SAVIANO (NA) | Saaci Gallery | 10 giugno – 10 luglio 2017
di BEATRICE SALVATORE
“Mi immagino oggi un po’ alla maniera dei Greci antichi, cosi come li descrisse Hegel: interrogavano, sosteneva, con passione e senza stancarsi il brusio delle fronde, delle sorgenti, dei venti, insomma il fremito della Natura, per trovarvi il disegno di un’intelligenza. Ed io interrogo il fremito del senso ascoltando il brusio del linguaggio – di quel linguaggio che è la mia Natura peculiare di uomo moderno”.
Roland Barthes, Il brusio della lingua.
CORPŭS, è la mostra alla Saaci Gallery di Saviano, nuovo spazio per le arti visive, dedicata alla riflessione sul corpo, visto in tutte le sue declinazioni. Un tema e un progetto coraggioso, scelto dalla curatrice Marina Guida e dal gallerista Sabato Angiero, per uno spazio che vuole aprirsi alla ricerca e si propone come punto di riferimento per un linguaggio dell’arte che ha bisogno di nuove energie e per dare voce a veri artisti emergenti, muovendosi con lo stesso spirito pionieristico che si respirava nelle storiche gallerie del Novecento.
L’esposizione e l’allestimento hanno volutamente un passo leggero, un’impronta che accenna e suggerisce invece di urlare, per sovrastare il rumore incessante e malfunzionante del presente e pur nella delicatezza di un percorso espositivo che accompagna per mano, anziché aggredire, rinunciando a facili effetti, è un invito a ricordarsi della centralità del corpo, del suo mistero e delle sue mutevoli forme.
Quello del corpo è un tema mai risolto, mai concluso nella sua complessità. È sempre “corpo culturale”, immerso e incarnato nel respiro del suo tempo. Oggetto svalutato e misterioso, eppure centrale.
Cos’è il corpo? È memoria? Senso? Forse testo da decifrare, spazio vuoto da abitare, contenuto e contenitore, punto di fuga dell’identità, espressione della continua mutevolezza, di sé e dunque del mondo.
Parliamo del corpo assoluto, libero da associazioni dell’anima, del corpo come puro significante, che muove i suoi passi ed “è”, riappropriandosi della sua pienezza nel silenzio dei gesti e dei “sensi”.
Un corpo capace di rinunciare al Lògos e farsi esso stesso linguaggio. Il corpo è il punctum. Il luogo dove si gioca la vita, la sua integrità. Umberto Galimberti afferma che “il rapporto vero è tra il corpo e il mondo, non tra anima e corpo”, invitandoci con questa riflessione ad “uscire” dalla soggettività occidentale e da ogni frammentazione, culturale, scientifica, religiosa, politica ed entrare finalmente nel mondo, nel segno dell’interezza, opposta alla “specializzazione” della tecnica e alla scissione, vera origine del dolore.
CORPŭS, che ha ricevuto il Matronato della Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee e il Patrocinio del Comune di Saviano, si presenta così come un territorio di indagine, un momento di ricerca, (che da tempo sembra non appartenere più al mondo dell’arte contemporanea) e ogni lavoro esposto sembra rappresentare una domanda. Il corpo qui è sezionato, ingigantito, rarefatto, scomposto, frammentato e noi, attraverso le riflessioni dei tredici artisti invitati (che hanno lavorato sul tema utilizzando differenti media, dalla scultura, alla fotografia, dal video alla pittura), tutti di differenti nazionalità, generazione e sensibilità ─ ampliando così anche lo sguardo e i punti di vista oltre il confine del nostro stesso “corpo culturale” ─ tentiamo di restituirne l’unicità. Entrando nello spazio bianco della galleria siamo accolti dall’installazione fotografica di grande formato, della giovanissima Ilaria Cozzolino (Italia), che per impianto e per il rosso acceso di un panneggio rimanda immediatamente ai dipinti seicenteschi, ma che subito ci costringe a “ri-vedere”: l’immagine è sfocata e sotto l’elegante inquadratura, in fondo familiare, nasconde una scena di pedofilia tra un sacerdote e un bambino che ricorda un angelo di Caravaggio. La scena onirica è come interrotta da una mappa collocata di fronte, dove sono segnate tutte le diocesi italiane coinvolte in episodi di pedofilia. Volutamente il giudizio è sospeso, per lasciare ai fruitori il tempo di abitare (dentro il corpo) le immagini. Alexandra Penris (Austria) presenta una serie di disegni, assemblati sulla parete come un’installazione, dove il corpo è pura espressività e Joyce Kubat (USA) lo sfuma in delicati acquerelli dove il corpo è frammento e sembra imprigionato nella cornice del disegno.
