CRITICALL | #CRITICALL
All’inizio di una nuova fase di emergenza sanitaria, torniamo ad affilare le armi del dialogo intessuto dai fitti scambi della scorsa primavera/estate con #acasatuttibene e #volver.
Dopo artisti e galleristi, senza attribuire gerarchie o classifiche, la chiamata è rivolta ora ad una selezione di critici e curatori/curatrici che, in questo preciso momento storico, si trovano a dover rispondere con maggiore consapevolezza sul loro ruolo all’interno di quello che è da tutti percepito come un sistema ma che di fatto fa parte di una struttura ancora più complessa e articolata: il mondo della cultura in perenne moto e rivoluzione.
critiCALL è la nostra chiamata a chi vuole stare dentro a quel mondo sapendo che “chi affronta qualcosa di enigmatico come l’arte non può permettersi di essere modesto. Ma neanche può permettersi di non essere umile” (Lea Vergine, L’arte non è faccenda di persone perbene, Rizzoli, 2016).
Intervista ad Annalisa Ferraro di Francesca Di Giorgio
A volte si può partire da un singolo progetto per raccontare una storia personale e collettiva. Così è in questo dialogo con Annalisa Ferraro che, per oltre un anno e mezzo, è stata impegnata nel progetto culturale per la città di Rieti, TraMe – Tracce di Memoria (una rassegna di eventi sostenuta dalla Regione Lazio e dai Fondi FESR) che abbiamo già avuto occasione di approfondire in un’intervista su Espoarte (leggi qui) e che è stato realizzato insieme all’agenzia The Uncommon Factory, di cui è consulente da tempo. Un progetto composito e sfaccettato che ci permette di parlare di molti aspetti sia del suo approccio all’arte e alla curatela sia di tematiche iper-contemporanee…
Primo asse fondamentale, il rapporto di osmosi tra spazi aperti e musei, oggi così in difficoltà nel ridefinire le loro attività e relazioni…
Gli spazi pubblici all’aperto sono quotidianamente frequentati dai cittadini, luoghi di passaggio o di sosta, vengono fruiti in maniera naturale, spontanea, la comunità si muove in essi senza paure, senza pregiudizi, esercitando la libertà di pensiero, esprimendo la propria opinione senza temere mai il giudizio altrui. Imparare a relazionarsi con questi spazi e con il patrimonio umano che questi raccolgono può essere di grande aiuto per avvicinare le persone al mondo dell’arte, ai linguaggi della cultura. Questo non significa che io non creda nella funzione e nel ruolo dei musei, sia chiaro, né che le persone debbano essere abituate a fruire dell’arte esclusivamente all’esterno, in spazi che per loro rappresentano una comfort zone. Penso però che noi operatori culturali possiamo lavorare su questi meccanismi relazionali, sforzarci di progettare su più piani, laddove possibile usufruendo anche degli spazi della quotidianità cittadina, provando a metterci nei panni degli altri anche quando si parla di cultura, arte, estetica, nel tentativo di innescare processi di apprendimento, accendere la curiosità, alimentare il desiderio di conoscenza e di approfondimento, nel tentativo di avvicinare pian piano le persone all’arte e abituarle a una fruizione consapevole, condurle poi in tutte quelle meravigliose e indispensabili strutture deposte a conservare e valorizzare il nostro patrimonio storico e contemporaneo.
Con The Uncommon Factory abbiamo costruito il progetto TraMe avendo sempre in mente questi processi di scambio, di osmosi, come giustamente li definisci. Per questa ragione, abbiamo sempre considerato come spazio d’azione tanto l’atelier Racconti Contemporanei e il Museo Civico, quanto l’intera area cittadina, l’ambiente urbano e il suo immenso patrimonio naturalistico e paesaggistico.
Gli interventi di arte urbana hanno rappresentato per noi il lancio del progetto TraMe sul territorio reatino e anche la prima sperimentazione in loco di questo approccio in/out. Da un lato, infatti, sono stati organizzati quattro seminari dedicati al parallelismo tra affreschi e street art, all’interno dello spazio polifunzionale del Museo Civico sono stati invitati specialisti del settore, operatori culturali, conservatori e restauratori; dall’altro il lavoro degli artisti nelle aree più frequentate della città, illustrato poi in occasione di visite guidate alle loro opere e a quei beni storico-artistici reatini cui si erano ispirati. La sperimentazione ha portato i suoi frutti, tante persone non abituate a frequentare attività dichiaratamente culturali hanno visitato spontaneamente i cantieri per incontrare gli artisti, hanno preso parte ai nostri percorsi di approfondimento, qualcuno di loro ha poi persino deciso di iscriversi anche ai seminari.
