Ramiseto (RE) | Casa Cantoniera
Da oggi inizia un nuovo viaggio raccontato da due curatori che hanno scelto di cambiare vita. Da Milano e Parma a Ramiseto (RE), nel cuore dell’Appennino Tosco Emiliano tra verdi montagne che, nel giugno di quest’anno, sono state dichiarate patrimonio UNESCO.
Vi chiederete perché e cosa ci fanno lì… ce lo siamo chiesti anche noi e, girando alla larga dai cliché, abbiamo trovato il modo di condividere questa esperienza con saggezza mista all’ironia di chi sa che «Qui abbiamo a che fare con una natura selvaggia e fuori controllo che ci rimette al nostro piccolo posto, ricordandoci che, se si incazza, al massimo ci si può appellare al proprio Santo preferito».
VALICO TERMINUS
Cronache dal Ventasso: due curatori e una residenza d’artista nelle selvagge terre del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano
di NILA SHABNAM BONETTI e GIOVANNI CERVI
Se scegli di cambiare vita devi partire da due presupposti: sai quello che lasci, non sai quello che trovi. Bisogna essere dotati (o dotarsi) della condizione mentale giusta che prevede una certa apertura al nuovo e non avere troppi rimpianti per la vita passata. E il coraggio? Oh sì, molto, moltissimo! Perché abbandonare la vita nelle comode Milano e Parma per trasferirsi in Appennino, all’incrocio tra le province di Parma, Reggio Emilia e Massa Carrara, prevede un cambiamento drastico nello stile di vita. Poi, se ti viene in mente di affittare una grande Casa Cantoniera di inizio Novecento, isolata e senza riscaldamento e telefono (internet), devi essere anche un po’ folle.
Noi l’abbiamo fatto, siamo qui da nove mesi e, dopo la disorganizzazione iniziale, ci siamo assestati piuttosto bene. Gli abitanti del luogo, che identifichiamo come “i montanari”, ci hanno accolto con entusiasmo, ma noi crediamo che abbiano aperto un giro di scommesse (con una posta in gioco piuttosto alta) per azzeccare quando scapperemo. I più, credo, abbiano puntato sul “durante il primo inverno”, ma noi siamo intenzionati a smentirli tutti. Quando siamo via per qualche giorno ci mancano ormai, con i loro mezzi silenzi, le liti per le partite a briscola, le discussioni su trattori e le storie di vedove di guerra e monsignori.
Abbiamo lasciato molte cose della nostra vecchia vita. La comodità del caffè sotto casa, il sacrosanto – e ricco – pranzo della domenica in famiglia, la vita sociale e culturale a portata di passo. Ciò a cui non abbiamo rinunciato è l’arte e, anzi, abbiamo trovato una forza creativa e creatrice incredibile che la natura stessa, nella complessità delle sue forme, ci fornisce quotidianamente. Madre e matrigna, non ha nulla a che vedere con l’idea impacchettata di essa che ci ha dato la città. Qui abbiamo a che fare con una natura selvaggia e fuori controllo che ci rimette al nostro piccolo posto, ricordandoci che, se si incazza, al massimo puoi appellarti al tuo Santo preferito. Forse anche per questo i boschi, i laghi e i torrenti sono diventati lo “studio” in cui far lavorare gli artisti che ospitiamo. Certo, abbiamo cercato una casa grande per ospitarli e dargli uno spazio per produrre… ma fuori è molto più grande e stimolante.
La Residenza per artisti che abbiamo creato, Valico Terminus, mira a far dialogare gli artisti con l’intersezione armonico-disarmonica della traccia umana sull’ambiente, che identifichiamo con ruralità. Abbiamo già ospitato Enrico Pantani e Patrizia Bonardi, esperienze dense di emozioni e scoperte, ma soprattutto abbiamo capito tutti e due cose fondamentali. La prima è che “gli autoctoni”, altro modo con cui ci appelliamo ai nostri variegati compaesani, sono completamente digiuni di cultura visiva e del relativo interesse per essa. Motivo che ci stimola ancora di più a continuare e ad affinare le tecniche di comunicazione (il che, ovviamente, esclude il provincializzarci e include il miglioramento del dialogo). La seconda è che non sai quello che trovi, come detto all’inizio. Intendiamo che gli artisti, soprattutto quelli pignoli, pensano di poter indirizzare la loro residenza qui prima di arrivare, per non trovarsi disorganizzati in loco, per poi venir bombardati da così tanti stimoli sul territorio che finiscono per arricchire, o addirittura modificare, i loro piani di partenza. Anche loro devono saper accettare ciò che il luogo vuole esprimere. Non è forse il senso dell’arte questo? Non è forse, l’artista, un mezzo nelle mani di un’energia che vuole trovare un canale per esprimersi?
Così è accaduto che Pantani, la cui riflessione gravitava intorno al tema del cavallo del Ventasso (razza equina autoctona), ha scoperto in residenza gli Alberi e la loro tensione al cielo. Mentre Bonardi, molto coinvolta dal tema delle attualissime migrazioni, ha voluto parlare dello scottante problema dell’integrazione degli stranieri sul crinale reggiano, ampliando il tema di partenza.
E alla fine… perché l’abbiamo fatto? Perché eravamo stanchi di arrancare in città, perché avevamo voglia di re-imparare a vivere, perché la natura è maestosa, perché volevamo fuggire dal mercato dell’arte e dalle sue regole per essere liberi di fare quello che ci pare, perché vogliamo vivere più intensamente il rapporto con gli artisti, per questo li invitiamo a vivere insieme a noi, 24 ore su 24 durante il periodo della residenza. Tutto questo autofinanziato, stiamo aprendo una società agricola e una parte di quello che guadagneremo sarà destinato alla Residenza, questa è la nostra visione.
Così inizia un’avventura artistico imprenditoriale, dalla voglia di ricominciare dai margini del mondo, per finire a realizzare che qui, isolati, ci sentiamo al centro di tutto. Stiamo aspettando artisti anche nei mesi invernali, sperando che si adattino al riscaldamento a legna, ai gatti che litigano e al cane che russa.
Nila Shabnam Bonetti. Italo persiana, nata a Milano nel 1980, si laurea in Storia dell’arte e si dedica dal 2008 alla curatela nell’ambito dell’arte contemporanea. Fonda l’Associazione Culturale Laboratorio Alchemico, ideando eventi d’arte che coinvolgono moltissimi artisti, nel frattempo collabora con diverse riviste di settore. Attualmente si dedica alla Residenza Valico Terminus, a un progetto imprenditoriale nell’ambito agricolo e sta lavorando al suo primo libro.
Giovanni Cervi. Emiliano, nato a Reggio Emilia nel 1971, diplomato all’Università del Progetto, si occupa di arte dal 2003 come redattore di Pig Magazine e di curatela dal 2007. Da sempre cerca di far dialogare ecologia e arte, vanta numerose mostre in spazi privati e pubblici in Italia e all’estero e collaborazioni sparse con riviste di settore. Attualmente è concentrato sul programma residenziale di Valico Terminus, studia il mondo dei funghi e fa letture di fantascienza.
VALICO TERMINUS
artists in residency in a rural land
Casa Cantoniera
Via Lugolo 8, Ramiseto (RE)