Joseba Eskubi (Spagna) attraverso una pittura materica che si fa linguaggio e corpo, appunto, lo nasconde invece, celandolo dietro forti pennellate che lasciano intravedere solo piccole parti, negando così la sua rappresentazione e giocando la domanda sul corpo tutta dentro il medium pittorico.
Francesco Cocco (Italia), che muove nella sua ricerca formale e cromatica dalla lezione pittorica del Novecento, sceglie non di negare ma di andare oltre il corpo stesso cercando l’essenza della pittura, il suo corpus stesso, la sua struttura di linguaggio “significante”: in mostra presenta In a park, un dipinto spazioso di grande formato, in cui partendo da immagini quotidiane, ma di forte espressività, i corpi diventano segno e gesto minimo, presenze liquide, appena accennate, spaesate. Il corpo diventa nel lavoro di Pietro Lista (Italia) ─ che in questa mostra presenta due sculture in ceramica ─ pura forma, al limite tra rappresentazione e astrazione.
Black Napkin (Italia) lascia invadere un angolo della galleria ad un’immagine, dal titolo Il corpo è scomparso l’immagine è rimasta, una foto in bianco e nero stampata in grandi dimensioni, di un uomo in pantaloncini con le mani sui fianchi, immagine che rimanda a memorie familiari, un “segno” riconoscibile, che improvvisamente si deforma occupando parte del soffitto, come uno scherzo della percezione e del ricordo
Accanto, l’installazione video di Matilde de Feo (Italia) Il mio corpo a maggio, in cui il corpo, rappresentato in frammenti, rifiorisce diventando “corpo naturale”. Anche nelle leggere chine di Como Seta (USA) lo sguardo è su un corpo che sembra subire una metamorfosi e diventare corpo–natura, mentre improvviso come una finestra, il dipinto di Marco Fantini (Italia) è una maschera deformata, in cui tutto è affidato alla qualità pittorica e alla ricerca formale; in Alfonso Auriemma (Italia) qui il corpo è legato inevitabilmente al tempo alla sua relatività che ne segna il movimento e il dominio.
In mostra il lavoro di Maurizio Elettrico (Italia) è una sorta di arazzo, un patchwork di materiali diversi che incorniciano l’immagine quasi arcaica di un guerriero. Navid Azimi Sajadi (Iran), si riappropria invece del corpo come linguaggio assoluto, per dirla con Lacan, e in questo lavoro accomuna culture diverse, producendo quasi uno scontro accostando l’immagine di corpi danzanti, alla scrittura araba che rimanda all’assenza dell’immagine e dunque del corpo stesso. L’invito a ritornare al Corpo è dunque lanciato e affidato all’arte che insegna a “sentire” ancor prima di capire.
CORPŭS
a cura di Marina Guida
Patrocinio Comune di Saviano
Sotto il Matronato Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee
Artisti: Alexandra Penris, Joyce Kubat, Joseba Eskubi, Pietro Lista, Francesco Cocco, Como Seta, Marco Fantini, Alfonso Auriemma, Ilaria Cozzolino, Maurizio Elettrico, Navid Azimi Sajadi, Black Napkin, Matilde de Feo
10 giugno – 10 luglio 2017
Saaci/Gallery
Via Padre Girolamo Russo 9, Saviano (NA)
Info: + 3388666375
info@saacigallery.com
www.saacigallery.com