Ad ottobre 2020, nell’ambito del nostro progetto, Alberonero ha realizzato un’installazione temporanea sul belvedere di piazza Cesare Battisti, un’opera in dialogo costante con il contesto ospitante. Fatta di specchi e teli trasparenti, l’installazione riflette il paesaggio circostante, l’antica Cattedrale, i Giardini del Vignola, i monti reatini e il rigoglioso patrimonio naturalistico cittadino. Attorno a quest’opera si è aperto il dibattito, si sono scontrate opinioni differenti, alcune persone hanno compreso e apprezzato l’installazione, altre no, altre ancora l’avrebbero voluta altrove, qualcuno ha persino cercato altri lavori dell’artista e ha eletto i più idonei a sostituire quella consegnata alla città, sono stati scattati tanti selfie e tante foto artistiche. Tutto questo mostra il grande processo sociale che anche solo la collocazione temporanea di un’opera può innescare, quando lo spazio di azione è quello che le persone ritengono parte della propria quotidianità.
Ultimo breve esempio di quanto fatto: a settembre 2020 abbiamo portato a Rieti la Semina d’Arte di Elisa Bollazzi, in arte Microcollection. L’artista ha selezionato 14 micro frammenti di opere d’arte contemporanea e insieme abbiamo individuato tre aree cittadine in cui seminarli, come gesto di buon auspicio per Rieti e per i suoi abitanti, per innescare un processo di osmosi (eccolo che ritorna) tra le antiche memorie, che sotto la terra scorrono ancora energiche, e l’attualità del contemporaneo. All’iniziativa hanno preso parte molte persone e l’attività artistica si è trasformata in men che non si dica in un’azione condivisa, coinvolgente da un punto di vista fisico, per l’atto stesso del seminare, ed emotivo, per tutte le suggestioni che un rito legato alla terra può generare. In quella occasione, le persone hanno visitato il Museo Civico, l’Orto Medievale di Rieti e hanno guardato con spirito diverso le antiche mura cittadine e l’antica porta San Giovanni. Alla fine dell’evento eravamo tutti silenziosi, tanto eravamo colmi di pensieri, sensazioni, emozioni da elaborare. Ecco perché credo che lo spazio pubblico debba aprirsi a contaminazioni di questo tipo, proprio per quel prezioso, ricco, potente silenzio che queste iniziative possono innescare e per tutte le parole che dopo saranno in grado di generare.
Anche se nato e progettato ben prima dell’emergenza sanitaria in corso, TraMe, ha per forza di cose dovuto fare i conti con il periodo storico che stiamo vivendo. Ripartire dal territorio, da una lettura approfondita delle sue specificità e da chi lo abita è una chiave?
Il progetto TraMe è stato pensato per germogliare dal territorio reatino, ogni attività, ben prima del Covid, è stata plasmata per la città ospitante e modellata tenendo sempre in considerazione la sua storia, il suo patrimonio storico-artistico e paesaggistico, le sue tradizioni. Questa sua natura, in periodo di Covid, sia durante il primo lockdown che durante la breve ma intensa fase di ripresa estiva, è stata di grande aiuto, perché ha reso più efficace il coinvolgimento dei cittadini, emotivamente vicini a ciò che raccontavamo, fisicamente legati ai territori che citavamo. L’attività L’uomo tra arte e digitale, ad esempio, richiedeva la partecipazione dei reatini per la raccolta di fotografie storiche di famiglia in grado di raccontare la storia della città attraverso le memorie dei suoi abitanti. In un momento storico in cui i contatti fisici erano limitati da ordinanze e dpcm, in cui gli affetti, temporaneamente lontani, mancavano più delle libertà negate, poter ricordare momenti felici, poter condividere con altri le proprie storie familiari, poter mostrare alla comunità un pezzettino del proprio percorso ha attirato l’attenzione di tanti verso l’attività che stavamo portando avanti in tempo di lockdown, ed è apparso a molti come un modo per interagire con l’esterno e per innescare nuovi dialoghi, processi di scambio e condivisione. La nostra scelta di relazionarci con il territorio e di rendere protagoniste le memorie cittadine è risultata poi vincente anche in occasione dell’inaugurazione della mostra che ha visto esposte, in dialogo tra loro, le fotografie raccolte e le opere di Vincenzo Marsiglia: i visitatori, cittadini e turisti, hanno partecipato numerosi, carichi della curiosità di riconoscere volti noti o familiari nelle immagini storiche e di fruire al tempo stesso dei nuovi linguaggi del contemporaneo.
