile a quelli di un partito politico per le strade, sul quale dei fogli neri danno la definizione ampliata e reinventata della parola “Miserere”. Un megafono sul tavolo e quattro sedie intorno aspettano o hanno già vissuto l’intervento umano, ma restano nel presente dilatando l’assenza, e tutto è muto come una definizione in un dizionario, anche se stampata su dei volantini impilati.
Javier Castro espone un video documentario in cui alcune madri cubane riprese nel loro ambiente raccontano allo spettatore la morte del loro figlio. L’intervento dell’artista è minimo e la trasmissione del tragico fatto è libera da ogni condizionamento se non quello della telecamera che registra. Il corpo della madre, documentato a contatto con le proprie parole, descrive, con la sua presenza, l’assenza del corpo del figlio, assenza non solo dalla realtà del video, ma dalla realtà dentro e fuori dal video.
Il duo artistico Celia-Yunior espone in una bacheca delle foto di architetture di abitazioni benestanti che dopo la rivoluzione del ’59 sono state adibite a sedi istituzionali del Governo Cubano. Anche l’architettura è un corpo che ha subito lo strappo di una contraddizione e che cerca di essere intellettualmente e fisicamente risanato. Ma l’artista in questo caso riporta la cronaca di un fatto, e le didascalie scritte a mano come annotazioni sotto ogni foto lo denunciano.
Glenda Léon in un video impone a se stessa il sacrificio di raschiare via con una lametta il verde stampato di una banconota da cento dollari per poi, ottenuta una polverina, utilizzare la carta dell’ex-denaro per aspirarla nel proprio naso. L’atto simbolico di mimare l’utilizzo della cocaina mantiene intatta l’isteria sociale dell’atto, ma qui implode lontano dall’ego in una situazione murata nel corpo. In alcuni acquerelli l’artista salva del corpo soltanto il filo delle ciglia della palpebra superiore, ma avvicinandosi ci si accorge che è posticcia, di quelle che si attaccano per aumentare la lunghezza delle ciglia naturali e l’intensità della sguardo, sta incollata nella parte alta del foglio e un azzurro simula le molte lacrime che in un flusso scendono e allagano il basso del rettangolo di carta.
Le sagome nere di Glexis Novoa rappresentano su carta nuda scene di tragica sofferenza del popolo nero. Simili ad ombre cinesi che scivolano tra lo spazio e la luce, vogliono essere taglienti memorie, attuali e universali, mosse all’interno di un atto di coscienza.
Nei due video di Làzaro Saavedra viene mostrata, con due tecniche contrastanti (cartone animato semplificato in poche linee bianche su fondo nero, e video realistico che unisce immagine in bianco e nero con la musica triviale di un reggaeton) la violenta limitazione che subisce un individuo sottoposto al contrasto socio-politico come quello cubano nel secolo scorso. Nel primo video lo stesso fatto di pensare diventa un problema, e cosa si pensa è indifferente. Nel secondo video la volgarità delle parole della musica divorano il ballo lento e meticoloso della piccola bambina del passato cubano che segue il percorso corretto dell’apprendimento durante l’esame d’entrata in una scuola di ballo.
Tonel propone una combinazione di fumetti e acquerelli insieme a lettere di Antonio Gramsci, in cui egli assimila se stesso alla vita di Gramsci in un dolce quanto severo confronto tra ideale del pensiero e realtà sociale cubana. Due mattoni disposti in verticale su due mensole rimandano, attraverso due specchi attaccati al muro, due volti nascosti sul retro del mattone, tracciati con una semplificata linea nera: a sinistra Gramsci e a destra Tonel, costretto corporalmente in un lato anomalo.
CUBA INTROSPETTIVA
Javier Castro, Celia-Yunior, Luis Gómez Armenteros, Glenda León, Glexis Novoa, Levi Orta, Grethell Rasúa, Lázaro Saavedra, Tonel
a cura di Giacomo Zaza
23 ottobre 2019 – 10 gennaio 2020
La Nuova Pesa
via del Corso 530, Roma
Orari: dal lunedì al venerdì ore 10.30 -13.30 e 16.00 – 19.30
Info: +39 06 3610892
nuovapesa@farm.it
www.nuovapesa.it