Ovviamente, alcune delle nostre attività sono state ripensate in tempo di covid, anche noi, come molti se non tutti gli operatori culturali, abbiamo cercato di produrre contenuti fruibili digitalmente, per supportare la campagna #iorestoacasa. Il nostro corso di fotografia, tenuto dal docente Filippo Tommasoli, dell’antichissimo Archivio Tommasoli di Verona, si sarebbe dovuto tenere totalmente in loco a Rieti, attraverso lezioni frontali e sessioni di esplorazione del territorio, attività destinate principalmente alle persone provenienti dall’area laziale. Il corso, in periodo di lockdown, si è arricchito di una parte e-learning, e le lezioni hanno coinvolto persone di ogni età, connesse da tutta Italia, qualcuno addirittura si è iscritto dall’estero. Abbiamo scelto però di non cancellare la parte di esplorazione del territorio reatino, sempre convinti che la relazione con il contesto ospitante sia fondamentale e non sostituibile, e che il rapporto de visu con il docente sia sempre fonte di arricchimento. Così, oltre agli studenti provenienti da Rieti e dai paesi limitrofi, grazie al corso online, siamo riusciti a portare in città molte persone provenienti da altre città d’Italia, che hanno scoperto Rieti grazie all’amore per la fotografia e grazie alle iniziative del progetto TraMe. Molti di loro sono tornati anche in occasione dell’inaugurazione della mostra che li vedeva protagonisti, Il dialogo della conoscenza, aperta al pubblico a settembre 2020.
Senza chiuderci troppo in definizioni ed etichette, si può dire che l’arte pubblica sia un tuo ambito di interesse privilegiato e che ti ha fatto incontrare la Street Art. Il tuo sguardo da storica dell’arte e curatrice ha portato ad evidenziare analogie e differenze tra espressioni contemporanee e storia del luogo. Puoi farci qualche esempio pratico delle interazioni nate dai contatti attivati con TraMe?
La fase preparatoria dell’attività Linguaggi contemporanei tra affreschi e street art ha rappresentato un momento cruciale e fondamentale per l’intero progetto TraMe e non solo per l’iniziativa citata. È stato formativo, emozionante, stimolante imparare a conoscere un territorio completamente nuovo per me, affrontare la fase di studio in biblioteca, sfogliare pagine e pagine di volumi che raccontavano il patrimonio artistico di Rieti e del territorio ad essa limitrofo, alla ricerca di elementi che potessero fungere da punti cardine delle iniziative e da spunti di riflessione per l’elaborazione dei concept. In compagnia di Livia Anderson, la persona che con me ha seguito tutte le attività del progetto, ho percorso la città in lungo e in largo per visitare chiese, palazzi, luoghi della cultura. Pian piano ho iniziato a riconoscere e registrare nella memoria spazi, beni, reperti, testimonianze del passato che la città conservava e a connetterle alle eterogenee attività che componevano il progetto TraMe. Il materiale raccolto in quel periodo è stato fondamentale per calare correttamente e con cognizione di causa le nostre iniziative all’interno della città di Rieti.
Con questo approccio e con alle spalle questo percorso di studio, è stato intrapreso il lavoro per la realizzazione degli interventi di arte urbana, cinque opere completate tra maggio 2019 e luglio 2020. Ogni artista è stato guidato nella conoscenza della città, aiutato nell’individuazione dei luoghi più interessanti da cui avviare la propria indagine, esortato a cercare ispirazione e riferimenti negli affreschi e nelle pitture murali che Rieti conserva in esemplari di grande pregio.
Per portare un esempio concreto, Ozmo, il primo artista invitato a lavorare al progetto TraMe, nella sua opera Al Suono delle trombe, realizzata sulla facciata del Tribunale di Rieti, su una superficie di m 16×10, ha intrecciato tra loro, in un sofisticato gioco di piani, Il giudizio universale dei fratelli Torresani, affresco di grande valore conservato a Rieti nell’Oratorio di San Pietro Martire, e la celebre scultura Il Ratto delle Sabine di Giambologna. Sulla facciata di un Palazzo di Giustizia, contemporaneamente nella stessa scena, l’una sovrapposta all’altra, proprio come nella società in cui viviamo, due azioni dal differente significato e peso morale, da un lato il gesto caritatevole compiuto dai santi per sottrarre all’inferno le anime periclitanti un attimo prima del giudizio universale, dall’altro, invece, il gesto brutale di un rapimento violento: dono di salvezza il primo, condanna di schiavitù il secondo.
Con uno sguardo rivolto all’eterogeneità delle tecniche adoperate nel campo dell’arte urbana, abbiamo realizzato con il collettivo Sbagliato anche un’opera non permanente. All’interno dell’ex Monastero di Santa Lucia, che ospita la sez. archeologica del Museo Civico di Rieti, attraverso l’applicazione di poster, è stato riportato un dettaglio dell’affresco di Domenico Papa, La madonna protegge i fedeli dagli strali della peste (1482-1484), conservato nella Chiesa di San Domenico. Grazie ad un leggero trattamento cromatico della superficie, l’opera appare perfettamente assorbita dal contesto ospitante e questo rende per un attimo reale un pezzo di storia mai avvenuto, modificando temporaneamente le vicende storico-artistiche del territorio e alterando temporaneamente l’abituale percezione dello spazio architettonico dell’ex Monastero: Domenico Papa, duecento anni dopo la fondazione del complesso monumentale, ne affresca una delle pareti, regalando alla città e ai suoi fedeli un’altra opera preziosa, di grande valore per i contemporanei e per i secoli a venire. Hanno preso parte all’attività Linguaggi contemporanei tra affreschi e street art anche altri due artisti: Neve ha ricordato la storia del Miracolo dei buoi di Sant’Elia, Ale Senso invece ha raccontato nelle sue due opere Il Pendolo e L’uno nell’altro la storia della città, attraverso la citazione di reperti conservati nel Museo Archeologico e di opere di Calcagnadoro e Angelucci.
Collegare e connettere non può che farci riflettere sull’intervento del digitale all’interno di progetti contemporanei e quale valore di supporto, ma anche di protagonista, può rappresentare per il pubblico: fonte di conoscenza e non solo di strumento utile ad assorbire esigenze. Qual è la tua esperienza in questo senso vista l’importante implicazione della tecnologia per alcune delle installazioni di TraMe?
La tecnologia è stata protagonista di diverse nostre attività, non solo, come giustamente affermi, per motivi legati al Covid e quindi all’esigenza di convertire in digitale alcune iniziative in periodo di lockdown, ma soprattutto per la scelta compiuta tempo addietro, dal team di The Uncommon Factory, di utilizzarla come mezzo per offrire agli artisti maggiori possibilità di sperimentazione e comunicazione. Due iniziative di TraMe si sono avvalse di questa opportunità, L’uomo tra arte e digitale. Memorie reatine e visioni future e Tra sogno e realtà. La prima, come accennavo poc’anzi, ha messo in dialogo le fotografie storiche di famiglia, selezionate tra le oltre duecento che i cittadini ci hanno messo a disposizione, coprendo un arco temporale che è andato dalla fine dell’ottocento agli anni settanta del novecento, e le opere digitali di Vincenzo Marsiglia. Nelle sale dell’Atelier del Museo Civico si sono confrontati ritratto storico, impresso su pellicola fotografica, e ritratto contemporaneo, continuamente in mutamento, mai uguale a se stesso. Le opere di Marsiglia, infatti, riflettono il passaggio del visitatore e, in tempo reale, ne restituiscono su schermi digitali l’immagine modificata secondo codici grafici dell’artista, le stelle a quattro punte, ormai suo segno distintivo. In occasione della mostra, Marsiglia ha lavorato ad un progetto altamente sfidante, Holo Private Immersion, un’esperienza all’avanguardia da vivere attraverso i dispositivi Hololens 2, i più innovativi visori per la mixed reality ad oggi presenti sulla scena tecnologica, non ancora lanciati sul mercato italiano e per la prima volta utilizzati per la realizzazione di un’opera d’arte. L’esperienza ha immerso tutti visitatori in uno spazio nuovo, un limbo tra realtà e illusione, tra presente e futuro, in cui è possibile veder coesistere oggetti tangibili ed elementi effimeri ed incorporei. I fruitori erano entusiasti di poter provare una tecnologia nuova e di poter vivere un’esperienza in grado di coinvolgere tutti i sensi e di alterare in tempo reale ogni cosa presente nello spazio fisico (con musiche composte da Ocrasunset).
La seconda iniziativa è stata invece Tra Sogno e Realtà, mostra che ha coinvolto l’artista romano Alessandro Valeri. Abituato a realizzare opere site-specific, fortemente calate nei contesti ospitanti, Valeri ha esplorato a lungo il territorio reatino, alla ricerca di materiale utile per la realizzazione delle sue sculture fotografiche, moderne wunderkammer autoattivanti, dalle dimensioni delle antenate diapositive e degli attuali schermi da smartphone, che come le antiche scatole delle meraviglie sono in grado di celare e poi svelare dettagli preziosi, oggetti fantastici, tesori inaspettati. Le opere di Valeri hanno mostrato al pubblico punti di vista inediti della città di Rieti, attraverso quei particolari, spesso impercettibili ai più, colti dall’occhio attento e sensibile dell’artista, che ne ha compreso la capacità di raccontarne la bellezza, insita nelle sue eccezionalità e nelle sue preservate peculiarità. Accanto all’esposizione fisica, da fruire all’interno dello spazio polifunzionale del Museo Civico, è stato poi progettato dall’artista un percorso virtuale, un’esperienza di immersione e di coinvolgimento totale, da vivere con il supporto di visori VR di ultima generazione. A partire da un luogo che Rieti custodisce nei meandri della sua terra, la basilica inferiore della Cattedrale cittadina, che come un cuore continua ineluttabile a pulsare vita, storia e cultura, il viaggio ha condotto ogni visitatore nell’intima scoperta della propria città e nella segreta corrispondenza con il resto del mondo. Tra sogno e realtà è stata fortemente apprezzata dai cittadini, che hanno indagato le due esperienze di visita, godendo della fruibilità fisica e virtuale degli spazi espositivi, il Museo Civico prima e la cripta sotterranea poi, e della suggestione delle immagini immortalate dall’artista, nella loro versione micro, in grado di incuriosire persino gli sguardi più pigri, e nella loro versione macro e immersiva, ancora più ricche di stratificazioni altrimenti impercettibili. Molte persone ci hanno raccontato di aver poi visitato i luoghi raccontati da Valeri nelle sue fotografie e di aver guardato con occhi stupiti dettagli della cui bellezza non si erano mai accorti prima. Ecco, è così che vorrei continuare ad utilizzare la tecnologia, sì per stupire ma soprattutto per invogliare alla conoscenza e alla ricerca della bellezza, perché no attraverso il contributo degli artisti contemporanei.
Annalisa Ferraro è storica dell’arte, laureata presso l’Università Federico II di Napoli, specializzata nella valorizzazione e conservazione dell’arte contemporanea.
Dal 2015 collabora con l’Associazione I Martedì Critici. È stata Curatrice Associata delle Residenze d’Artista BoCs Art, progetto di rilievo internazionale che dal 2015 al 2017 ha coinvolto oltre 300 artisti, ed è autrice del volume Bocs Art. Residenze d’artista Cosenza.
È consulente presso l’agenzia The Uncommon Factory per le attività storico-artistiche.
Tra il 2019 e il 2020 ha ricoperto il ruolo di responsabile artistica e curatrice del progetto TraMe-Tracce di Memoria, una rassegna di eventi sostenuta dalla Regione Lazio e dai Fondi FESR. Ha curato eventi ed esposizioni in tutta Italia e ha collaborato con alcune tra le più note riviste di settore.
www.tra-me.org
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